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maschile e femminile

  • Il metodo

    Generatività per il Manager efficace: il sostegno come strumento di supporto

    Percorso “Energia dei numeri UNO” #2

    Nell’articolo introduttivo al nostro viaggio abbiamo introdotto le 3 “deep skills” irrinunciabili per la RI-NASCITA del momento: generatività, leadership e teamworking.

    Oggi parliamo di SOSTEGNO come strumento efficace per essere AUTO-GENERATIVI e d’ispirazione per la GENERATIVITA’  dei propri collaboratori.

    Il processo di RI-NASCITA implica l’essere creatori (leggi – colui che fa dal nulla) e attori (leggi -colui che agisce) del nostro futuro in azienda. Tutto ciò si traduce nell’essere manager efficace =[dal lat. effĭcaxacis, der. di efficĕre «portare a compimento»] = Colui che produce pienamente l’effetto richiesto o desiderato.

    Ma come posso essere un manager efficace in grado di poter produrre l’effetto richiesto e desiderato se non ascolto e non sento autenticamente se ciò che mi viene richiesto è allineato ai miei “desiderata”, al mio SENSO di ciò che faccio e di come lo faccio?

    Come posso essere un manager efficace e pretendere che i miei collaboratori producano l’effetto richiesto, se non conosco i loro “desiderata” e cosa li muove nella vita?

    È una fatica immane spingere o esprimere qualcosa che è altro da noi e il risultato è garantito: basse prestazioni!

    Non c’è più tempo per vivere la vita di qualcun altro!

    Non possiamo più permetterci di tenere separati i nostri piani espressivi, fuori dal lavoro e dentro la nostra attività lavorativa.

    Siamo in una rivoluzione generativa della coscienza. Siamo un UNICUM che si esprime.

    Input forti ci arrivano dall’interno e dall’esterno al fine di migliorare l’efficacia manageriale delle nostre visioni e decisioni, in uno slancio auto generativo, che ci porti poi ad essere riferimento forte anche per gli altri.

    |Tieniti su.

    |Tieni il focus.

    |Tieni la mente libera.

    |Tieni lo sguardo aperto.

    |Tieni la testa alta.

    |Tieni coeso il gruppo.

    |Tieni il controllo

    |Tieni!

    Per vivere e ripensare ad un pianeta vivibile e sostenibile, dobbiamo fare il primo passo e occuparci di come la nostra energia personale è sostenibile.

    Quando si parla di valore del capitale umano si tratta seriamente di entrare in ascolto di sé e degli altri: un ascolto autentico.

    Come possiamo tenere, sostenere e sostenerci, se la nostra mente, e nostre forze a fine luglio ci dicono di mollare, o se, a fine giornata, ci sentiamo “prosciugati”?

    Possiamo.

    Dobbiamo entrare in contatto  con il nostro Se’: accettando la fine e ripensando ad un nuovo inizio!

    Connettendoci nella rete del TUTTO, che è ben più potente di quella digitale.

    TUTTO in Uno e UNO in Tutto.

    Questo TUTTO siamo NOI con TUTTE le nostre parti, gli ALTRI, la NATURA, il CONTESTO AZIENDALE, SOCIALE, FAMILIARE.

    Dobbiamo ripensare ad una RINASCITA distributiva e che rispetti i ritmi del sistema vivente.

    Il TUTTO è sempre ciclico e la GENERATIVITA’ appartiene al TUTTO.

    E se noi siamo il TUTTO noi siamo GENERATIVI

    Partiamo.

    Cosa significa generatività?

    Generatività deriva dal lat. generare, der. di genusnĕris «stirpe, nascita», dare vita.

    Con senso più ampio, produrre.

    Una definizione, in ambito fenomenologico, la descrive come:

    ‘ il processo del divenire, del fare e del rifacimento che si verifica nel corso delle generazioni; prevede un soggetto situato che nasce, muore, si sviluppa e costantemente cambia; emerge dagli antenati e si perpetua nelle generazioni a venire ‘ (E.Husseri; Merleau-Ponty)

    In ambito letterario viene identificato come il potere femminile di dare vita.

    Generatività si identifica, quindi, con un processo in continuo divenire che dà vita, che ha un inizio e una fine, e si avvia grazie all’attivazione del “femminile” presente in ognuno di noi.

    Quale sostegno è utile per migliorare la GENERATIVITA’ e rendere un MANAGER EFFICACE?

    La sequenza ciclica che dà “vita alla vita” equivale alla sequenza che dà “vita ad un progetto”: il sostegno utile per il Manager efficace parte dalla distinzione di ciò che possiamo cambiare da ciò che dobbiamo accogliere.

    Accettare e accogliere che il tempo precedente si è concluso, siamo alla fine di un ciclo.

    Questo è il presupposto necessario per una ri-nascita attiva, orientata, creativa, produttiva e responsabile, capace di impattare positivamente sulle nuove forme del produrre e dell’organizzare. 

    Accettare ciò che non possiamo cambiare non è, però, un passaggio scontato.

    Accettare, accogliere significa mettere in campo la nostra energia di ascolto, riflessione, di comprensione e di preparazione. Tutto ciò ha una grande potenzialità energetica perché ci   libera dalla resistenza, dalle credenze e dalla paura, ed evita sprechi, “muda” (come dicono i giapponesi) in termini di tempo impiegato.

    È l’energia del femminile che prende spazio.

    La conseguenza è permettermi di “lasciare andare” ed essere grato di accontentarmi.

    Accontentarsi non ha nulla a che vedere con il rassegnarsi

    È una presa di consapevolezza. È valorizzare quello che c’è. È vivere nel presente ed agire da qui.

    “Stare con quello che è” significa, mollare la il controllo, entrare in uno stato di fiducia, allentare il conflitto interno con il Sé giudicante ed entrare in un percorso nuovo.

    La vera accelerazione, il vero sostegno, quando siamo sotto pressione è “fare vuoto”, sembra un paradosso, ma è nel vuoto, nel NON fare che agisce l’INTUIZIONE, la creatività e la generatività.

    Devo imparare a fidarmi di più del mio sentire e per poterlo fare devo ricercare un nuovo equilibrio tra ciò che penso e ciò che sento.

    Se non mi fido di ciò che sento, se non ho confidenza con la fiducia nel mio Se’ come un UNICUM, come posso dare e pretendere fiducia dagli altri?

    Il MANAGER EFFICACE: il SOSTEGNO applicato alla GENERATIVITA’

    Il primo sostegno alla generatività riguarda quindi l’osservazione ed il riconoscimento delle diverse parti che ci compongono.

    ESERCIZIO N. 1

    Scrivi su un foglio di carta un episodio che hai appena vissuto tra colleghi, via web o in azienda e prova ad osservare se riesci a riconoscere 1 espressione della tua energia maschile e 1 espressione della tua energia femminile.

    Cosa ne pensi della tua energia maschile e femminile ?

    La riconosci ?

    Quale difficoltà incontri?

    Come ti giudichi?

    Noi siamo sempre entrambe le energie!

    Ma quali sono le qualità che identificano la nostra parte femminile e maschile alle quali riconnettersi?

    Abbiamo già accennato ai temi relativi al “balance” tra la propria personale energia maschile e femminile in un’ottica di consapevolezza armonica ed integrata di un UNO (UNICUM)

    Energia femminile:

    accudimento, ascolto, creatività, empatia, fluidità, intuitività, nutrimento, vulnerabilità, ricettività, comunità, nel buio, nella notte, nell’energia della luna, nell’invisibile.

    Energia maschile: azione, fermezza, forza, calcolo, sicurezza, concretezza, pensiero razionale, problem solving, calore, fuoco, giorno, energia del sole, visibile e materiale.

    Imparando ad osservarsi e a riconoscersi in queste 2 importanti espressioni come un UNICUM, armonizzandole ed integrandole tra di loro si accede ad una potenza energetica vibratoria nuova e autogenerativa:

    + pienezza nella nostra espressione

    + orientamento

    + fiducia

    + coraggio

    + entusiasmo

    + libertà

    + leadership trasversale

    + capacità di comprendere

    + capacità di ispirare

    + autenticità

    ESERCIZIO n.2

    Siediti in una posizione comoda, trova la posizione migliore per stare qualche minuto in uno stato di totale calma e relax.

    Fai un respiro profondo e chiudi gli occhi.

    Comincia a portare l’attenzione al respiro.

    Inspira lentamente e profondamente ed espira. Segui l’onda del tuo respiro, dalle narici alla pancia e ritorno.

    “Semplicemente” osserva e rimani in ascolto, senti come ad ogni respiro tu sei sempre più rilassato.

    Ora fai un altro respiro profondo e porta la tua attenzione ai due emisferi del tuo cervello: Immagina di vederli, senti quale dei due è più attivo, piu’ pesante, quale sta elaborando più informazioni. 

    A quale dei due dai più retta ?

    Senza giudizio, semplicemente osservali.

    Ora porta l’attenzione sull’emisfero che senti che sta lavorando di più, quello più impegnato a lavorare per gestire tutte le informazioni. Osservalo e riconosci quanto lavoro sta facendo, ringrazialo per tutto quello che fa ogni giorno.

    Sposta ora la tua attenzione sull’altro emisfero, e immagina che inizi a stiracchiarsi un po’, a fare stretching e aumentare la sua attività. Guarda come si riattiva e inizia ad aiutare l’altro emisfero che stava già lavorando, e magari era anche un po’ affaticato.

    Nota ora come entrambi, piano piano, iniziano ad andare allo stesso ritmo, si passano le informazioni e iniziano a lavorare ancora di più insieme. Guardali come una squadra, come un team. 

    Incoraggiali, fai un bel respiro profondo e dai loro tutto l’ossigeno di cui hanno bisogno per lavorare al meglio.

    Continua a respirare, a ossigenare ogni parte del tuo cervello.

    Ringrazia il tuo emisfero sinistro per tutti i dati che elabora continuamente, poi passa all’emisfero destro e guarda quante idee e stimoli ha in continuazione. 

    Ringraziali e concediti di utilizzarli, a partire da ora, al massimo delle loro potenzialità.

    Ora fai un altro respiro profondo e, lentamente, inizia a tornare qui :in questa stanza, senti i tuoi piedi per terra, la sedia su cui sei seduto, senti le tue braccia e le tue gambe, inizia lentamente a muoverti e, quando te la senti, fai un altro bel respiro profondo e …apri gli occhi.

    Scrivi qui sotto i tuoi commenti e se credi interessante approfondire contattaci.

    Ti aspettiamo la prossima settimana sul blog per il prossimo appuntamento.

    Al termine di questo viaggio ci potremo confrontare approfondendo in modo pratico ed esperienziale tutti i pillars del metodo Energyogant durante la prossima edizione dell’ENERGYOGANT WEBDAY.

    Le iscrizioni sono già aperte e puoi riservare il tuo posto qui.

    Ti aspettiamo!

  • Il metodo

    L’energia dei numeri UNO

    Percorso “Energia dei numeri uno” #1

    Come anticipatoti nella scorsa NL, in questi mesi myHARA ti proporrà un viaggio per entrare in contatto con la tua UNICITA’, osservarla, riconoscerla, esprimerla, mettendola a servizio di qualcosa di più grande, che è il TUTTO a cui appartieni e da cui non puoi prescindere.

    Come abbiamo vissuto e concepito sinora il modello aziendale, pur avendoci dato dei risultati, ha funzionato parzialmente. E’ il tempo di una vera e nuova modalità di essere e vivere l’azienda.

    Ecco perché crediamo che questi mesi siano un buon momento per approfondire alcuni strumenti atti ad allenare 3 deep skills fondamentali per affrontare e crescere nel cambiamento.

    3 “deep” skills irrinunciabili per la RI-NASCITA di questi mesi

    GENERATIVITA’ – LEADERSHIP TEAMWORKING

    Ri-Nascere implica essere generato, venire alla luce una seconda volta, implica un ripensamento e, come viene definito oggi, un “new normal”: tutto ciò che è nuovo implica una generatività.

    Generatività intesa come “dare vita”.

    Dare vita implica creatività, progettualità, inclusione, energia ed anche entusiasmo, motivazione, stupore, eccitazione.

    Dare vita ad un progetto, ad un gruppo, ad un processo, ad un obiettivo…

    Il “dare vita” implica necessariamente attingere o entrare in contatto con una parte di noi che comprende tutte le caratteristiche dell’intuizione, riflessione, accoglimento, prendersi cura, nutrire, scoprirsi in una nuova normalità, essere un po’ “madre”, nel senso dell’energia e non del gender.

    Come ti senti pensandoti un generatore creativo di business nello scenario futuro aziendale?

    Il World Economic Forum (WEF) del 2020 ci riporta le 10 skills più richieste per essere un buon manager in azienda

    1. Problem solving
    2. Pensiero critico
    3. Creatività
    4. Gestione delle persone
    5. Coordinarsi con gli altri. Teamworking
    6. Intelligenza emotiva
    7. Capacità di giudizio e di prendere decisioni
    8. Orientamento al servizio
    9. Negoziazione
    10. Flessibilità cognitiva

    E’ necessario rileggere queste skills alla luce del momento preciso di “new normal” che stiamo vivendo.

    C’è chi dice che siamo in una quarta rivoluzione, in qualsiasi modo la vogliamo definire, siamo comunque in una rivoluzione generativa e la miglior parte di noi, in grado di generare, è la nostra energia femminile, al di là del nostro gender.

    Ecco che, ancora oggi portare in azienda temi relativi al “balance” tra la propria personale energia maschile e femminile, in una consapevolezza armonica ed integrata di un UNO (UNICUM) , ai fini di poter ripensare il proprio modo di essere azienda propositivo e generativo, è ancora una sfida impegnativa, ma ineluttabile.

    La prima legge di Diversity & Inclusion aziendale è proprio questa: includere tutte le parti di noi, che ci caratterizzano e che ci rendono unici,riconoscendo e valorizzando le diversità personali, come ricchezza e nutrimento.

    Ecco allora che rileggere le 10 skills, di cui sopra, esplorando e verificando quale energia personale per lo più richiamano in noi, potrebbe essere un nuovo modo di ripensare a se stessi, ai collaboratori, ai team.

    Come posso essere un manager, un leader generativo di idee, strategie, ecc. se non accolgo e  riconosco tutte le mie risorse personali, le mie diversità?

    Questo è il punto di partenza per entrare nel cambiamento ed essere un nuovo generatore di business.

    Un business che attivi il senso di quello che faccio, ma soprattutto di come lo faccio per poter essere di ispirazione e guida.

    Il come lo faccio può rispondere solo ad una legge: quella dell’inclusione.

    L’inclusione di tutte le parti di me, corpo fisico, corpo mentale, corpo emozionale e corpo spirituale.

    Solo quando il COME lo faccio è connesso a CHI sono, i miei risultati saranno di successo.

    E la digitalizzazione, lo smart working, l’IA, gli analytics, virtual customer engagement ci devono servire per cambiare il paradigma del nostro essere, portandoci sempre più verso un’umanizzazione digitale.

    La tecnologia a servizio dell’uomo.

    Siamo di fronte ad un tempo di grande FECONDITA’ che ci permette di lavorare per la nostra felicità (etimologicamente dal latino felix = fecondo) e il nostro benessere.

    Come possiamo ispirare, coinvolgere gli altri, creare team working, se non entriamo in contatto con la nostra generatività?

    Anche il team working va ripensato in termini di generatività aziendale.

    Abbiamo visto che, secondo il WEF, la capacità di lavorare in gruppo, costruendo un sistema basato sul team working è una delle skills più richieste dalle aziende, soprattutto in questo momento di forti cambiamenti e distanziamenti.

    Per questo le posizioni di leadership si distinguono, e si distingueranno sempre più, in base alla capacità di offrire ispirazione e strumenti che permettano al Team una maggiore efficacia nella comunicazione interna, rispetto delle scadenze e raggiungimento di risultati ad alte prestazioni, indipendentemente dal luogo e dallo spazio d’azione.

    La corretta condivisione della visione comune, la sincronia nel perseguire gli obiettivi, l’impiego corretto delle energie personali e del gruppo, l’abilità di sostenere e indirizzare la propria creatività, l’accettare l’errore come correzione sono sempre più necessarie per trovare un nuovo equilibrio interno al Team.

    La leadership evoluta si sposta da una precedente visione up down ad una espressione più cross, trasversale e per fare questo passaggio è indispensabile attingere alle nostre risorse interne, autentiche.

    TEAM WORKING in REMOTE WORKING

    Non si tratta di ripartire!

    Il cambiamento repentino delle abitudini lavorative, lo smart working, la necessità di rielaborazione dei processi di comunicazione e collaborazione hanno creato uno scenario nuovo, e ancora in evoluzione, che impone una rilettura da parte di tutti noi del concetto di team working.

    Il ruolo di ognuno di noi diventa primario, indipendentemente dalle dimensioni aziendali, dalla tipologia di settore o dalla numerosità del gruppo.

    Siamo tutti chiamati ad una sfida che va oltre l’aspetto lavorativo e che, forse per la prima volta, ci coinvolge come leader di noi stessi assegnandoci il compito di ricercare e potenziare il nostro valore, sviluppando e riconoscendo l’AUTONOMIA come abilità fondamentale.

    Nella nuova vita di teamworking digitale, diventiamo sempre più imprenditori di noi stessi, al di là del ruolo che ricopriamo.

    Come ci sentiamo rispetto al ripensarci come liberi ed autonomi nel COME, ma respons-abili e disciplinati sul COSA ?

    La scoperta e l’affermazione dell’importanza dell’energia personale, il sostegno delle nostre capacità e il superamento dei vincoli mentali legati a “vecchi” schemi, sono percorsi necessari che ci offrono l’opportunità di trasformare le criticità del momento in grandi possibilità, per noi e per la nostra Azienda più in generale.

    Come ri-nascere?

    ENERGIA PERSONALE e BENESSERE ORGANIZZATIVO

    Avere a disposizione gli strumenti per lavorare su sé stessi diventa quindi necessario e utile all’Azienda, come al singolo individuo che ne fa parte.

    Ri-conoscere le proprie potenzialità, gestire i momenti di forza come quelli di debolezza, avere l’energia giusta per sostenere la propria motivazione quotidiana, il proprio benessere organizzativo significa anche sostenere il lavoro del gruppo.

    La saluta mentale e personale si riflette così sul benessere organizzativo, produttivo e sociale.

    La nostra unicità diventa parte fondamentale e integrante di un sistema allargato che può essere migliorato e rinforzato ad ogni passo.

    Ma ora, proprio in questo momento, nella vita reale come si alimenta l’energia personale?

    RICARICHIAMOCI ADESSO

    Il modo migliore è quello di lavorare a più livelli, fisico, piscologico, ed emotivo.

    In passato la persona poteva essere in un’espressione di sé dicotomizzata tra la vita lavorativa e quella personale.

    Al lavoro essere e rendere in un modo, fuori dal lavoro dedicarsi a tutte le proprie passioni con vitalità ed entusiasmo.

    Come se la dualità fosse considerata normale!

    Oggi, per questa rivoluzione radicale, che rende più sottile i confini tra vita privata e vita lavorativa, contaminandoli entrambi, siamo chiamati a ripensarci come un UNICUM che si trasforma, che vive il cambiamento e che necessita di risorse nuove che integrino tutte i nostri livelli.

    Imparare a gestire la propria energia personale proprio come la riserva…se vivi sempre in riserva ad un certo punto, la macchina si spegne.

    Siamo abituati a ricaricare il nostro computer, il nostro telefono ogni sera ma … come ci ricarichiamo noi ogni giorno?

    E’ la nostra energia personale rinnovabile e sostenibile?

    L’energia è un soffio vitale, è quella parte più essenziale, più “sottile” del nostro respiro.

    Sei consapevole del tuo respiro ogni giorno?

    Quando ti accorgi del tuo respiro?

    Eppure possiamo non mangiare e non bere per giorni, ma non possiamo non respirare.

    Come sappiamo il respiro è un atto involontario, ma ha la potente e trasformativa caratteristica di essere anche volontario. In tal caso, è sorprendente il risultato che si ottiene in termini di miglioramento della propria efficienza, chiarezza mentale, intuizione e azione.

    ESERCIZIO

    Ti propongo un semplice esercizio, ma estremamente efficace, adatto a tutti e senza controindicazioni:

    ogni volta che ti senti stanco, stressato e “prosciugato” chiudi gli occhi, siediti con la schiena dritta staccata dallo schienale della sedia e, semplicemente, inizia a porre attenzione al tuo respiro, all’ aria che entra ed esce dalle narici, osservane la diversa temperatura e porta la tua mano destra sul petto e la sinistra sull’addome.

    Inizia a respirare dall’addome sollevando e abbassando la mano sulla pancia.

    Fai un inspiro in 4 tempi, lento, ampio e profondo ed un espiro in 8 tempi, ancora più lento e profondo dell’inspiro.

    Ripeti per almeno 3 volte.

    Poi ricomincia la tua attività da dove eri rimasto.

    Nelle prossime settimane ci addentreremo specificatamente su questi temi:

    IL PROGRAMMA “L’ENERGIA DEI NUMERI UNO”

    LUGLIO – 2 appuntamenti

    La base di ogni inizio: la capacità di sostenersi

    AGOSTO – 4 appuntamenti

    Guardare l’orizzonte, con leggerezza

    SETTEMBRE – 4 appuntamenti

    Avanzare, agendo con metodo

    Energyogant è un metodo, concreto e misurabile, che si occupa di migliorare e sostenere la gestione dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    Il metodo prevede un test autovalutativo sottoposto in 3 momenti differenti + un lavoro focalizzato sui 3 corpi fondamentali della persona:

    corpo fisico (Asana Dinamyc e Nutrition Efficiency) – corpo emozionale (Pranayama Focus e Nutrition Efficiency) corpo mentale (Thinking Growth).

    Un metodo strutturato e preciso per attingere a risorse innate e spesso inconsapevoli della persona per migliorare anche i suoi risultati in azienda, esprimendo al meglio la propria energia personale nella sua unicità ed armonia.

  • Il metodo

    DIRE FARE ABBRACCIARE: l’inclusione lavorativa è un abbraccio di vitalità e benessere

    Come può l’inclusione lavorativa essere considerata un abbraccio strategico? 

    Abbracciare è una parola “poliedrica” in azienda, che va dall’abbraccio fisico tra colleghi, alla pacca sulla spalla, all’accettazione ed accoglienza, sino all’inclusione e trasformazione.

    Abbracciare è una parola di ampio respiro.

    C’è un denominatore comune in tutte queste definizioni, abbracciare=apertura.

    Quindi, se mi apro respiro.

    Se non abbraccio, non mi apro, resto chiuso e non respiro.

    Se non respiro sto male e “muoio”.

    Se abbraccio poco, respiro male.

    Abbracciare quindi è un compito vitale per l’essere umano.

    L’ Inclusione lavorativa quindi ha a che fare con l’abbracciare  e significa:

    • accogliere
    • accettare
    • includere/integrare
    • amare
    • trasformare

    Accogliere racchiude tutte le sfumature dell’apertura all’altro. Dal latino: accolligere, derivato da colligere- raccogliere. A sua volta composto da co– insieme e lègere- raccogliere. Dunque accogliere significa “raccogliere insieme”, ricevere qualcuno o qualcosa, accettare, creare un legame.

    Accogliere vuol dire mettersi in gioco, che esprime una sfumatura maggiore rispetto al supremo buon costume dell’ospitalità.

    Accogliere è un atto di saggezza, nel senso di:

    • imparare che nella vita ci sono cose che non puoi controllare e che ti tocca invece imparare a gestire, dandogli un significato.

    Accogliere significa dunque aprire la porta a chi ti sta bussando, che si tratti di un ospite in casa o di un collega in ufficio. 

    Accogliere per fare entrare, per condividere un’esperienza, per creare scambio.  

    A volte è piacevole ed è molto semplice, altre invece ci chiediamo che senso abbia farlo… 

    Perché dovrei accettare e accogliere l’età che passa, una persona che non mi ispira o gli eventi imprevedibili che arrivano nella mia vita per esempio? 

    Perché fare la fatica di accogliere anche gli errori, i fallimenti o un ambiente che non mi aggrada?

    Talvolta accogliere significa ascoltare non solo ciò che vogliamo sentire, ma anche ciò che ci fa arrabbiare, che non condividiamo o che vorremmo zittire. 

    Per me accogliere è decisamente  più difficile dell’accettare. Significa aprirsi all’ipotesi che, forse, avevamo bisogno di quello che è accaduto per imparare qualcosa di nuovo. Personalmente  vorrei, a volte, imparare senza ripetizioni, buona la prima, invece di essere “ rimandata a settembre”.

    Tuttavia nell’inclusione lavorativa, con l’accezione che ci stiamo dando di accoglienza e accettazione, ci sono sempre 2 aspetti fondamentali:

    • Bellezza e Apprendimento. 

    La bellezza della scoperta, dell’incontro tra persone e culture diverse, l’arricchimento dello scambio, l’apprendimento di esperienze nuove.

    Inclusione lavorativa  significa avere il desiderio profondo di conoscere chi ci sta di fianco, che può essere che ci camminiamo a fianco da anni ma che in realtà non gli abbiamo mai stretto le mano. O non lo abbiamo mai abbracciato. Che siamo rimasti fermi alla prima impressione, o alla seconda, o all’immagine che avevamo di lui anni fa. Mentre fortunatamente evolviamo tutti, ogni giorno, e talvolta dobbiamo fermarci per riconoscerci di nuovo.

    Perché ci risulta così difficile l’inclusione lavorativa

    Quando mi trovo di fronte a questo dilemma, nel lavoro come nella vita, ringrazio il mio amore e la mia passione per lo yoga.

    Nella tradizione orientale Santhosa (= accoglienza, accettazione) è il secondo Nyama (disciplina) degli 8 principi dello yoga. Il termine deriva dal sanscrito sam, che significa “completamente” o “del tutto”, e tosha, che significa “soddisfazione” o “accettazione”.

    Questa pratica è caratterizzata da un generale appagamento e contentezza per ciò che è così com’è. Santosha è strettamente legata all’equanimità, in quanto praticarla permette di accettare qualunque circostanza si presenti, inclusi piacere, dolore, successo o fallimento.

    L’Hatha Yoga Pradipika, uno dei testi più antichi della filosofia dei Veda, la descrive così: “Santosha significa appagamento in qualunque circostanza. Possiamo possedere molto o nulla, guadagnare o perdere ma in ogni caso dovremmo coltivare la consapevolezza di possedere più che abbastanza. La situazione opposta è l’insicurezza, che genera stanchezza e instabilità…”. Letteralmente può essere tradotto con “contentezza”: stato d’animo (e le relative dimostrazioni) di chi è molto soddisfatto o si rallegra di una situazione o di un fatto.

    Santhosa consiste nell’arte di sentirsi contenti e appagati, indipendentemente dalle condizioni esterne. 

    Come si fa?

    Non significa non provare mai tristezza, rabbia ecc. ma coltivare la capacità di vedere le cose per come sono, anche se non sono come vorremmo noi e coglierne l’aspetto positivo.

    La perdita del lavoro, le relazioni difficili, le difficoltà economiche rendono spesso arduo coltivare l’accettazione ma Santosha vuol dire anche sviluppare la speranza mantenendo un atteggiamento positivo verso il futuro: se adesso stiamo attraversando un periodo duro, non è detto che duri per sempre. 

    Sviluppare fiducia, equanimità, non farsi sopraffare dalle aspettative ma osservare ciò che la vita ci offre, vedere sempre la metà piena del bicchiere, non scoraggiarsi se le difficoltà perdurano, sono tutti aspetti che riguardano il Santosha.

    Spesso la non-accettazione nasce dalla paura, dal non sentirti all’altezza, pensare che non hai la forza o le capacità per superare una determinata situazione. 

    Nel Sutra 42 di Patanjieli troviamo questa bellissima definizione “il risultato dell’appagamento (santhosa) è la felicità totale”

    Dunque accogliere, in questa ottica, risponde ai nostri scettici perché. 

    Accogliere non equivale a subire passivamente gli eventi, ma diventa una scelta strategica: accolgo quello che ho davanti, perché solo accettandolo posso conoscerlo meglio. E quando conosco meglio qualcosa o qualcuno, le mie difese si abbassano e riesco anche ad essere più lucido e creativo, riesco a trovare nuovi spunti e soluzioni.

    Lavorare sull’inclusione lavorativa significa ispirare, innovare e creare

    Dovrei lasciare che le cose siano così come sono? 

    Dovrei rinunciare al cambiamento e rassegnarmi che tutto rimanga com’è?

    L’idea che l’accettazione sia rassegnazione è molto forte perchè tendiamo ad avere una visione cristallizzata delle posizioni emotive. Così se accettiamo rimaniamo fermi ad accettare per sempre, se rifiutiamo, rifiutiamo per tutta la vita. 

    L’idea che la posizione emotiva sia un passaggio di un processo che si sviluppa e muta sembra improbabile.

    Accettare è un passaggio emotivo in cui riconosciamo che qualcosa è avvenuto; qualcosa che è già avvenuto. Non abbiamo il potere di rifiutarlo perchè è già presente. Non lo cambieremo attraverso il rifiuto, che, spesso è proprio anche il rifiuto della sua esistenza. 

    Lo cambieremo attraverso il riconoscimento del fatto che c’è già nella nostra vita.

    Accettare = fare i conti con quello che è già avvenuto con tutto l’impatto che ha su di noi. 

    Non significa che dobbiamo mantenerlo con noi per sempre, né significa rassegnarsi alle sue conseguenze. 

    Se desideriamo che il cambiamento sia possibile, il punto di partenza fondamentale è accettare ciò che è già avvenuto, e focalizzarci sull’inclusione lavorativa con una visione aperta a tutto ciò che è.

    Altrimenti continueremo a combattere contro i mulini a vento, per negarlo. 

    La strada dell’accettazione è un percorso, non una meta, e inizia proprio dalla non-accettazione, dalla rabbia, dalla frustrazione e dalla voglia di mandare tutto a quel paese.

    L’inclusione lavorativa è proprio  l’opposto dell’evitamento esperienziale, significa aprirsi all’esperienza di tutte le emozioni e i pensieri, senza cercare di combatterli o scacciarli a forza. 

    Quali sono le strategie automatiche che mettiamo in campo per “evitare di sentire”?

    Qual è stata l’ultima volta che ti sei accorto di compensare con qualcos’altro per non abbracciare l’emozione che stavi vivendo?

    D’altro canto, anche l’approccio occidentale di una terapia comportamentale di terza generazione mette al centro del percorso di inclusione e trasformazione lavorativa l’accettazione e l’impegno. Si tratta dellAcceptance and Commitment Therapy, conosciuta anche come ACT (pronunciata come una singola parola, in inglese “azione”). L’ACT è stata fondata da Steven C. Hayes, professore di Psicologia dell’Università del Nevada, negli Stati Uniti.

    L’Acceptance and Commitment Therapy, (ACT)  trae le sue origini dalla psicologia comportamentista ed è ispirata dalla psicologia buddhista.  L’ACT è una psicoterapia basata su evidenze sperimentali, che usa strategie di accettazione e mindfulness insieme a strategie di impegno nell’azione e modificazione del comportamento. 

    I processi fondamentali sono sei e sono interconnessi gli uni con gli altri.

    1. il contatto con il momento presente 
    2. la defusione
    3. l’accettazione
    4. il Sè come contesto
    5. i valori
    6. l’azione impegnata

    L’interazione di questi 6 processi determinano la flessibilità psicologica, che è la capacità di stare nel momento presente con piena consapevolezza e apertura alle esperienze interne ed esterne, e di intraprendere azioni orientate da ciò che per noi è realmente importante.

    1. “Essere in contatto con il momento presente” significa essere pienamente consapevoli di ciò che ci sta accadendo momento per momento. E’ molto difficile nella nostra quotidianità rimanere nel momento presente. Molto spesso veniamo infatti rapiti da preoccupazioni che ci portano a preoccuparci del futuro o a rimpiangere il passato.
    2. Per defusione si intende quella particolare capacità della mente, tipica degli stati di meditazione, di potersi osservare mentre sperimenta il suo stesso funzionamento. Defondeersi significa togliersi dalla fusione con quell’emozione, stato, situazione ecc., fare un “passo indietro” ed osservare i propri pensieri guardandoli per quello che sono.Significa prendere la distanza senza reprimere le emozioni che stiamo vivendo, ma riducendo così l’impatto che queste hanno sulla nostra vita. Riuscire a prendere questa distanza aiuta a gestire meglio pensieri ed emozioni e a migliorare lo stato psicologico generale della persona.
    3. Il processo cardine è anche per ACT Accettare Significa aprirsi e fare spazio a sentimenti, emozioni e sensazioni anche dolorose. Significa smettere di combattere le emozioni negative, smettere di non volerle sentire e lasciare che semplicemente si manifestino per quello che sono.Secondo l’ACT infatti la causa di gran parte della sofferenza psicologica che proviamo è legata al nostro tentativo di evitare di provarla.
    4. Il Sè come contesto detto anche il “sé che osserva” è quella parte di noi che osserva la nostra mente mentre questa è in azione. Mentre tutti abbiamo consapevolezza del sè che pensa (quello con cui ragioniamo, progettiamo, immaginiamo e ricordiamo), molta meno consapevolezza abbiamo di un’altra parte della nostra mente che è in grado di osservarci mentre ragioniamo, progettiamo, immaginiamo etc. E’ il sé come contesto, quella parte della nostra mente che osserva il suo stesso funzionamento.
    5. Valori chiarificazione dei valori personali. Ogni persona ha infatti i propri valori, ma spesso, soprattutto quanto siamo molto sofferenti, facciamo fatica a ricordarli o vivere in accordo con questi.Fare chiarezza sui valori personali e operare di conseguenza delle scelte orientate da questi è uno degli aspetti centrali del percorso.
    6. Action Plan un’azione decisa mirata verso una nuova  direzione maggiormente soddisfacente. 

    Cosa fare concretamente per allenarci a migliorare l’inclusione lavorativa?

    Per quanto mi riguarda, non ho dubbi. Da questa breve riflessione fatta possiamo considerare come tutto, da qualsiasi approccio ci si avvicini, tutto ci riporta all’importanza di lavorare su di Sè.

    Non possiamo parlare di inclusione lavorativa  considerandola come una strategia da acquisire dall’esterno. Utilizzare Santosha in pratica significa lavorare su 3  diversi livelli:

    • Intento: impegnati al massimo in qualsiasi tua azione, quindi accetta qualsiasi risultato ne derivi. Potremmo riassumere questo principio nella frase “fai del tuo meglio.”
    • Stato interiore: adotta una mentalità di appagamento supportata anche da altre virtù come la compassione, l’assenza di invidia e il non rubare.
    • Espressione: la manifestazione esteriore di santosha è la serenità e la totale soddisfazione, senza desideri superflui.

    Uno dei modi per “fare spazio” e accettare pensieri e emozioni è attraverso la pratica della mindfulness.

    La mindfulness, pratica meditativa nata in oriente più di 2000 anni fa, consente infatti di sviluppare un atteggiamento curioso e non giudicante verso i propri contenuti mentali.

    l’accettazione  è un atteggiamento che va sviluppato e va scoperto; significa imparare ad accogliere quello che viviamo, con atteggiamento proattivo e aperto. Anche di fronte a momenti difficili della vita. La pratica della mindfulness può aiutarci in questo, a sviluppare un atteggiamento più aperto, per riconnettersi con se stessi e favorire un maggiore slancio nel cammino della vita.” Dott. Maffini, psicologo e psicoterapeuta

     “Non c’è colpa più grande che assecondare i desideri. Non c’è sventura più grande che non sapersi accontentare. Non c’è difetto più grande della sete di guadagno. Perché chi sa che abbastanza è abbastanza ha sempre a sufficienza.”

    Lao Tse

    Ascolta ora questa meditazione direttamente dalla voce di Simona e prova a seguirla e praticarla fino alla fine:

    Meditazione del fiume

    ​​

     Se ti sei perso i precedenti articoli ecco i link:

    IL DIRE E LA COMUNICAZIONE EMPATICA E POTENZIANTE

    IL DIRE E L’AVERE SUCCESSO IN AZIENDA E NELLA VITA

    IL DIRE E IL RISPETTARE LE REGOLE IN AZIENDA E NELLA VITA

    IL DIRE IMPLICA IL VERBO SBAGLIARE

    IL FARE E LA ROUTINE DEL MATTINO

    IL FARE E LA MIA ROUTINE QUOTIDIANA

    . Il FARE E IL CIBO CHE DA’ ENERGIA

    . IL FARE E L’INTELLIGENZA CREATIVA IN AZIENDA

    Se invece sei alla ricerca di un supporto, puoi contattarci e saremo felici di poterti accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile

    Simona Santiani 3387438166 – info@myhara.it

  • Il metodo

    Mal di testa quotidiano: un’opportunità per osservare la propria forza vitale al lavoro

    La testa è il centro della comunicazione ed è legata all’individualità e all’autonomia.

    Qualsiasi cosa tu legga in questo articolo, non crederla, verificala, portala nel tuo vissuto, traducila in un bene che si aggiunga a ciò che dai già per certo.

    Nessuno può pretendere di convincere l’altro, tanto meno su argomenti così delicati.

    Spero però di poter essere d’ispirazione. Solo questo.

    Secondo lo psicoterapeuta Jacques Martel le cause del mal di testa sono molteplici: soprattutto stress e tensione.

    Generalmente sul lato sinistro segnala un problema nelle relazioni con il mondo femminile (es. madre, partner) mentre sul lato destro indica difficoltà con il mondo maschile (es. padre, figlio). 

    Un mal di testa a livello frontale avrà a che fare soprattutto con il lavoro o il ruolo sociale. Mentre all’altezza delle tempie coinvolge il lato emotivo ( es. famiglia, coppia ). 

    Può anche essere dovuto al rifiuto delle emozioni e dei pensieri che giudico non conformi ai miei valori.

    Il bisogno di controllo e perfezione induce a voler definire in anticipo tutti gli aspetti della nostra vita.

    Vogliamo fare di testa nostra, è la nostra natura e non va giudicata. 

    Reprimiamo la spontaneità, che è un’espressione dei desideri del cuore e la sostituiamo con l’inflessibilità.

    Resistiamo ai cambiamenti, alle novità.

    Qualunque siano le cause, il mal di testa è legato strettamente alla nostra individualità.

    Il nostro corpo riceve e canalizza l’impatto di ogni nostra emozione, sia essa positiva o negativa

    Non si tratta di una relazione di poco conto, perché il rapporto tra mal di testa e stress è il risultato di un ingranaggio molto complesso, in cui i neurotrasmettitori, i metaboliti, i nervi e lo stesso cuore mettono in moto un meccanismo che, a volte, risulta davvero difficile da controllare.

    La differenza tra mal di testa ed emicrania è che, quest’ultima, è caratterizzata da un dolore intenso che colpisce solo un lato della testa e spesso è collegata a nausea.

    In ogni caso che sia mal di testa o emicrania, la nostra forza vitale è ridotta.

    Ci ritiriamo per il dolore invece di partecipare alla vita o partecipiamo con sforzo e sofferenza. 

    Che cos’è la forza, e come può esserci d’aiuto contro il mal di testa quotidiano?

    Essere forti è una questione di energia. 

    Secondo la visione psicoanalitica freudiana la forza vitale corrisponde alla pulsione di vita. 

    È quella spinta che genera sia l’attivazione sia l’eccitazione sul piano organico. 

    L’obiettivo di questa pulsione è preservare la nostra sopravvivenza.

    È una forza dinamica che va alla ricerca del piacere, scartando ciò che non lo genera. Agisce quando attiviamo meccanismi per ridurre le tensioni. 

    La pulsione è all’origine di ogni attività mentale.  

    Etimologicamente dall’ingl. pulsion, che è dal lat. tardo pulsĭo –ōnis ‘lo scacciare’, deriv. di lsus, part. pass. di pellĕre ‘espellere, mettere in moto’. 

    Si struttura in: 

    Fonte. È l’organo dove nasce la pulsione

    Forza. Ciò che spinge all’azione

    Meta. Consiste nella soddisfazione dell’eccitazione

    Oggetto. Ciò che dà soddisfazione

    Non è necessariamente di natura sessuale. 

    Va oltre tale concetto ed è comunque legato alla ricerca del piacere, della soddisfazione, dell’autoconservazione, della vita e della morte.

    Secondo le discipline orientali, invece,  in sanscrito Energia significa “Vita”.

    La forza vitale è una carica spirituale, che possediamo fin dalla nostra nascita. 

    Essa è la forza primordiale di tutta la vita, dell’universo, dell’uomo. 

    È un’energia conscia e intelligente, che vibra in ogni organismo vivente. 

    Essa dona la vita e il potere di muoverci, di pensare, di respirare. 

    Ci permette di fare tutto quello che la vita ci offre tutti i giorni. 

    L’energia o forza  vitale è la “fame” di vita, quel desiderio profondo che vuole farci vivere al massimo, è l’intensità con cui viviamo il nostro tempo, cercando di collegarlo in ogni istante a ciò che amiamo, a ciò che vogliamo, a ciò che sogniamo.

    Forza vitale alta e bassa e mal di testa quotidiano

    L’energia o forza vitale ci porta verso la strada della soddisfazione ed al raggiungimento dei nostri obiettivi. 

    Quando abbiamo uno stato di energia vitale alta ci sentiamo energici, entusiasti, vitali, allegri, determinati, concentrati, amati, fiduciosi, desiderati.

    Al contrario quando il nostro livello di energia è basso ci sentiamo male, frustrati, stanchi, apatici, sconcentrati, il mal di testa quotidiano diventa “normale” e là il nostro cammino diventa pesante, pieno di ostacoli e insoddisfazioni. 

    Dobbiamo connetterci con la nostra energia per dirigere la nostra vita. 

    Siamo noi a scegliere la nostra vita e siamo sempre noi a dirigerla verso la strada dei nostri successi, verso un’energia alta. 

    Prestiamo attenzione alla qualità dell’Energia, come cambia, come si collega ad ogni nostro pensiero, sensazione ed emozione. Siamo più facilmente portati ad  osservare l’energia degli altri che la propria, portando l’attenzione al di fuori di sé. 

    Sentiamo che nell’aria c’è qualcosa che non va, vediamo e percepiamo nell’altro la tristezza, lo stress, la depressione, la rabbia. 

    Preoccupandosi così dell’altro evitiamo di ascoltarci per capire ciò che sta avvenendo in noi stessi. 

    È la nostra stessa energia che ci manda quella sensazione, l’altro ci sta solo facendo da specchio. 

    Quando ci allontaniamo da quel luogo o persona che ci ha provocato delle sensazioni poco gradevoli ci sentiamo sollevati e stiamo meglio.

    In realtà, il malessere rimane finchè non lo comprendiamo e l’affrontiamo.

    Proviamo a chiederci :

    • Cosa mi ha dato fastidio?
    • Cosa mi ha creato disagio?
    • Cosa sto provando ora?

    Come entrare in contatto con la nostra forza vitale e allentare il mal di testa quotidiano

    A volte è utile lasciare alle spalle il passato e le cattive abitudini. 

    Queste servono solo a giustificarci.  

    Chiediamoci chi siamo, cosa abbiamo scelto di essere, come vogliamo vivere.

    Non smettiamo mai di imparare. Una volta raggiunto il nostro obiettivo, cerchiamone un altro. La nostra energia non finirà mai di stupirci, ci accompagnerà ovunque il nostro essere vorrà arrivare. Abbandoniamo le emozioni inutili. Sono loro ad ostacolare l’energia vitale. Liberiamoci dai comportamenti autodistruttivi e autosabotanti.

    A tal proposito ci viene in aiuto una storiella zen: 

    Due monaci buddhisti, un vecchio maestro e un giovane novizio, mentre erano in cammino incontrarono un fiume in piena. Sulla riva del fiume c’era una donna molto bella, che chiese loro di aiutarla ad attraversare il fiume, perché l’acqua era troppo alta per lei. Il giovane monaco indietreggiò indignato, mentre il vecchio, senza tante parole, se la pose sulle spalle e la portò all’altra sponda. Una volta attraversato il fiume, la fece scendere e i due monaci proseguirono il loro cammino. Il giovane monaco non poteva dimenticare quanto accaduto. Per ore rimproverò il vecchio maestro per la sua negligenza nel rispettare la santa regola dell’astinenza: aveva dimenticato che era un monaco? Come aveva osato toccare una donna tanto bella? Come aveva potuto prendere in braccio una donna così sensuale, lasciare che gli cingesse le braccia intorno al collo, che gli premesse il seno contro il petto? E così via. Il vecchio monaco ascoltò pazientemente l’interminabile predica. Alla fine, lo interruppe dicendo: “Fratello, io ho lasciato quella donna al fiume. Non sarà che tu te la stai ancora portando dietro?

    Il mal di testa quotidiano e i pensieri che “pesano” sono un’opportunità per osservare la nostra energia verso ciò che ci imprigiona, e non verso ciò che ci da forza, ci alimenta e ci fa fluire. E ci da libertà.

    All’insorgere dei primi sintomi dovremo ricordarci che la vita è sempre manifestazione di Vita: sia essa espressa attraverso un momento felice e gratificante sia essa espressa attraverso, un problema, una difficoltà da raggiungere.

    In questo modo potremmo disinnescare la bomba e, volgendo il pensiero, il respiro e l’impegno verso la nostra forza, sottrarre energie al mal di testa quotidiano.

    Questa è la forza che abbiamo, della quale siamo stati dotati alla nascita ma che abbiamo dimenticato.

    Stretti negli ambienti performativi, clusterizzati, dove essere nella luce richiede non essere “ il meglio di noi” ma una forma di costrizione nella standardizzazione dei processi e degli obiettivi, spesso si rinuncia sia alla ricerca della propria manifestazione che alla sua espressione.

    Repressi, arrabbiati e impossibilitati a creare diventiamo terreno fertile per il nostro mal di testa quotidiano.

    Ma siamo in buona compagnia: i pensieri circolari, le pressioni emotive, le repressioni vivono a qualunque livello della società fino ad arrivare alla testa del diamante.

    Il motivo accomuna tutti.

    Come alimentare la nostra forza vitale, tra pensieri circolari e mal di testa quotidiani?

    La sfida non è semplice e la patologia non è banale.

    Parlare di equilibrio personale, consapevolezza e libera espressione di Sé potrebbe alimentare l’idea di una soluzione astratta ad un problema concreto e soprattutto doloroso, risolvibile nell’immediato con la soppressione dei sintomi grazie ad un piccola pastiglia e un bicchier d’acqua.

    Che resta una soluzione valida nel superamento del fastidio, ma che lascia la persona priva di consapevolezza rispetto alla causa e quindi dell’occasione di curarsi fortificando (rendere forte ed in equilibrio) se stesso.

    Sì, perché la nostra forza si alimenta proprio nella prova.

    Facciamo un esempio: sei stato inserito in un gruppo di lavoro con obiettivi che reputi più grandi di te, e responsabilità che non volevi assumerti, ma non puoi tirarti indietro. Quindi devi fare buon viso a cattivo gioco, rinunciando ad esporti ed evitando così di assumerti il rischio dell’errore.

    Il flusso di lavoro s’inceppa, tu vieni sovraccaricato di impegno e non sai come fare.

    S’innesta la paura di non farcela. 

    La paura diventa una forma di ansia, rabbia, rancore a volte, nella ricerca di colpe da appioppare per giustificare la nostra situazione.

    Queste emozioni  provocano  sofferenza: tensione fisica, stress, incompatibilità con gli altri, repressione espressiva.

    Ma non puoi manifestare nulla.

    Hai bisogno del lavoro, non hai fiducia in te, non credi negli altri. 

    Nella tua testa hai già perso, gli scenari peggiori si fanno spazio.

    I pensieri di terrore iniziano a girare, vorticosi ed incessanti, il corpo si tende, non scarica et voilà: sei intrappolato.

    Benvenuto nella gabbia del criceto, tu e il tuo mal di testa quotidiano!

    Ma dov’è che il meccanismo può essere cambiato e la tensione trasformata in espressione?

    L’inversione di rotta può avvenire sempre.

    La cosa divertente è che la porta della gabbia è sempre aperta, ci siamo entrati da soli senza sforzo e allo stesso modo possiamo uscirne.

    Possiamo agire su più fronti:

    • a livello fisico
    • a livello mentale
    • a livello emotivo/spirituale

    Ritrova la forza nel corpo 

    1.Depuriamoci dalle scorie

    In questo processo l’acqua ha un ruolo importante e berne la giusta quantità è fondamentale. Il nostro corpo, infatti, è fatto circa all’80% di acqua.

    2. Rivolgiamo l’attenzione al respiro

    Esso è fondamentale per la nostra vita. È alla base di molte discipline e tecniche come la yoga. La respirazione emana grandi benefici sia sul corpo sia sulla mente. Il respiro aiuta a sciogliere le tensioni e a far fluire meglio l’energia.

    3. Alimentazione 

    Ha un ruolo determinante nel sostegno all’energia personale.

    La tecnica migliore è seguire cibi di stagione vitali e con meno trasformazioni. La frequenza vibratoria del cibo è qualcosa che, se vitale e sano, contamina la nostra stessa frequenza aumentando la nostra energia. Il cibo è energia. Noi siamo ciò che mangiamo.

    4. Movimento

    Il movimento è una delle funzioni organiche più importanti .

    La vita stessa dell’uomo si manifesta attraverso il movimento, sia quando ci spostiamo nello spazio (camminando, correndo, saltando…) che quando provvediamo a bisogni essenziali quali il mangiare, bere, respirare o espletare le nostre necessità corporali.

    Attività come camminare e praticare yoga sostengono la linfa vitale e le energie del corpo.

    Ritrova la forza nella mente

    1.Consapevolezza: stabilite un limite fino al quale potete arrivare ogni giorno

    Un errore che facciamo molto spesso è quello di riempire la nostra agenda di attività. Passiamo la giornata a stilare elenchi di impegni. Forse è arrivato il momento di stabilire un limite: “Non mi preoccupo di ciò che non è importante”, “Non mi lascio influenzare da questo o da quello”, “Non lascio che quella persona continui a disturbarmi”, “Alle 18 finisco di lavorare e mi riposo”, ecc.

    2. Iniziate e finite la giornata nello stesso modo: con calma

    Può sembrare una sciocchezza, ma un gesto così semplice come alzarsi mezz’ora prima e godersi un momento di silenzio, relax, può aiutarvi ad affrontare la giornata in modo più equilibrato. Un’abitudine che sarebbe bene ripetere anche alla fine della giornata: ricordatevi di rilassarvi e regalarvi del tempo per voi, due ore prima di andare a dormire.

    La nostra felicità dipende da noi. È il nostro stato naturale, non permettiamo alla mente di offuscarla.

    Ritrova la forza nelle emozioni e nello spirito

    1.Meditazione e mindfulness

    Tecniche collaudate sono applicate a qualsiasi livello per sostenere il rendimento: in azienda, nello sport, nel sociale.

    Possiamo iniziare affidandoci alla meditazione e alla mindfulness: tecniche profonde che ci permettono di smontare le nostre credenze limitanti e ci stimolano ad attivare le nostre credenze performanti.

    2. Visualizzazione e immaginazione

    Il pensiero creativo ed intuitivo, che accede alla bellezza delle immagini e non lascia spazio ad attività cognitiva, è una reale sorgente di forza vitale.

    Quante volte ti soffermi ad immaginare come vorresti la tua giornata, riempiendo di dettagli ogni singolo momento, utilizzando anche la fantasia di colori, suoni dettagli fuori dall’ordinario ma che attivano energie leggere ed assopite? 

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Come entrare in AZIONE, in azienda e nella vita

    Azione e attività: 2 lati della stessa medaglia?

    Sesto principio vitale dell’azienda: l’AZIONE.

    Difficilmente ci soffermiamo a cogliere la differenza. 

    Forse la maggior parte di noi usa i due termini l’uno in sostituzione all’altro.

    Ma tra attività e azione la differenza è legata al tipo di energia che le caratterizza.

    L’azione, etimologicamente, deriva da actum,agere = agire.

    L’azione potremmo definirla come manifestazione, espressione subito successiva alla fase di gestazione. Entrare in azione in azienda ha a che fare con la progettazione

    L’azione è un’atto libero, conseguenza della nostra capacità generativa. 

    E’ l’atto di trasformazione del pensiero, che porta al cambiamento.

    Ogni progetto,pensiero,idea, vive una sua ciclicità che implica una fase di gestazione, sviluppo, massima espressione, durata, declino e morte. 

    Tutti i nostri pensieri, progetti subiscono questi passaggi.

    La fase di gestazione appartiene all’energia femminile.

    Il femminile che nella sua non forma, nella sua energia lunare di intuizione e riflessione, di accoglimento e cura, crea lo “spazio” affinchè l’idea, il progetto prenda forma.

    In questo passaggio, proprio come la natura fa con il seme che viene piantato nella Terra, ci vuole un tempo di gestazione. 

    La Terra, la Madre, accoglie, protegge nel terreno fertile, affinchè poi il seme possa germogliare.

    Entrare in azione corrisponde proprio a questa fase, quando dalla gestazione (energia femminile) l’azione emerge, prende forma nella sua fase iniziale (energia maschile).

    L’azione ha a che fare con la novità, l’entusiasmo, la creatività, il coraggio e la forza nel manifestare.

    Ognuno di noi ha gli strumenti per farne esperienza.

    Cosa ci insegnano le discipline orientali in merito all’AZIONE?

    Nelle discipline orientali e, in particolare nello yoga, si parla di Karma yoga o yoga dell’azione.

    Karma è il “non fare nel fare”. 

    Lasciare che fluidamente le realtà abbiano il proprio corso. 

    Si agisce senza aspettare conseguenze o risultati sul breve o medio periodo. 

    Alcuni lo definiscono lo yoga dell’azione, come muoversi nel mondo offrendo il risultato delle nostre azioni al Sé, o a Dio, come lo si voglia chiamare.

    Cercare di fare quello che dobbiamo fare senza rimanere attaccati alla vittoria o sconfitta, al successo o fallimento.

    Si deve compiere il proprio lavoro e le proprie azioni per dovere, senza attaccamento ai frutti dell’azione, perché agendo senza attaccamento si raggiunge il Supremo.” (Bhagavad Gita, III, 18-19).  

    Entrare in azione  è un modo  per utilizzare il potenziale della mente. 

    Si impara ad accedere a questa forza incredibile e a questa conoscenza. 

    E’ il metodo per sprigionare un’energia con cui è difficile prendere contatto ed utilizzarla, perché il potenziale è già in noi ed aspetta di essere scoperto ed utilizzato.

    Lo yoga dell’azione ci istruisce su come lavorare per il lavoro, non-attaccati, senza preoccuparci di ciò che si compie. Ci insegna a non avere aspettative.

    Il termine AZIONE ci riporta alla posizione nel mondo che  è quella di un donatore, che non si preoccupa mai di ricevere nulla. 

    Sa che sta donando, e non chiede nulla in cambio.

    Non ha nulla a che vedere con retaggi religiosi, e nemmeno con un atteggiamento passivo. Tutt’altro,  l’azione è creativa, propositiva, nutriente e generativa.

    Sempre nel III capitolo della Bhagavad Gītā, Arjuna, il celebre principe di uno dei più grandi poemi epici dell’India, il Mahabharata, si interroga: se la conoscenza è superiore all’atto, perché impegnarsi e agire? L’eroe infatti è sul campo di battaglia titubante nell’intraprendere una cruenta lotta; preso dal dubbio si chiede se per la sua realizzazione spirituale non debba abbandonare le armi e astenersi dal combattere. Espone così le sue esitazioni a Krishna (manifestazione – Avatāradel dio Viṣṇu) in una chiarificazione che non tarda ad arrivare.

    La divinità gli spiega infatti che vi sono uomini che cercano la realizzazione del sé attraverso la speculazione filosofica mentre altri attraverso l’azione, ma le due strade non sono incompatibili. Anche perché, inevitabilmente, tutti gli uomini sono portati ad agire e ciò non va represso: “L’azione è migliore dell’inazione”, quel che fa la differenza è compierla secondo i nobili principi del karma yoga.

    Come entrare in azione in azienda e nella vita ?

    L’azione, per essere pregevole e portare alla liberazione deve essere:

    • distaccata e disinteressata: colui che agisce lo fa come adempimento al proprio dovere senza aspettarsi ricompense o elogi. L’azione generatrice è equidistante rispetto a tutti gli esiti possibili derivanti dall’atto, ottenendo così la liberazione dall’alternanza desiderio/avversione che altro non è se non uno specchietto per le allodole, eco di un mondo transitorio e illusorio. L’uomo deve fare quello che gli è prescritto, a seconda del suo stato e in quel momento della sua vita, indipendentemente dal biasimo o dall’approvazione che ne conseguiranno. Anzi, dovrebbe trascendere entrambi per liberarsi dalle catene che questi gli hanno imposto.
    • consapevole, divenendo completa meditazione:  un’attenzione costante tra osservatore, oggetto dell’osservazione e atto dell’osservare che  divengono un tutt’uno. 
    • accedere ad uno stato di flow nell’entrare in azione: non preoccuparci dei risultati della nostra azione ma essere l’azione stessa. 

    Senza azione non c’è crescita, tutto rimane potenziale.

    Quindi quando è consigliabile entrare in azione?

    Quando tutto è servizio. 

    Mangiare, dormire, respirare, se necessario anche combattere o distruggere. 

    Quando esiste solo la volontà dell’universo espressa attraverso di noi. 

    E solo allora c’è la vera felicità, un profondo senso di sollievo e riposo durante l’azione che ci permette di poter lavorare per ore e giorni e anni senza fatica, perché non c’è attrito e frizione tra noi e l’universo. 

    Non c’è bisogno di puntare a numerose azioni o a grandi impatti sul mondo: quando si raffina il nostro contatto con la volontà dell’universo, allora ogni minima azione, anche raccogliere un post it  da terra, modifica tutto per il meglio. 

    Che atteggiamento assumere per entrare in azione?

    Occorre essere consapevoli che non esiste spreco, non esiste errore, non esiste ritardo. Investire la propria anima senza soppesare i vantaggi, senza negoziare. Allora, dando il nostro massimo, che è sempre miserrimo, riceveremo la più grande soddisfazione possibile, aver soddisfatto la divinità nascosta dietro la maschera del cosmo.

    La comprensione della differenza tra entrare in azione e essere in attività permette di passare da un eccellente progettazione ad un’ottima pianificazione

    L’attività infatti, in senso etimologico, deriva da activitas ed ha a che fare con l’esplicazione delle nostre capacità fisiche, intellettuali e pratiche.

    L’attività è operosità, è l’insieme delle nostre abitudini: quelle che ci fanno controllare le mail ogni 30 minuti, o il cellulare ogni dieci minuti. 

    Abbiamo bisogno delle attività per ragioni economiche, perché ci permettono di innescare il “pilota automatico” e mantenere l’energia concentrata più sul core delle nostre azioni.

    Attraverso le attività controlliamo cosa succede, sperando, paradossalmente, che non sia successo nulla ma, nello stesso tempo, che ci sia una novità.

    L’attività è strettamente collegata all’energia maschile del fare, del controllare.

    L’attività, in azienda, è strettamente correlata alla pianificazione.

    L’azione, come l’attività, per essere “buona” e/o efficace, implica l’intento.

    L’intento ci da’ direzione e chiarezza: focus. 

    Abbiamo parlato dell’intento, che guida la nostra espressione, dando potere all’ energia personale e lavorativa quotidiana in questo articolo:

    La legge di causa-effetto e le sue conseguenze su azione ed attività

    Anche se siamo consapevoli che ad ogni azione, per legge di causa effetto, vi e’ una reazione, provocherei nel dire che nell’azione non c’è reazione, nell’attività sì!

    Il nostro mondo emotivo sottende alla nostra capacità di agire (azione) o reagire (attività)

    Per paura. 

    Per difesa.

    Per subordinazione agli eventi.

    Per meccaniche socio-culturali assorbite nella nostra vita personale e aziendale.

    Esiste poi un’altra possibilità vincolata alla paura di esprimersi, tema che abbiamo già trattato qui

    Al di là delle cause, solitamente la reazione non è consapevole: è atto di contrasto, istintivo, è sforzo. E’ energia maschile.

    In azienda il processo coinvolge più soggetti. 

    La reazione del leader o del management, rispetto ad un evento, tende a generare confusione, instabilità, blocco da parte dei collaboratori. 

    La chiave è iniziare ad osservare la quantità ed il peso del numero delle nostre azioni, rispetto alle nostre attività. 

    Quante e quali azioni svolgi nella tua giornata?

    Quante e quali attività svolgi?

    Hai mai associato il tuo senso di stanchezza alla mancanza di azioni?

    “Non c’è nulla che possa aiutare maggiormente una persona a superare o a sopportare le avversità che la consapevolezza di avere uno scopo nella vita…” 

    scriveva Victor Frankl  neurologo, psichiatra e filosofo austriaco, fra i fondatori dell’analisi esistenziale dell’uomo. Prigioniero dal 1942 al 1945 in quattro campi nazisti tra cui Auschwitz e Dachau.

    Intento, azione e attività: 3 ingredienti fondamentali per essere vitali in azienda e nella vita 

    Il mezzo di passaggio dall’intento all’azione  e dal’azione all’attività è la consapevolezza. 

    Una tecnica molto diffusa per percorrere questa via è la Mindfulness che, attraverso la pratica, aiuta a conoscere i propri pensieri, emozioni, motivazioni e anche il proprio corpo, prestandogli attenzione momento per momento, intenzionalmente e con sospensione del giudizio.

    La Mindfulness partecipa quindi alla comprensione della propria forma-pensiero che sostiene ed influenza l’azione e l’attività , l’atteggiamento del manager/ del leader in azienda e dei mezzi che permettono di controllare e direzionare il pensiero rendendolo unico, creativo ed efficace.

    Ma il processo è ancora più ampio. Occorre dotarsi di strumenti per il raggiungimento di più benefici:

    • Maggiore creatività, entusiasmo e motivazione
    • Nuovi schemi mentali
    • Ampliamento capacità di osservazione
    • Trasformare le re-azioni in azioni consapevoli
    • Incremento capacità di lavorare in team

    E’ quanto approfondiamo insieme con Thinking Growth, uno dei quattro pillars del metodo Energyogant.

    ESERCIZIO:

    Esercizio del “COSA POSSO FARE?”

    Prepara 2 fogli bianchi.

    Al centro del primo foglio scrivi “AZIONI” inserendo la parola in un cerchio al centro del foglio.

    Al centro del secondo scrivi “ATTIVITÀ“ inserendo la parola in un cerchio al centro del foglio.

    Ora,siediti in una posizione comoda, con la schiena dritta e non appoggiata allo schienale, tieni le gambe parallele con i piedi ben piantati a terra.

    Chiudi gli occhi e semplicemente fai dei respiri lenti, calmi e profondi.

    Ascolta in questo momento come stai e come sta il tuo corpo.

    Resta 3 minuti in questo stato di silenzio e ascolto.

    A prossimo espiro apri gli occhi.

    Inizia dal foglio delle AZIONI e, alla luce di quanto letto nell’articolo, inizia a tirare dei raggi dal centro e alla fine di ogni raggio scrivi una tua azione.

    Poi fai lo stesso con il foglio delle ATTIVITÀ

    Osserva i 2 fogli e nota quante sono le azioni e quante sono le attività.

    Chiudi di nuovo gli occhi per qualche istante e ascolta cosa arriva.

    Emozioni, stati fisici, respirazione.

    Non c’è un giusto ed uno sbagliato. 

    E’ un punto di partenza!

    Ti ringrazio per l’attenzione che hai prestato e con la fiducia che ispirano queste parole, continuiamo o iniziamo il nostro lavoro, portando più’ consapevolezza alle nostre azioni.

     “Dedicando a Me tutte le tue attività, in piena consapevolezza di Me, libero dal desiderio di profitto, da rivendicazioni di possesso e dall’indolenza, lotta, o Arjuna!

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Come migliorare la capacità attentiva nella digital transformation

    Quarto principio vitale dell’azienda: ATTENZIONE

    Sviluppare la capacità attentiva migliora il nostro brain wellness 

    L’attenzione è un processo cognitivo che permette di selezionare alcuni stimoli ambientali tra i molti disponibili, ad un dato momento, e di ignorarne altri.

    La over stimolazione digitale è ormai noto che ha portato ad una diminuzione della capacità attentiva nelle persone.

    L’attenzione è localizzata nella corteccia pre-frontale, la parte cognitiva del nostro cervello.

    Disporre della  proprie capacità attentiva vuol dire disporre di uno degli strumenti utili a direzionare la propria energia e renderla concreta e creativa.

    Quando la nostra attenzione si focalizza su un determinato oggetto, interno e/o esterno, c’è un addensamento di neuroni.

    Oggi, grazie a diversi  studi di  neuroscienze, la neuroplasticità cerebrale e’ riconosciuta e dimostrata.Fino a pochi anni fa si riteneva che con l’aumentare dell’età il cervello non potesse subire modificazioni.

    Più portiamo attenzione, più il cervello e’ capace di attenzione stabile, aumentando il numero di neuroni. Tutto ciò porta inevitabilmente ad un ispessimento della corteccia pre frontale.

    Molto interessante questa visione, soprattutto nei confronti delle malattie degenerative neuronali, relative all’avanzamento dell’età.

    Differenza tra capacità attentiva totale e concentrazione 

    Dona Hollemann, nel suo libro “ Gli 8 principi vitali dello yoga” parla di visione periferica e visione concentrica.

    La visione periferica ha a che fare con l’attenzione totale o mente meditativa che va ben oltre alla mente concentrata. 

    Krishnamurti afferma “Non so se avete mai notato che quando prestate un’attenzione totale c’è un silenzio assoluto. E in quell’attenzione non esistono frontiere, quell’attenzione, quel silenzio è lo stato meditativo della mente” .

    La concentrazione è “muoversi verso il centro”  e solitamente orientata verso un oggetto/focus.

    L’attenzione totale non è selettiva, è una riflessione a 360° sul mondo, un riflesso eguale di tutte le cose e non vi e’ dislivello. Nell’attenzione totale, come sostiene Patanjali, “la mente quieta è come un cristallo che riflette la realtà in cui l’osservatore, l’oggetto dell’osservazione e l’atto di osservare diventano una cosa sola”.

    Nell’attenzione totale, noi non ci siamo.

    L’attenzione totale prevede l’osservazione di cio’ che e’.

    Nell’attenzione totale non dobbiamo scegliere un oggetto su cui concentrarci, non c’è concentrazione, ma i sensi assimilano tutto, senza tensioni, senza rifiutare o scegliere. 

    Tutto ricade nel campo della nostra consapevolezza e tutte le cose hanno eguale valore: non c’è giudizio nell’ attenzione totale. Il giudizio attiene la concentrazione.

    La capacità attentiva genera una mente calma che lascia spazio al nuovo, allo stupore, all’intuizione.

    Cosa succede quando osserviamo un bambino che gioca con i Lego o con le costruzioni? 

    E’ completamente coinvolto mente, corpo, emozioni. 

    Qualsiasi persona, cosa possa passargli vicino non lo distoglie dal suo mondo. 

    E’ completamente in stato di flow.

    Quante volte riesci da adulto ad essere completamente in stato di flow?

    Ad essere mente, corpo ed emozioni sincronizzate all’unisono e presenti?

    In quali attività?

    Come attivi lo stato di flow nel tuo lavoro? 

    La capacità attentiva genera benessere, perchè attiva la nostra capacità di esserci, il nostro equilibrio. Questa e’ la questione !

    La distrazione è separazione dal Sé e genera stress

    La distrazione, di contro, è  un’interruzione dell’attenzione causata da qualche stimolo esterno o interno. Basta qualche oggetto o persona attorno a noi per catturare la nostra attenzione così da distrarci dal compito che altri o noi stessi ci eravamo assegnato. 

    Mentre stai leggendo questo articolo hai controllato la mail, e whatsapp? Il gruppo genitori, amici, ape 2021? 

    C’è un aggiornamento, una nuova serie, e poi Facebook, Instagram, un like. Messaggi? Chiamate non risposte? Invitation? Aggiornamenti sulla situazione attuale? Aspetta, cosa?

    Questi siamo noi. 

    La nostra capacità attentiva è messe a dura prova e la naturale capacità di un soggetto di passare da un focus all’altro, quando la situazione lo richiede ( shifting dell’attenzione) è schiacciata sotto una quantità di input che si susseguono a velocità 

    L’atto di prestare attenzione è molto interessante.

    Se ci osserviamo nel momento in cui poniamo attenzione intensamente su qualcosa, ci rendiamo conto che in quell’istante non ci sono parole nella nostra testa. Appena sopraggiunge un pensiero, l’attenzione svanisce. 

    Tutto ciò ci fa pensare che “prestare attenzione” e “pensare” sono 2 attività spesso incompatibili: o l’una o l’altra.

    Herbert Simon, economista, psicologo e informatico statunitense scriveva nel 1971

    «Ciò di cui si nutrono le informazioni è abbastanza ovvio: l’attenzione dei loro destinatari; da questo deriva che l’abbondanza di informazioni provoca una povertà di attenzione»

    Quindi + contenuti mentali – attenzione= stress

    Quali sono i vantaggi della capacità attentiva ?

    Vediamone alcuni :

    • efficienza ed efficacia operativa: l’ attenzione stabile ci permette di dedicarci al 100% all’ attività che stiamo svolgendo e di entrare in stato di flow ( vedi esempio di prima del bambino con i Lego) 
    • migliora le nostre relazioni interpersonali. Quando siamo attenti, ci siamo, siamo presenti e la qualità della nostra relazione migliora sicuramente.
    • attiva  la contemplazione: non ha nulla a che fare con retaggi religiosi. La contemplazione apre le porte allo stupore, alla meraviglia e a quella parte ormai nascosta di ognuno di noi che ha a che fare con il nostro “ bambino interiore! Amplifica il nostro essere nel mondo e del mondo.
    • impariamo ad osservare meglio noi stessi e, di conseguenza, gli altri.
    • osserviamo le nostre emozioni, cosa ci dice il nostro corpo,quali sono i nostri pensieri.

    La responsabilità per migliorare la capacità attentiva ricade (sempre) su noi.

    Abbiamo visto che per generarla, dobbiamo pensarci e viverci come un unicum tra mente corpo ed emozioni.

    Sappiamo che il legame fra loro è unico e indissolubile, ed esteso all’ambiente che ci circonda, fino ad arrivare al TUTTO.

    Che il pensiero ha una sua capacità generativa. (di generatività ne abbiamo parlato qui e qui). 

    Sviluppare capacità attentiva significa sostenere  e direzionare la nostra mente, attivando una parte determinante del processo messo in atto: la capacità/ volontà di fare focus, di ottenere, di imparare, di concentrarci.

    Fare focus = mettere a fuoco = chiarire = portare luce in un punto.

    La nostra luce è la nostra energia vitale. 

    Quello che ci rende vivi, che ci muove nello spazio, che ci eleva nello spirito, che ci fa uscire dal buio riconoscendolo, non negandolo. Accogliendolo ma separandocene perchè questa è la nostra funzione. Essere luminosi. Fare luce su.., dare luce a… Creare.

    Le vie per l’allenamento sono diverse e rientrano in un approccio sistemico e consapevole che parte da noi per espandersi al nostro esterno.

    Alla famiglia, gli affetti, il lavoro, l’azienda, l’ambiente.

    L’ attenzione è virtù necessaria.

    E’ con il supporto dell’attenzione che possiamo scegliere, eliminare, alleggerirci per poi arrivare all’essenziale.

    Nel Mahabharata si racconta che un Maestro chiede al discepolo di tirare una freccia ad un uccello su un albero.  

    “Che cosa vedi?”

    “Vedo l’albero, il ramo, l’uccello”, risponde il discepolo.

    “Non tirare. Guarda meglio”, gli dice il Maestro. 

    “Che cosa vedi?”

    “Vedo il ramo, vedo l’uccello”.

    “Guarda meglio”, gli dice il Maestro.

    “Vedo l’uccello”.

    “Guarda bene”.

    “Vedo l’occhio dell’uccello”.

    “Adesso puoi tirare”.

    Fare focus è consapevolezza nel direzionare lo sguardo. 

    E’ vedere e poi accettare chi, o cosa, lasciamo entrare nella nostra vita: paure, ansie, depressioni, crisi oppure opportunità, stimoli, nuove prospettive e stati evolutivi.

    I 4 pillars del metodo Energyogant  di myHARA offrono indicazioni e tecniche per migliorare la propria  capacità attentiva: 

    MINDFULNESS – PRANAYAMA – ASANA

    Nella sfera privata come il quella lavorativa i piani di consapevolezza si affrontano separatamente ma si vivono uniti.

    La pratica è semplice, non necessariamente facile, ma sicuramente efficace al raggiungimento degli obiettivi che ognuno di noi si prefigge e funzionale all’ apprendimento personale.

    1. MINDFULNESS – Accettazione e non giudizio 

    E’ l’attitudine che si coltiva attraverso l’attenzione totale per arrivare alla mente meditativa. Una modalità di prestare attenzione, momento per momento, a ciò che succede senza farsene travolgere. Osservare, come in terza persona, senza sottrarre energia attenzionale al nostro scopo.

    1. PRANAYAMA – Controllo dell’energia 

    Letteralmente espansione del Prana ovvero della propria energia vitale. Il Pranayama concerne tutte le pratiche legate alla respirazione che insegnano a controllare il flusso energetico vitale . La pratica genera la connessione tra respiro, mente ed emozioni e ci rende consapevoli degli aspetti più sottili del nostro essere (livelli energetici).

    1. ASANA  – Stabilità del corpo

    Sono posture statiche, che ricordano elementi della natura, forme geometriche, o oggetti comuni. Si praticano per promuovere uno stato meditativo della mente, in cui l’attenzione totale si fa silente ed emerge la forza e l’energia sottile del corpo.

    L’ottenimento dei risultati è un movimento, non un punto fisso su una linea temporale. Uno stato di  equilibrio in divenire, che si perde e si ritrova.Quello che lo rende tale è la nostra volontà nel ricercarlo, non la sua manifestazione oggettiva.

    Il risultato una volta raggiunto, con impegno, e celebrato, con gratitudine,  si può accogliere come esperienza, e non come mero successo egoico, e come tale trasformarlo in nuova energia vitale a supporto del prossimo punto di focus.

    Tutto senza sforzo.

    “La suprema condotta e’ assenza di sforzo” Naropa

    La capacità attentiva e la concentrazione emergono nella migliore espressione quando in noi vi è armonia tra la nostra energia maschile di determinazione e focus con la nostra energia femminile di accoglimento e visione, riconoscendo ciò che è e agendo in stato di flow. 

    ESERCIZIO N. 1

    meditazione Trataka

    Posiziona una candela di fronte a te, ad una distanza di 70-80 cm

    Siediti in una posizione comoda con la schiena dritta e i piedi ben radicati a terra. Concentrati sul punto più luminoso della fiamma e comincia a fissarlo. 

    Quando te la senti, chiudi gli occhi e focalizza l’immagine che vedi: il riflesso della fiamma sulla retina. 

    Continua a concentrare il tuo sguardo e non lasciare che i pensieri esterni interferiscono con questo momento.

    Quando l’immagine sparisce, aprì nuovamente gli occhi e fissa un’altra volta la fiamma. 

    Ripeti questo procedimento per circa 20-25 minuti.

    Col tempo e con l’esperienza, la meditazione Trataka diventerà sempre più utile per liberare la tua mente, fare spazio tra i pensieri e migliorare la tua attenzione.

    Esercizio n. 2 Tecnica del mandarino

    Grazie a questa tecnica potrai:

    • aumentare il tuo coordinamento (molto utile nella pratica sportiva);
    • migliorare la tua memoria;
    • trovare la concentrazione;
    • aumentare la tua creatività.
    • Immagina di stringere in mano un mandarino immaginario
    • Concentrati sui dettagli: immagina la consistenza del mandarino, il suo odore, il suo peso, la sua temperatura.
    • Passa il mandarino da una mano all’altra, saggiandone ogni piccola sfumatura.
    • Ora afferra il mandarino con la tua mano destra (la sinistra per i mancini!) e portalo a toccare la parte posteriore della tua testa. Lascia il mandarino in questa posizione: è un mandarino magico, non preoccuparti non cadrà.
    • Chiudi gli occhi e lascia che il mandarino galleggi in equilibrio là dove lo hai lasciato. Concentrati sul tuo stato fisico e mentale. Probabilmente ti sentirai rilassato ma concentrato allo stesso tempo.
    • Sempre con gli occhi chiusi immagina che il tuo campo visivo si espanda e riesca ad abbracciare tutto ciò che ti circonda.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.