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    JOMO in azienda: la gioia di perdersi qualcosa per ottenere il meglio

    Quando la paura di perdersi qualcosa, si sostituisce con la gioia di perdersi (JOMO) per ritrovarsi?

    Ultimamente mi capita spesso di oscillare tra questi due stati emotivi. 

    Sono curiosa e appassionata per natura, da ragazza raccoglievo qualsiasi volantino trovavo per strada o in cassetta postale, accumulandosi sulla scrivania, convinta ci fosse sempre qualcosa di interessante da scoprire o qualche opportunità da cogliere.

    Magari velocemente, ma riuscivo sempre a leggerli tutti ed inevitabilmente tre quarti venivano cestinati.

    Sono cresciuta con l’amore per lo studio e la convinzione di essere sempre allieva di qualcuno.

    Ho sempre vissuto con questo afflato, considerandolo anche una mia qualità.

    Ma oggi come un boomerang, se non sono centrata e attenta, tutto ciò scatena in me un senso di bulimia, a volte quasi compulsiva.

    Non avrei mai pensato che questo oggi potesse anche trasformarsi nel male di vivere.

    L’iperstimolazione schizofrenica in termini di contenuti webinar, e-book da scaricare, informazioni gratuite ecc., a cui siamo soggetti, mette a dura prova la nostra capacità attentiva, la nostra concentrazione, ma anche il senso del valore e del rispetto, in altre parole il nostro benessere psico-fisico-emotivo.

    La paura di non essere abbastanza o la paura di perdersi sempre qualcosa (definita più semplicemente FOMO (fear of missing out) oggi in particolare, sia in azienda, che nella vita privata, ha assunto proporzioni disumane, sia in termini di diffusione endemica, sia in termini di disagio personale. 

    Tanto da essere diventata uno dei più reali nuclei di sofferenza.

    Se sostituissimo alla FOMO un nuovo atteggiamento?

    Nell’era degli acronimi si parla di  J.O.M.O. (Joy of missing out) che è la gioia di perdersi qualcosa ed accettare la realtà. 

    Nelle tradizioni orientali millenarie si è sempre parlato di accogliere ciò che è, di vivere nella presenza per imparare a sentire non solo ciò che siamo, ma essere focalizzati sul senso e sulla direzione del nostro essere qui su questa terra, senza farci distrarre dalle sirene incantatrici. 

    In fondo nulla è cambiato nell’essere umano. Che risponde allo stesso modo alle aspettative esterne, provando a conformarsi per essere accettato.

    Laddove però gli standard sono eccessivi, per non dire impossibili, nonché trasformati da una logica “perversa” di un mercato impazzito, il senso di inadeguatezza raggiunge livelli di insostenibilità. 

    A tal punto da portare allo sviluppo di  un modus vivendi generalizzato caratterizzato da alti livelli di ansia da prestazione.

    Si tratta in questo caso di cose immateriali come contenuti, notizie, aggiornamenti, che abbiamo paura di perdere!

    Il timore principale è quello di rimanere tagliati fuori, di restare indietro.

    Ogni volta che perdiamo qualcosa siamo pervasi da emozioni negative come la sconfitta, la frustrazione, l’amarezza. 

    In cosa consiste la F.O.M.O. e come trasformarla in JOMO?

    E’ una forma di dipendenza ed indica una confusione psicologica dovuta ad una scarsa capacità di concentrazione e di insicurezza personale. 

    Una condizione psicologica creata, per lo più, da una bassa autostima  e da “un’eccessiva paura di essere tagliati fuori”. Lo smart working ha accentuato questa sindrome, proprio perché siamo sommersi da proposte on line, che ci arrivano costantemente, a cui dedichiamo pochissima attenzione, perché stiamo facendo altro. 

    Ma inevitabilmente siamo avviluppati in un vortice che, se non governiamo, ci assorbe e ci prosciuga.

    Oggi puoi imparare tutto, ovunque e in poco tempo.

    A quanti webinar / corsi ti sei iscritto nell’ultimo mese?

    E a quanti hai partecipato?

    Cosa si nasconde dietro questo comportamento? 

    Viviamo come consumatori seriali di contenuti digitali, ci iscriviamo a moltissime iniziative, spinti dalla voglia istintiva di conoscere, bramosi di non perderci nulla, ma di fatto poi non siamo in grado di partecipare, scarichiamo gratuitamente moltissimi e-book e non riusciamo mai a leggerli.

    Facciamo come i pesci rossi: ci voltiamo alla presenza di qualcosa che appare interessante, ma poi cambiamo subito direzione perché distratti da altro, senza portare a termine quanto intrapreso.

    Di fatto oggi i contenuti online soffrono un altissimo tasso di abbandono.

    Il tempo di permanenza delle persone su di essi è uno dei valori che contribuisce a determinare l’engagement ma, secondo un’indagine di Beckon solo il 5% dei messaggi riesce ad avere un tasso di coinvolgimento del 90%. 

    Nell’era della distrazione, la concentrazione delle persone è talmente fragile che abbandonare è diventata un’abitudine.

    Quali paure si nascondono dietro questi comportamenti che ci allontanano dallo stato JOMO?

    Personalmente credo ci siano 3 paure principali:

    • Paura di non essere importanti, di non essere visti: spesso queste paure hanno a che fare con la nostra vita infantile, quando da bambini facevamo di tutto per attirare l’attenzione e l’amore dei nostri genitori.
    • Paura di essere incompetenti, di non essere mai abbastanza: quando ricerchiamo questa sensazione di competenza e ne valutiamo il livello personale, mettiamo automaticamente in dubbio le nostre capacità.
    • Paura di non essere amabili, degni di amore: sorge dalla necessità di sentirsi apprezzati e ben voluti perché si è soliti affidare all’esterno il senso del proprio valore. Se gli altri non mi apprezzano, non valgo.

    Per chiunque è difficile vivere con sentimenti di insicurezza, e la nostra psiche è abilissima nel creare meccanismi di difesa, il cui scopo principale è la protezione e la sopravvivenza.

    Se ci impegniamo a modificare le nostre abitudini in vista degli obiettivi che vogliamo raggiungere, possiamo riuscire a organizzare meglio le nostre attività, a essere più produttivi e a godere di quel senso di soddisfazione che ci fa sentire appagati a fine giornata. 

    Gestire il proprio tempo significa gestire la propria vita.

    La voglia di conoscere deve essere supportata dalla volontà di concentrarsi.

    Nell’ultimo articolo abbiamo sottolineato come imparare sia un bisogno primario a sostegno dello sviluppo umano.

    “E’ l’unica cosa che la mente non riesca mai ad esaurire, mai ad alienare, mai a esserne torturata, mai a temere o a diffidare, mai a sognarsi di essersene pentita.”

    Avere una forte motivazione personale che ci spinge ad un miglioramento di noi stessi è una buona cosa.

    Una persona interessata alla vita, alle proprie passioni, al proprio benessere, è una persona che favorisce la crescita di chi le sta intorno, anche in ambito lavorativo.

    Nell’articolo abbiamo parlato di motivazione e disciplina. 

    La disciplina è la differenza tra tu che vivi una vita che non ti piace, e tu che vivi i tuoi sogni. 

    E’ la differenza tra chi sei e chi sarai. 

    La disciplina è l’alleata necessaria alla motivazione e all’azione.

    Armonizzare questi tre aspetti di ognuno di noi ci aiuta a stare bene, ad essere vitali e presenti.

    La motivazione ci spinge, l’azione ci muove e la disciplina ci dà lo strumento  spazio – tempo per crescere in quell’azione.

    Ognuno di noi suppone di avere chiara la visione di sé. Ma forse non è sempre così.

    La consapevolezza di chi siamo e di dove vogliamo andare ci permette di navigare nel mare magnum della Rete, verso contenuti che hanno valore per noi.

    La tendenza alla velocità, a voler fare tutto per sentirci completi, equilibrati e in pace con noi stessi ci sta portando nella direzione opposta, cioè a non fare nulla, impedendoci di definire delle priorità. 

    Di fronte a stimoli apparentemente uguali (il bisogno di fare una passeggiata, di tenerci informati, di coltivare le relazioni interpersonali) non riusciamo più a scegliere e finiamo esattamente così, come l’asino di Buridano:

    «Un asino affamato e assetato è accovacciato esattamente tra due mucchi di fieno con, vicino a ognuno, un secchio d’acqua, ma non c’è niente che lo determini ad andare da una parte piuttosto che dall’altra. Perciò, resta fermo e muore.»

    Pur di non scegliere, l’asino di Buridano è morto sia di fame che di sete.

    Lo stai facendo anche tu?

    Riprenderci il nostro tempo vuol dire agire con lentezza, fare meno cose, più lentamente, concentrandosi davvero solo su quello che stiamo facendo qui e ora senza il solito timore di perdere qualcos’altro. 

    E, allo stesso modo in cui ricaviamo spazi sufficienti a incastrare mille impegni in un solo giorno, dovremmo trovare anche il tempo per non fare nulla

    Senza aver paura di perdere.

    Perché per vincere il tempo, forse bisogna perderne un po’.

    Come coltivare la JOMO in azienda e nella vita privata per migliorare il nostro benessere

    1 – Accettare la realtà per quello che è. La prima cosa da fare per gioire del perdersi le sterminate opportunità è comprendere che non si può essere in due posti nello stesso tempo. La verità è che esistono troppi posti da vedere, cibi da assaporare, attività da fare.

    Se tentassimo di fare tutto, otterremo solo la frustrazione di non riuscirci.

    Accettare la realtà per ciò che è non ha nulla a che fare con essere passivi, ma tutt’altro significa stare nel flusso delle cose e fare del nostro meglio, senza giudizio e conflitto ma con flessibilità e accoglienza.

    2- Scoprire cosa è davvero importante per noi.

    Dopo aver capito che non si può provare tutto, il passo successivo è quello di decidere cosa si vuole provare davvero. Può essere utile creare una lista di priorità.

    Quali sono le esperienze più importanti per noi?  Se doveste eliminare qualche abitudine a quale rinuncereste per prima? Non importa ciò che pensano o vogliono gli altri. 

    E’ un atto di onestà con se stessi.

    3- Imparare a dire di no, quando non si vuole o non si può accettare un impegno. Per paura di ciò che gli altri pensano, per imbarazzo o scarsa autostima, ci ritroviamo in situazioni che spesso non ci piacciono. Imparare a dare valore alle nostre scelte, ci permette più facilmente di dire di “no” a tutto il resto.

    4- Sviluppare la contemplazione. Implica attenzione. Si raggiunge con un abbandono, che scatta dopo l’osservazione ( esempio davanti ad un’alba o un tramonto); provoca stupore, sorpresa, che genera gusto per la vita.  Ci possiamo stupire e meravigliare anche di piccoli altri dettagli della nostra quotidianità, se solo ci accorgiamo.

    5- Mindfulness. E’ una pratica che prevede un alto livello di concentrazione della mente e che può generare un benessere psicofisico della persona, perché ci allena a portare l’attenzione da fuori a dentro semplicemente.

    Nello stato di JOMO la solitudine diventa piacere, la capacità di gradire il tempo passato da soli, isolandosi volontariamente da tutto, soprattutto dallo smartphone e dal computer, per coltivare una dimensione più intima con se stessi, rigenerarsi e tornare nutriti, intuitivi e grati.

    Sapere cosa ci disturba è il migliore indicatore verso ciò che ci completa.

    Allora l’azione non sarà paura di “non sapere” di “rimanere indietro” di non colmare il vuoto con tutto quello che ci offrono, ma diventerà ricerca consapevole di approfondimento di ciò che è giusto per noi, per la nostra crescita personale, per il nostro miglioramento lavorativo.

    La paura di non essere, diventerà il piacere di riconoscersi in ciò che siamo, nelle cose che ci assomigliano, che ci sfidano, che ci illuminano.

    Quale è, a livello aziendale ,la strada per sostenere questa ricerca?

    I 4 indicatori del BSU (Benessere e Sviluppo Umano) in azienda è uno strumento immediato che ti mettiamo gratuitamente a disposizione per orientarti meglio, o semplicemente per avere più consapevolezza sullo stato di benessere attuale della tua azienda.  

    Se vuoi trasformare il benessere organizzativo e lo sviluppo umano delle tue persone nella risorsa più importante per il successo del tuo business è possibile attivare un confronto condiviso: questo è il primo passo che possiamo fare insieme, a costo zero.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Intelligenza creativa: il meglio è nemico del bene

    Voltaire, in Candido, afferma: “il meglio è nemico del bene”.

    Viviamo in un mondo dominato dalla ricerca della perfezione. 

    In ufficio le prestazioni perfette sono l’apogeo – per molti, la vera e propria definizione del successo. 

    Eppure, come scopre Candido, c’è un difetto intrinseco in questa logica. 

    Perché la perfezione è uno standard che non si può mai raggiungere e in definitiva non offre altro che infelicità per chi la ricerca.

    A tal proposito consiglio il libro Nessuno ci chiede di essere perfetti nemmeno Dio di di Harold S. Kushner 

    Alcuni studi di Thomas Curran, Andrew Hill “ Perfectionism and burn-out are close friends – best avoid them” hanno identificato perché il perfezionismo sia tanto diffuso quanto problematico sul posto di lavoro.

    Il lavoro è generalmente centrato sulla prestazione – e una scarsa prestazione implica costi significativi che, nel caso peggiore, determinano licenziamenti. 

    Quando il perfezionismo è alimentato da una pressione simile, i risultati della prestazione, invece che una motivazione, sono fonte di grave stress. 

    Un’altra spiegazione per lo stretto legame tra perfezionismo e burnout sul lavoro è da ricercare nei momenti in cui, come quello attuale, le opportunità di cambiare lavoro o avanzare nella carriera sono limitate. 

    Questa incapacità di sottrarsi ad un ambiente di lavoro sempre più stressante e meno piacevole, può determinare nei perfezionisti il burnout.

    E’ importante quindi chiarire che la perfezione non è un criterio per il successo. 

    Invece la disciplina, la flessibilità, la perseveranza, la curiosità sono qualità di gran lunga migliori del perfezionismo. 

    Come società tendiamo a portare in alto il perfezionismo come segno di virtù, di realizzazione. 

    Eppure la storia del Candido di Voltaire è eloquente: la perfezione è elusiva quanto accattivante. 

    Concentrarsi su l’impeccabilità in definitiva è controproducente.

    Per coltivare le potenzialità accennate, occorre comprendere meglio come l’intelligenza creativa attiva la nostra energia e il nostro benessere.

    Cos’è l’intelligenza creativa 

    L’ intelligenza creativa è inclusiva e ha a che fare con l’intelligenza emotiva, l’intelligenza cognitiva e l’intelligenza fisica.

    Nietzsche diceva: ”non mi fido di quei pensieri che non siano nati all’aria aperta, non mi fido di quei pensieri che non siano una festa anche per i muscoli “.

    E’ una caratteristica innata di ogni uomo. 

    Ci contraddistingue come persona umana. 

    Tutti siamo creativi, a patto di voler entrare in contatto con questa nostra potenzialità.

    L’intelligenza creativa è l’insieme che appartiene al tutto che è ben oltre la somma delle parti. 

    Quando c’è armonia tra il mio pensiero cognitivo, emotivo e la vitalità del corpo, la pienezza e il successo del risultato possono andare ben oltre l’immaginato. 

    Ha a che fare con l’intuizione e il coraggio.

    Ciò presuppone un distacco dalla “norma” e un’apertura al dialogo interno, in primis con se stessi. Imporre delle regole non porta al cambiamento.

    • Cosa devo sapere su ciò che mi limita ?
    • Cosa devo “guarire” perché il nuovo possa uscire?
    • Come posso esprimere sempre il meglio a favore del bene ?
    • In che modo il lavoro su di Sé’ coincide, si incastra con il modello aziendale ?

    Il business model competitivo e machista continua ad essere basato su  performance,competitività e la tensione è sempre solo rivolta all’eccellenza e alla velocità.

    Il mercato è competitivo, dobbiamo anticipare il mercato ed essere leader.

    Tutti siamo leader.

    Conoscete qualche azienda che sul proprio sito non abbia scritto “ leader di mercato”?

    E’ una tensione continua e pressante ad essere il migliore, a dare il meglio.

    Ed è utopico non vivere l’ansia da prestazione.

    Ma un conto è fare meglio ciò che ciascuno di noi sa fare, un conto è essere il migliore se non corrisponde a ciò che sappiamo e vogliamo fare.

    L’intelligenza creativa, finalizzata al bene, genera successo garantito

    SVANTAGGI < Che vantaggi abbiamo a  focalizzarci esclusivamente sui nostri obiettivi e risultati individuali? 

    Probabilmente la garanzia di un benessere economico (siamo così sicuri oggi ?) una crescita di carriera, il rafforzamento di sicurezze materiali, case, macchine, vacanze.

    Ma a che prezzo?

    Un costante stato di tensione, ansia, stress, contrazioni muscolari, insonnia, bruciori di stomaco.

    Una vita spesa a lavorare in smart working, dove c’è molto working e poco smart.

    Cosa perderemmo se ci togliessimo un po’ del “nostro fare sempre il meglio” per far sostenere e innalzare coloro che stanno solo “facendo sempre bene” o per permettere, a chi non lo sta facendo, di farne almeno un pò?

    Probabilmente perderemo un po’ di: 

    visibilità, rafforzamento della nostra parte egoica che ha bisogno di sentirsi “ speciale”, crescita economica.

    Ma non credo che tutto ciò minerebbe la nostra sicurezza. Anzi.

    E’ indiscutibile che per restare sul mercato e rispondere sempre meglio alle necessità o addirittura anticiparle, dobbiamo dare il meglio.

    Ma il meglio lo dobbiamo dare come persone di senso.

    Il senso è quello che dà significato e forza a ciò che facciamo e al perchè lo facciamo.

    Il mercato infatti lo fanno la bravura, il tempo, il servizio, l’intenzione e l’informazione.

    Nel mettere a servizio il nostro meglio emergono meno “punte di diamante” ma aumenta il livello generale di bene aziendale, che si traduce in successo.

    Un po’ effetto marea, il livello si alza.

    VANTAGGI< Che vantaggi  trae il singolo a cui viene chiesto di mettere il meglio a servizio del bene collettivo? 

    Innumerevoli:

    • maggiore compartecipazione
    • allentamento della tensione, ansia stress
    • comprensione del valore della condivisione
    • nessuno è perfetto
    • integrare le proprie imperfezioni
    • alzare il senso di responsabilità comune 
    • maggiore successo per tutti
    • essere leader veri e cioè guide, ispiratori per far emergere il meglio da ognuno
    • dare ed ottenere fiducia

    Ecco come l’intelligenza creativa implica diversità ed inclusione: accoglienza delle nostre diverse forme di intelligenza ed inclusione del concetto di servizio come human skill che genera business. Qui un approfondimento.

    Come esprimere l’intelligenza creativa?

    L’intelligenza creativa è la capacità naturale (cioè che ci è data per natura umana) di attivare il pensiero nella direzione di una nuova creazione attraverso connessioni tra il nostro sentire, esperienze pregresse, informazioni date, acquisite o acquisibili, e scambio delle stesse con il nostro contesto di azione.

    Il nostro cervello è già “programmato” per creare meraviglia. 

    Il nostro pensiero fa da antenna trasmittente/ricevente. 

    Il nostro corpo porta l’azione nel mondo reale.

    Il nuovo, in questa accezione, assume una diversa identità staccandosi dalla stretta interpretazione di unico e inimitabile, e si distende al senso di cosa fatta, manifestata da poco.

    Etimologicamente le parola “diverso” e “divertente”, strettamente legate all’esplorazione della nostra intelligenza creativa, hanno la stessa radice.

    Divertire dal latino divertere, part.pass. di “diversus”, volgere altrove in direzione opposta.

    Entrare in contatto con il nuovo e il diverso implica anche il rischio di sbagliare, addirittura di fare figuracce.

    Accettare l’imperfezione e entrare in contatto con il giudice severo interiore che ognuno di noi ha è il primo passo per attivare la nostra intelligenza creativa.

    L’intelligenza creativa diventa strumento sostanziale per un nuovo umanesimo in azienda e per la nuova espressione di leadership che deve essere sempre più a servizio, inclusiva e trasversale.

    Dal meglio per te, al bene per l’azienda: connessioni intelligenti tra creatività e azione

    Una sorta di espansione a favore del gruppo, non solo nell’intento del soggetto in prima linea, ma come reale effetto che si sostanzia nel percepito di tutti i collaboratori. Una crescita a tutto tondo.

    Abbiamo parlato qui dell’atto creativo in azienda

    Creare in azienda significa principalmente apportare valore nella ricerca di equilibrio tra gravità e leggerezza connettendosi, ancora una volta, alla totalità dell’individuo e puntando al suo bilanciamento per sostenere il suo slancio creativo.

    Il meglio del singolo dovrebbe essere resettato a favore della crescita simultanea: il superamento del valore della conquista per raggiungere l’identità aziendale a tutto tondo.

    Ecco alcuni spunti di condivisione in tal senso:

    • dare valore al singolo, che agisce in funzione di tutta l’azienda
    • avere il coraggio di abbassare la soglia di competitività a favore di un più elevato grado di collaborazione
    • sostenere il benessere ( valore collettivo) a favore del meglio ( valore individuale)
    • informare sulla possibilità di attivazione del proprio maschile e femminile alla ricerca di un balance comportamentale e di azione che favorisca un riequilibrio di forze nei collaboratori.

    Tutti siamo creativi

    Intanto ricordiamo sempre che l’intelligenza creativa non va intesa come espressività artistica. Essere artisti vuol dire essere creativi, ma non tutti i creativi sono artisti.

    L’intelligenza creativa  presuppone

    • fiducia in se stessi
    • fede nel valore della nostra esistenza
    • gioia nel ricevere e nel dare
    • leggerezza nelle aspettative
    • libertà di pensiero

    Anche persone molto creative, non riescono ad essere creative in ogni cosa e in ogni momento. Come mai?

    L’intelligenza creativa per funzionare al meglio ha bisogno di tre fondamentali elementi:

    • L’esperienza nel campo
    • L’abitudine alla creatività
    • La passione

    Il primo elemento necessario è quello di essere esperti in un particolare ambito. Non è possibile essere creativi se non si conosce bene l’argomento.

    Mozart aveva talento, ma se nessuno gli avesse insegnato la musica, non avrebbe mai potuto esprimerlo pienamente.

    Il secondo elemento è di avere fiducia nella propria creatività tanto da farne una abitudine. Qui subentra l’utilità di allenarsi continuamente alla creatività.

    Ci sono parecchi modi per tenersi costantemente in allenamento. A partire da quelli più semplici, come ad esempio cercare di essere meno abitudinari.

    I migliori risultati creativi si ottengono quando è presente la passione.

    Se c’è passione per un particolare ambito, ti impegni per il piacere di farlo. 

    Una forte passione può compensare un talento non elevato e permettere ottimi risultati. È proprio la passione che permette di essere costante e di persistere anche quando i risultati si fanno attendere.

    Il colpo di genio creativo non avviene infatti senza impegno ed intento.

    L’intelligenza creativa ci fornisce strumenti concreti per distribuire il meglio a favore del bene, e vivere l’azienda in piena espressione di Sé nella ricerca di senso.

    Non esiste innovazione senza intelligenza creativa. 

    Trasforma il benessere organizzativo e lo sviluppo umano delle tue persone nella risorsa più importante per il successo del tuo business.

    Un confronto condiviso è il primo passo che possiamo fare insieme, a costo zero.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Il mal di testa dopo lavoro e i cali di energia fisica, mentale ed emotiva

    mal-di-testa-dopo-lavoro-myhara

    Chi non ha mai sofferto, almeno una volta nella vita, di un fastidioso mal di testa dopo lavoro scagli la prima pietra.

    Da una ricerca dell’Unità di Medicina del Lavoro dell’IRCCS Fondazione Maugeri di Pavia, pubblicata sul Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, risulta che il mal di testa, o cefalea, colpisce mediamente 1 italiano su 4 conseguente il lavoro.

    Il mal di testa dopo lavoro colpisce il 25 percento della popolazione, tra i 25 e i 55 anni, in particolare le donne (1 su 5 contro il 6 percento degli uomini). 

    Si stima che il 15% dei lavoratori torni a casa e/o si assenti dal lavoro.

    Il calo della produttività è calcolato circa il 35%, con un impatto di circa 420 euro a testa di perdite economiche da mal di testa (la sola emicrania in Europa costa ogni anno ben 27 bilioni di euro).

    Questi alcuni tra gli studi più recenti.

    Si considera il mal di testa come uno dei disturbi più diffusi e  complessi da diagnosticare e, se per alcuni si tratta di un episodio sporadico, per altri è una presenza costante nella quotidianità, che spesso costringe chi ne soffre a fare ricorso a farmaci specifici, che a lungo andare perdono di efficacia causa l’assuefazione stessa del corpo fisico.

    Cos’è il mal di testa dopo lavoro e che ripercussioni ha sulla nostra energia?

    Mal di testa è un’espressione generica con cui si identificano vari tipi di cefalee..

    I principali sono:

    • l’emicrania, che è la forma più comune ed è caratterizzata dalla famosa sensazione della testa che scoppia; può durare da poche ore a qualche giorno, 
    • la cefalea tensiva, che è dovuta alla protratta contrazione dei muscoli di collo e spalle
    • la cefalea a grappolo, che è la più rara e ostica,caratterizzata da dolori violenti nella zona frontale e orbitale che si manifestano in orari tendenzialmente fissi.
    • la cefalea cervicale, che deriva da problemi legati alle vertebre cervicali.
    • Il mal di testa è sempre correlato anche ad una componente emotiva: ansia, depressione, situazioni di stress prolungato possono facilmente alterare l’attività elettrica e la biochimica del cervello, influendo sui vasi sanguigni, che prima si costringono e poi si dilatano, scatenando il dolore.

    Le cause del mal di testa dopo lavoro sono molteplici e tra le principali troviamo:

    • stress fisico e/o psicologico
    • ansia
    • postura errata
    • disidratazione
    • alimentazione scorretta o intolleranze
    • cattiva digestione
    • costipazione
    • insonnia
    • squilibri ormonali legati al ciclo mestruale per le donne)

    Per quanto riguarda la postura correlata  al mal di testa dopo lavoro la sezione Cefalea e Dolore Facciale del dipartimento di Fisiopatologia Clinica e del CPO Piemonte dell’Azienda Ospedaliero Universitaria San Giovanni Battista – Molinette di Torino ha condotto uno studio su oltre 2.000 dipendenti del Comune di Torino. 

    I lavoratori pubblici del capoluogo piemontese sono stati divisi in 2 gruppi: a uno sono stati assegnati esercizi posturali da eseguire ogni 2 o 3 ore durante l’orario di lavoro e in parte anche a casa, nel tempo libero; gli altri hanno continuato con le precedenti abitudini. Se all’inizio del programma di esercizi posturali la media era di 7 giorni di mal di testa da ufficio al mese e 11 giorni di indolenzimento e dolori muscolari a collo e spalle, dopo i 7 mesi del programma di esercizi è stata riportata una riduzione del 34% dei giorni di mal di testa da ufficio e di dolori muscolari compreso il calo del 29% nel ricorso ad analgesici.

    Lo yoga, per esempio,  è una disciplina e uno stile di vita che, nel tempo, ha dimostrato avere numerosi effetti benefici sulle persone che soffrono di mal di testa dopo lavoro, a causa di un aumento della serotonina, la cui carenza è indicata tra le possibili cause del mal di testa localizzato.

    Uno studio su neurology.com, condotto da un team dell’All India Institute of Medical Sciences, coordinato da Rohit Bhatia, ha preso a campione un gruppo di volontari che soffriva di frequenti emicranie e che, per questo, assumevano dei farmaci regolarmente prescritti dai medici.

    Si trattava di 114 persone di età compresa tra 17 e 50 anni che soffrivano di mal di testa dalle 4 alle 14 volte su base mensile. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: yoga più farmaci, o solo farmaci.

    Il primo gruppo praticava yoga con un’insegnante 1 ora per 3 volte la settimana.

    Tutti i partecipanti all’esperimento hanno ottenuto miglioramenti nella gestione della frequenza e dell’intensità dell’emicrania, ma i partecipanti al gruppo yoga hanno riportato risultati significativamente migliori, ovvero una riduzione del 50% degli eventi mensili di emicrania, contro una riduzione del 12% di chi assumeva solo farmaci.

    Oltre ai farmaci, i partecipanti di entrambi i gruppi sono stati informati sui cambiamenti dello stile di vita che possono ridurre l’incidenza dell’emicrania, come dormire a sufficienza, mangiare sano ed esercitarsi.

    Il mal di testa dopo lavoro è un segnale per trasformare la propria energia 

    E’ importante cercare di avere chiaro qual è la natura del mal di testa che sentiamo, poiché spesso è causato da semplice disidratazione. 

    E’ sempre bene mantenere il corpo idratato (almeno 8 bicchieri al giorno lontani dai pasti e possibilmente di acqua tiepido/calda)

    Questo comporta entrare in ascolto dei messaggi che il nostro corpo ci manda.

    Esiste anche un altro approccio alla manifestazione dei disagi del corpo, in cui peraltro credo molto e da anni studio e approfondisco, ovvero quello secondo il quale ogni sintomo che il nostro corpo manifesta è un messaggio specifico che ci viene mandato per farci porre l’attenzione su un aspetto da accogliere e/o trasformare nella nostra vita e che richiede la nostra attenzione.

    Questo concetto lo descrive molto bene Claudia Rainville nel suo libro Ogni sintomo è un messaggio e descrive il mal di testa in questo modo:

    “Il mal di testa può avere svariate cause; può essere di breve durata, provocato da un’iperattività del pensiero o da un’eccessiva tensione, quando ad esempio ci mettiamo in testa di voler capire proprio tutto, cosa frequente fra gli studenti.

    Può accadere anche che ci ostiniamo a voler trovare da soli la soluzione di un problema piuttosto che chiedere aiuto al prossimo. A volte il dolore è così intenso da darci l’impressione che la testa stia per scoppiare: in questo caso, il mal di testa nasce quasi sempre da emozioni represse, trattenute.

    Chi soffre di mal di testa spesso ha sviluppato una tale capacità di controllo delle proprie emozioni da sentirsi spiazzato quando una di esse tenta di emergere: più cercano di soffocarla, più hanno mal di testa. 

    Ma se con dolcezza ed accoglienza, si lascia riaffiorare l’emozione, una volta liberata, il mal di testa scompare. Spesso è associato per lo più alla paura ed alla insicurezza.
    Che cosa mi rende insicuro o mi crea tensione?
    Di cosa ho paura?
    Ho difficoltà a esprimere i miei bisogni o le mie emozioni?
    Mi è già capitato di sentirmi minacciato?

    L’emicrania è un dolore acuto che colpisce solo un lato della testa. 

    Si presenta con crisi accompagnate da nausea e, a volte, da vomito. Le emicranie sono la manifestazione di un surplus emotivo rispetto a una situazione in cui ci siamo sentiti costretti o minacciati.”

    Il corpo è l’amico sincero, come sostiene Winkler Volker, la mente mente, il corpo mai.

    Eppure trascorriamo le nostre giornate, affidando alla nostra mente e ai nostri pensieri la responsabilità dei nostri successi e soddisfazioni.

    Attraverso i nostri pensieri, per lo più frutto di credenze ben radicate che ci portiamo appresso da anni, gestiamo la nostra vita e le nostre scelte.

    Eppure, come sostiene anche Daniel Kahneman nel libro “Pensieri lenti, pensieri veloci” il 95% delle nostre decisioni, anche se ben ponderate, non sono frutto di scelte razionali.

    Il modo in cui una persona elabora concetti ed emozioni può influire in modo significativo sul mal di testa dopo lavoro.

    Eppure, per compiere queste elaborazioni mentali, noi utilizziamo il cervello e i suoi neuroni: com’è possibile che il modo in cui lo utilizziamo non influenzi la sua salute? 

    Sarebbe come dire che il modo in cui usiamo i nostri muscoli non influisce sul loro stato fisico.

    Se dunque soffriamo di mal di testa, probabilmente un buon modo di guarire potrebbe essere un cambiamento nel modo di “usare la testa”. 

    Ogni cefalea va ovviamente valutata singolarmente e da competenze diverse dalla mia, ma ci sono comunque riflessioni trasversali che riguardano in particolar modo il sistema energetico e la nostra relazione con il controllo, il perfezionismo e la rigidità.

    L’origine del mal di testa dopo lavoro

    Il mal di testa non colpisce a caso: quando si cronicizza tende a scegliere le sue “vittime” fra persone che hanno un’attività di pensiero ipersviluppata e che difficilmente riescono a staccare la spina e a far riposare la mente. 

    • Razionalità in eccesso
      “Penso, dunque sono”: potrebbe essere questo il motto di chi soffre di mal di testa. Non c’è nulla che, secondo lui, non debba cadere sotto il bisturi tagliente della razionalità. Ogni questione viene sottoposta a un’analisi impietosa e rigorosa: non si smette di pensare fino a quando non se ne viene a capo e tutto ciò non permette  di prendere in considerazione le cose anche in altro modo. 
    • Perfezionismo
      “Volere è potere: in ogni caso bisogna sempre dare il massimo”: questo è il motto del perfezionista. E chi soffre di mal di testa ha sempre l’asticella molto alta verso se stessi e verso gli altri. Ha un giudice interiore molto severo ed il giudizio altrui ha un peso significativo. La paura di sbagliare governa la sua energia e vitalità. Ogni gesto diventa una performance che finisce col perdere di vista l’obiettivo concreto e i desideri più elementari.
    • Formalismo
      Molto formale nei modi, il cefalalgico tiene a fare buona impressione sugli altri, si sente piuttosto a disagio quando è al centro dell’attenzione, preferisce passare inosservato e dare un’immagine di normalità. In genere giudica con poco favore ciò che è vistoso e diffida delle persone spontanee. Molto del suo formalismo è dovuto a un’educazione rigida che per lo più è molto lontana dal suo sentire e volere. 
    • Altruismo eccessivo
      Soffre di mal di testa chi non si tira mai indietro. La sua disponibilità nei confronti degli altri spesso però è guidata dal bisogno di controllo. Ecco perché buona parte dei suoi interventi o dei gesti di abnegazione, più che da una genuina disponibilità, nascono dal desiderio di fare le cose a suo modo. Vi è una tensione e una gran fatica nel voler tenere tutto sotto controllo. Perdere il controllo genera paura dell’ignoto e di non conoscere eventuali reazioni. Ma sia in uno nell’altro modo, per l’altruista eccessivo si tratta di tensione, che si ripercuote inevitabilmente in emicrania. 
    • Rancori accumulati
      Il passato è come un enorme archivio di “sospesi” esperienze, ricordi belli o brutti che siano si mettono via ma non si cancellano. Lo stesso vale per i torti subiti: chi soffre di mal di testa non lascia cadere, anzi, tende a essere piuttosto rancoroso. Difficilmente però riesce a esprimere ciò che sente: trattiene, salvo poi esplodere istintivamente. Spesso si sente vittima di torti subiti.

    Quando ci permettiamo di  entrare in confidenza con il nostro mal di testa ed accoglierlo, senza conflitto, chiedendogli cosa ci vuole comunicare, stiamo orientando tutta la nostra energia mentale, fisica, emotiva verso una trasformazione. Il nostro sistema cellulare si attiva e si crea un nuovo movimento. Questo  movimento porta  una ridistribuzione cellulare e di ossigeno in tutto il corpo e l’energia si vitalizza. 

    Come debellare il mal di testa dopo lavoro?

    Ogni cura per il mal di testa va accompagnata da un cambiamento mentale e psichico. Ci sono cefalee che beneficiano della capacità di esprimere le emozioni, altre dal ridurre l’eccessivo controllo, altre dalla risoluzione di conflitti interiori, altre ancora del lasciare più spazio alla creatività, all’istinto e all’intuizione. Non si può ottenere tutto velocemente perché il cervello è ancorato alla sua modalità di pensiero ma con pazienza si può sviluppare un atteggiamento mentale più lineare e scorrevole, portando netti miglioramenti alla sintomatologia.

    l mal di testa esprime sempre qualcosa di esistenziale e di importante. A volte può trattarsi semplicemente di energia repressa (fisica, sessuale, affettiva, creativa), a volte rivela la presenza di un vissuto interiore cui la persona non dà spazio, perché non può, non riesce o non sa che esiste. Un vissuto costituito da un conflitto importante che chiede di essere risolto o da una rabbia che ha assoluto bisogno di essere espressa ma non ci riesce.

    Spesso soffre di emicrania la persona istintiva, entusiasta, energica, ma suo malgrado compressa da schemi di razionalità e autocontrollo, imposti dalle regole e dal sistema aziendale, che la bloccano. 

    A soffrirne è la testa, cui tocca l’ingrato compito di raffreddare continuamente il “ fuoco” interno. 

    L’ipertrofia della ragione è quindi un meccanismo di difesa che un soggetto intelligente e dotato mette in atto per difendersi da “un incandescenza” emotiva che non sa come maneggiare e teme di lasciar fluire. Solo che la tattica non funziona e il mal di testa compare proprio per ricordarcelo.

    Alcuni suggerimenti per attenuare l’emicrania al lavoro

    • La respirazione consapevole che da atto involontario diviene volontaria implica un maggiore apporto di ossigeno in tutto il corpo, sino ai distretti periferici. Ci sono tecniche di controllo del respiro molto efficaci per sciogliere il mal di testa, sempre con la supervisione di una guida
    • Migliorare la propria postura, specie quando si è seduti in ufficio o in auto, evitando di curvare la colonna vertebrale
    • Durante il lavoro al computer far riposare la vista periodicamente, guardando fuori dalla finestra e mettendo a fuoco oggetti lontani;
    • Dormire regolarmente, garantirsi un sonno di qualità che deve rispettare i propri ritmi circadiani.
    • Un’alimentazione bilanciata tra frutta, verdura proteine e carboidrati. Osservarsi: quali cibi creano pesantezza, osservare le associazioni, i condimenti. Preferire cibi freschi e poco trattati

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    L’energia dei numeri UNO

    Percorso “Energia dei numeri uno” #1

    Come anticipatoti nella scorsa NL, in questi mesi myHARA ti proporrà un viaggio per entrare in contatto con la tua UNICITA’, osservarla, riconoscerla, esprimerla, mettendola a servizio di qualcosa di più grande, che è il TUTTO a cui appartieni e da cui non puoi prescindere.

    Come abbiamo vissuto e concepito sinora il modello aziendale, pur avendoci dato dei risultati, ha funzionato parzialmente. E’ il tempo di una vera e nuova modalità di essere e vivere l’azienda.

    Ecco perché crediamo che questi mesi siano un buon momento per approfondire alcuni strumenti atti ad allenare 3 deep skills fondamentali per affrontare e crescere nel cambiamento.

    3 “deep” skills irrinunciabili per la RI-NASCITA di questi mesi

    GENERATIVITA’ – LEADERSHIP TEAMWORKING

    Ri-Nascere implica essere generato, venire alla luce una seconda volta, implica un ripensamento e, come viene definito oggi, un “new normal”: tutto ciò che è nuovo implica una generatività.

    Generatività intesa come “dare vita”.

    Dare vita implica creatività, progettualità, inclusione, energia ed anche entusiasmo, motivazione, stupore, eccitazione.

    Dare vita ad un progetto, ad un gruppo, ad un processo, ad un obiettivo…

    Il “dare vita” implica necessariamente attingere o entrare in contatto con una parte di noi che comprende tutte le caratteristiche dell’intuizione, riflessione, accoglimento, prendersi cura, nutrire, scoprirsi in una nuova normalità, essere un po’ “madre”, nel senso dell’energia e non del gender.

    Come ti senti pensandoti un generatore creativo di business nello scenario futuro aziendale?

    Il World Economic Forum (WEF) del 2020 ci riporta le 10 skills più richieste per essere un buon manager in azienda

    1. Problem solving
    2. Pensiero critico
    3. Creatività
    4. Gestione delle persone
    5. Coordinarsi con gli altri. Teamworking
    6. Intelligenza emotiva
    7. Capacità di giudizio e di prendere decisioni
    8. Orientamento al servizio
    9. Negoziazione
    10. Flessibilità cognitiva

    E’ necessario rileggere queste skills alla luce del momento preciso di “new normal” che stiamo vivendo.

    C’è chi dice che siamo in una quarta rivoluzione, in qualsiasi modo la vogliamo definire, siamo comunque in una rivoluzione generativa e la miglior parte di noi, in grado di generare, è la nostra energia femminile, al di là del nostro gender.

    Ecco che, ancora oggi portare in azienda temi relativi al “balance” tra la propria personale energia maschile e femminile, in una consapevolezza armonica ed integrata di un UNO (UNICUM) , ai fini di poter ripensare il proprio modo di essere azienda propositivo e generativo, è ancora una sfida impegnativa, ma ineluttabile.

    La prima legge di Diversity & Inclusion aziendale è proprio questa: includere tutte le parti di noi, che ci caratterizzano e che ci rendono unici,riconoscendo e valorizzando le diversità personali, come ricchezza e nutrimento.

    Ecco allora che rileggere le 10 skills, di cui sopra, esplorando e verificando quale energia personale per lo più richiamano in noi, potrebbe essere un nuovo modo di ripensare a se stessi, ai collaboratori, ai team.

    Come posso essere un manager, un leader generativo di idee, strategie, ecc. se non accolgo e  riconosco tutte le mie risorse personali, le mie diversità?

    Questo è il punto di partenza per entrare nel cambiamento ed essere un nuovo generatore di business.

    Un business che attivi il senso di quello che faccio, ma soprattutto di come lo faccio per poter essere di ispirazione e guida.

    Il come lo faccio può rispondere solo ad una legge: quella dell’inclusione.

    L’inclusione di tutte le parti di me, corpo fisico, corpo mentale, corpo emozionale e corpo spirituale.

    Solo quando il COME lo faccio è connesso a CHI sono, i miei risultati saranno di successo.

    E la digitalizzazione, lo smart working, l’IA, gli analytics, virtual customer engagement ci devono servire per cambiare il paradigma del nostro essere, portandoci sempre più verso un’umanizzazione digitale.

    La tecnologia a servizio dell’uomo.

    Siamo di fronte ad un tempo di grande FECONDITA’ che ci permette di lavorare per la nostra felicità (etimologicamente dal latino felix = fecondo) e il nostro benessere.

    Come possiamo ispirare, coinvolgere gli altri, creare team working, se non entriamo in contatto con la nostra generatività?

    Anche il team working va ripensato in termini di generatività aziendale.

    Abbiamo visto che, secondo il WEF, la capacità di lavorare in gruppo, costruendo un sistema basato sul team working è una delle skills più richieste dalle aziende, soprattutto in questo momento di forti cambiamenti e distanziamenti.

    Per questo le posizioni di leadership si distinguono, e si distingueranno sempre più, in base alla capacità di offrire ispirazione e strumenti che permettano al Team una maggiore efficacia nella comunicazione interna, rispetto delle scadenze e raggiungimento di risultati ad alte prestazioni, indipendentemente dal luogo e dallo spazio d’azione.

    La corretta condivisione della visione comune, la sincronia nel perseguire gli obiettivi, l’impiego corretto delle energie personali e del gruppo, l’abilità di sostenere e indirizzare la propria creatività, l’accettare l’errore come correzione sono sempre più necessarie per trovare un nuovo equilibrio interno al Team.

    La leadership evoluta si sposta da una precedente visione up down ad una espressione più cross, trasversale e per fare questo passaggio è indispensabile attingere alle nostre risorse interne, autentiche.

    TEAM WORKING in REMOTE WORKING

    Non si tratta di ripartire!

    Il cambiamento repentino delle abitudini lavorative, lo smart working, la necessità di rielaborazione dei processi di comunicazione e collaborazione hanno creato uno scenario nuovo, e ancora in evoluzione, che impone una rilettura da parte di tutti noi del concetto di team working.

    Il ruolo di ognuno di noi diventa primario, indipendentemente dalle dimensioni aziendali, dalla tipologia di settore o dalla numerosità del gruppo.

    Siamo tutti chiamati ad una sfida che va oltre l’aspetto lavorativo e che, forse per la prima volta, ci coinvolge come leader di noi stessi assegnandoci il compito di ricercare e potenziare il nostro valore, sviluppando e riconoscendo l’AUTONOMIA come abilità fondamentale.

    Nella nuova vita di teamworking digitale, diventiamo sempre più imprenditori di noi stessi, al di là del ruolo che ricopriamo.

    Come ci sentiamo rispetto al ripensarci come liberi ed autonomi nel COME, ma respons-abili e disciplinati sul COSA ?

    La scoperta e l’affermazione dell’importanza dell’energia personale, il sostegno delle nostre capacità e il superamento dei vincoli mentali legati a “vecchi” schemi, sono percorsi necessari che ci offrono l’opportunità di trasformare le criticità del momento in grandi possibilità, per noi e per la nostra Azienda più in generale.

    Come ri-nascere?

    ENERGIA PERSONALE e BENESSERE ORGANIZZATIVO

    Avere a disposizione gli strumenti per lavorare su sé stessi diventa quindi necessario e utile all’Azienda, come al singolo individuo che ne fa parte.

    Ri-conoscere le proprie potenzialità, gestire i momenti di forza come quelli di debolezza, avere l’energia giusta per sostenere la propria motivazione quotidiana, il proprio benessere organizzativo significa anche sostenere il lavoro del gruppo.

    La saluta mentale e personale si riflette così sul benessere organizzativo, produttivo e sociale.

    La nostra unicità diventa parte fondamentale e integrante di un sistema allargato che può essere migliorato e rinforzato ad ogni passo.

    Ma ora, proprio in questo momento, nella vita reale come si alimenta l’energia personale?

    RICARICHIAMOCI ADESSO

    Il modo migliore è quello di lavorare a più livelli, fisico, piscologico, ed emotivo.

    In passato la persona poteva essere in un’espressione di sé dicotomizzata tra la vita lavorativa e quella personale.

    Al lavoro essere e rendere in un modo, fuori dal lavoro dedicarsi a tutte le proprie passioni con vitalità ed entusiasmo.

    Come se la dualità fosse considerata normale!

    Oggi, per questa rivoluzione radicale, che rende più sottile i confini tra vita privata e vita lavorativa, contaminandoli entrambi, siamo chiamati a ripensarci come un UNICUM che si trasforma, che vive il cambiamento e che necessita di risorse nuove che integrino tutte i nostri livelli.

    Imparare a gestire la propria energia personale proprio come la riserva…se vivi sempre in riserva ad un certo punto, la macchina si spegne.

    Siamo abituati a ricaricare il nostro computer, il nostro telefono ogni sera ma … come ci ricarichiamo noi ogni giorno?

    E’ la nostra energia personale rinnovabile e sostenibile?

    L’energia è un soffio vitale, è quella parte più essenziale, più “sottile” del nostro respiro.

    Sei consapevole del tuo respiro ogni giorno?

    Quando ti accorgi del tuo respiro?

    Eppure possiamo non mangiare e non bere per giorni, ma non possiamo non respirare.

    Come sappiamo il respiro è un atto involontario, ma ha la potente e trasformativa caratteristica di essere anche volontario. In tal caso, è sorprendente il risultato che si ottiene in termini di miglioramento della propria efficienza, chiarezza mentale, intuizione e azione.

    ESERCIZIO

    Ti propongo un semplice esercizio, ma estremamente efficace, adatto a tutti e senza controindicazioni:

    ogni volta che ti senti stanco, stressato e “prosciugato” chiudi gli occhi, siediti con la schiena dritta staccata dallo schienale della sedia e, semplicemente, inizia a porre attenzione al tuo respiro, all’ aria che entra ed esce dalle narici, osservane la diversa temperatura e porta la tua mano destra sul petto e la sinistra sull’addome.

    Inizia a respirare dall’addome sollevando e abbassando la mano sulla pancia.

    Fai un inspiro in 4 tempi, lento, ampio e profondo ed un espiro in 8 tempi, ancora più lento e profondo dell’inspiro.

    Ripeti per almeno 3 volte.

    Poi ricomincia la tua attività da dove eri rimasto.

    Nelle prossime settimane ci addentreremo specificatamente su questi temi:

    IL PROGRAMMA “L’ENERGIA DEI NUMERI UNO”

    LUGLIO – 2 appuntamenti

    La base di ogni inizio: la capacità di sostenersi

    AGOSTO – 4 appuntamenti

    Guardare l’orizzonte, con leggerezza

    SETTEMBRE – 4 appuntamenti

    Avanzare, agendo con metodo

    Energyogant è un metodo, concreto e misurabile, che si occupa di migliorare e sostenere la gestione dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    Il metodo prevede un test autovalutativo sottoposto in 3 momenti differenti + un lavoro focalizzato sui 3 corpi fondamentali della persona:

    corpo fisico (Asana Dinamyc e Nutrition Efficiency) – corpo emozionale (Pranayama Focus e Nutrition Efficiency) corpo mentale (Thinking Growth).

    Un metodo strutturato e preciso per attingere a risorse innate e spesso inconsapevoli della persona per migliorare anche i suoi risultati in azienda, esprimendo al meglio la propria energia personale nella sua unicità ed armonia.

  • Il metodo

    Pranayama Focus: respirare equivale a vivere

    Respirare equivale a vivere perché, “Quando il respiro vaga, la mente vacilla”. Patanjali

    E quando la mente vacilla siamo in balìa degli agenti esterni e prosciugati della nostra energia.

    Tutta la nostra vita è legata al respiro, la nostra nascita avviene con un respiro che ci permette di fare la nostra entrata nel mondo, allo stesso modo la nostra dipartita avviene esalando l’ultimo respiro.

    Dal nostro modo di respirare dipende quindi la qualità della nostra vita.

    Prana significa “forza vitale” e Ayama significa espansione.

    Prana-ayama = respiro come capacità di avere un controllo totale su Se stessi.

    Il prana è la parte più sottile, essenziale del respiro, è energia vitale. Per semplificare con un’immagine, è come quando ci si trova in riva al mare o in cima alla montagna, dove l’aria è più pulita e rarefatta e si coglie la pienezza del respiro.

    Un respiro lungo e lento denota stabilità, introspezione, salute fisica, controllo mentale. Un respiro corto e veloce denota insicurezza, ansietà, scarso controllo mentale e anche molta istintività, oltre che inevitabilmente una salute instabile.
    La nostra salute, il nostro stile di vita, la nostra capacità di vivere bene la vita sono strettamente legate all’attività meccanica del nostro respiro.

    In media le persone compiono 13-15 atti respiratori al minuto. Se il respiro è molto corto, si può arrivare a 20-25.  La meditazione, lo yoga e gli esercizi di pranayama ci aiutano a  vivere bene a lungo allenandoci a respirare non più di 8-11 volte al minuto.

    Il nostro cervello controlla 50-90 trilioni di cellule viventi nel corpo e le rinnova ogni 72 ore grazie agli ioni della terra chiamati Prana. Ogni cellula del nostro corpo viene completamente rinnovata ogni 18 mesi. Per operare questo rinnovamento continuo il nostro sistema necessita di molta energia. E il respiro è il veicolo del Prana, l’energia.

    Pensando al respiro, l’immagine che si presenta è quella dei polmoni: tutti sappiamo che è all’interno dei polmoni che avvengono gli scambi gassosi necessari alla nostra esistenza. È tuttavia interessante ricordare che i polmoni sono passivi durante la respirazione, e che questa avviene a seguito di movimenti muscolari (diaframma, che forma una sorta di cupola che separa il torace dall’addome; gli intercostali; i muscoli toracici e gli addominali). Il principale motore della respirazione è dunque il diaframma. In realtà il diaframma e’ coinvolto in tutte le funzioni fondamentali dell’organismo, da quelle psichiche,emozionali a quelle strutturali.

    La respirazione è un fatto meccanico per preservare la vita stessa. Questo automatismo può però essere interrotto volutamente quando inseriamo la nostra volontà di modificare il respiro stesso.

    Perchè è importante modificare il respiro automatico e/o meccanico?

    La risposta è semplice. Il nostro respiro è strettamente legato alle nostre emozioni.

    Una emozione forte come la paura, lo stress, l’ansia rendono il nostro respiro instabile e troppo veloce. Un respiro troppo veloce non permette una corretta ossigenazione del cervello, le emozioni in questo caso la fanno da padrone e dunque il lato istintivo dell’essere avrà il sopravvento su tutto il funzionamento della macchina umana.

    Non a caso ci vengono in aiuto la mindfulness e la meditazione. La meditazione ha un effetto calmante sulla mente. La meditazione, inoltre, è la possibilità di lavorare su se stessi partendo dalla respirazione.

    E’ proprio grazie alla respirazione che si riesce a rallentare il flusso dei pensieri e quindi a “non pensare”. Il non pensare permette di collegare se stessi al proprio “Se”. Lavorare sul proprio subconscio permette di creare condizioni straordinarie per una migliore qualità della vita stessa.

    Imparare correttamente a respirare aiuta a eliminare l’80% delle tossine dal nostro corpo, grazie al lavoro profondo che viene effettuato sugli organi interni e sull’ossigenazione del sangue.

    L’energia vitale (prana) che fluisce attraverso il corpo, calma istantaneamente la mente, riduce la fluttuazione del pensiero, ridimensiona le emozioni e pulisce il sistema nervoso.
    Il respiro consapevole allena ed espande la capacità polmonare rafforzando il sistema immunitario e riducendo il rischio di sviluppare malattie, grazie all’eliminazione di anidride carbonica nel sangue.

    Il prana dà al corpo e alla mente lo stesso potere e lo stesso impulso che la corrente elettrica dà a un apparato a essa collegato.

    Quando il respiro è insufficiente e povero, il nostro fisico è privo di ossigeno ed anche di energia.

    La nostra forza e la nostra energia non dipendono dal corpo fisico, ma dal nostro “corpo elettrico”, noi siamo un campo elettromagnetico che quanto più ogni giorno si nutre di respiro consapevole ( pranayama) tanto più  aumenta e mantiene la propria vitalità nel tempo.

    Tutti possono praticare le tecniche di pranayama, senza limite di età o senza limiti fisici. Numerosi sono i benefici che possiamo ottenere praticando queste tecniche di respirazione:


    – l’eliminazione delle tossine a sostegno di una buona digestione.
    – Miglioramento della circolazione sanguigna e linfatica.
    – Tonificazione del sistema nervoso e rinforzo di quello immunitario.

    Utilizzando esercizi pranayama possiamo imparare ad agire positivamente sulla memoria, aiutando a liberarci dai pensieri negativi e dalle paure che bloccano la nostra creatività e la voglia di cambiamento.

    Il Pranayama funziona perché:

    • Utilizziamo appieno la nostra capacità polmonare, migliorando quindi l’ossigenazione di tutto il corpo a beneficio di ogni singola cellula.
    • Gli organi non ricevono solo ossigeno ma ricevono anche sangue in abbondanza e la loro efficienza viene incrementata.
    • Le variazioni di pressione nella cassa toracica vengono intensificate, e ciò significa una migliore circolazione del sangue tra una cavità e l’altra, perché quando la differenza di pressione è notevole, la circolazione aumenta.
    • I cambiamenti di pressione sollecitano gli organi che vengono compressi e decompressi migliorandone le funzioni.

    Con un po’ di allenamento nella pratica del pranayama, si possono sperimentare pace mentale, riduzione delle tensioni, aumento del senso di benessere, ordine e disciplina del proprio comportamento.

    Controllare il respiro significa controllare la nostra mente.

    Ci permette di accompagnare la nostra mente di modo da creare con lei una partnership ed andare nella stessa direzione.

    Il ritmo del nostro respiro e il nostro stato mentale sono inseparabili.

    Più lento è il ritmo della nostra respirazione, maggiore è il controllo che abbiamo sulla mente.

    Ogni volta che ti senti debole e senti di aver bisogno di un caffè inspira e trattieni per il tempo che riesci.

    Fallo 7 volte. Ti sei ricaricato/a.

    Per smettere di fumare: fallo per 7-15 volte per 7-15 giorni. In quel tempo abituerai il corpo a sostituire il bisogno di nicotina con il bisogno di ossigeno.

    Ogni volta che desideri qualcosa ma ti vuoi liberare di quel desiderio, il mantra è “inspira e trattieni”.

    Respirare correttamente porta diversi benefici, eccone alcuni:

    • regola ansia e stress
    • elimina suscettibilità e irritabilità nervosa;
    • rallenta e migliora il ritmo cardiaco;
    • crescita della resistenza alle infezioni;
    • consente di eliminare le tossine
    • elimina il rischio di malattie cardiovascolari;
    • elimina la stanchezza cronica;
    • guarigione di problemi respiratori;
    • normalizza i valori della tensione arteriale;
    • stimola il sistema linfatico, l’eliminazione di tossine e scorie dall’organismo diventa più efficiente.
    • longevità;
    • elasticità e luminosità della pelle;
    • il corpo può aumentare il calore o rinfrescarsi a seconda della tecnica di PRANAYAMA utilizzata;
    • la mente si calma, rilassamento globale dell’intero essere;
    • equilibrio energetico a livello di tutte le funzioni del corpo;
    • vitalità;
    • stato di entusiasmo, voglia di vivere;
    • fiducia in se stessi, potere d’azione.

    In Pranayama Focus, abbiamo scelto delle tecniche di respiro adatte ad essere integrate in un percorso di crescita individuale ed aziendale, per ottimizzare e migliorare il benessere della persona.

    Fondamentale è integrare un lavoro sul corpo accompagnato da tecniche respiratorie che favoriscono lo scioglimento delle tensioni, ed un recupero posturale corretto. Asana Dynamic e Pranayama Focus funzionano in sinergia.

    Il respiro è anche influenzato dalla nostra postura, soprattutto se passiamo molte ore seduti davanti ad un computer, la cassa toracica rimane costretta e senza accorgercene spesso tratteniamo il respiro.

    Si tratta di cominciare a portare nella nostra vita lavorativa di tutti i giorni delle piccole sane abitudini, che attraverso la pratica costante in poco tempo diventano naturali.

    Diventano importanti risorse da sfruttare nelle relazioni, nella gestione dei conflitti interni e degli stati d’ansia lavorativi, soprattutto quando siamo sottoposti ad alti carichi di lavoro.

    Una corretta respirazione, attenua i “rumors” della mente, porta calma e chiarezza di visione, favorisce migliori intuizioni, aumenta i livelli di energia e li tiene costanti ed elevati nel tempo.

    Ecco un paio di esercizi di pranayama che suggerisco di provare a fare ogni giorno, anche piu’ volte al giorno:

    1. Respiro lento e profondo :

    1. Riempi la parte bassa dei polmoni. L’aria che entra spinge verso il basso gli organi addominali, e la pancia si espande.

    2. L’area toracica si riempie d’aria e si espande lateralmente insieme alle scapole.

    3. Riempila  parte alta dei polmoni, la clavicola si alza e lo sterno si espande leggermente.

    Nell’espirazione, la sequenza avviene al contrario: svuota i polmoni dall’alto verso il basso.

    Anuloma Viloma, ovverola Respirazione a narici alterne 

    Come pratica quotidiana e ogni qualvolta tu ti senta stanco, arrabbiato, aggressivo o in preda alle emozioni.

    Si tratta di una respirazione diaframmatica: è il diaframma che lavora. Quello che senti è l’ombelico che a ogni inspiro esce e si gonfa come un palloncino e su ogni espiro si ritrae verso la colonna vertebrale. Il torace e le spalle sono fermi, non si muovono. Prima di passare alla pratica vera e propria, prova a fare qualche respirazione semplice con una mano sulla pancia!

    Chiudi poi la narice sinistra con l’indice della mano sinistra, inspira dalla narice destra per 3 secondi, trattieni a polmoni pieni chiudendo entrambe le narici per 3, rilascia dalla narice sinistra, lasciando l’indice sinistro e tenendo premuto solo il destro sulla narice destra per 6, trattieni a polmoni vuoti per 3.

    Ricomincia quindi dalla sinistra, come sopra: inspira 3, trattieni 3, espira 6, trattieni 3.

    Questo è 1 ciclo completo: prova a raggiungere un totale di 5 cicli.

    Alla fine della pratica, circa 1 minuto e 30, potresti provare sensazioni insolite, come giramento di testa, vampate di calore, freddo, senso di pesantezza o leggerezza: se sono temporanee va tutto bene. Sono dovute al corpo che si adatta sia a nuova immissione di ossigeno che alle tossine che vengono rilasciate.

    Le tecniche di Pranayama sono molto potenti (utilizzare sempre la massima cautela ed iniziare sempre dalle tecniche più semplici) e quindi necessitano di una profonda conoscenza e devono essere eseguite preferibilmente con la supervisione di un maestro esperto.

    Le più importanti e conosciute sono le seguenti:

    • Bhastrika Pranayama
    • Ujjayi Pranayama
    • Visama Vrtti Pranayama
    • Sama Vritti Pranayama
    • Kapalabhati, esercizi di espirazione forzata

    Con la pratica constante, potresti notare modifiche nel tuo modo di pensare, maggiore tranquillità, minor reattività, cambiamenti energetici. Il tutto gratuitamente e senza troppo sforzo.

    Se sei interessato, puoi approfondire Pranayama Focus, II pillar del Metodo Energyogant.

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    Passioni e Competenze vanno a braccetto

    Se non sei appassionato di una cosa, difficilmente diventerai competente in quella. Viceversa, se non hai delle competenze in una materia, difficilmente svilupperai quella passione.
    È il semplice motivo dietro al successo di atleti, musicisti, scrittori, artisti ecc.
    Sono persone che hanno coltivato una specifica passione fin da piccoli, quando l’età permetteva loro di farlo, senza alcun tipo di dovere, aspettativa o pretesa.
    Coltivando quella passione hanno poi acquisito specifiche competenze che gli hanno consentito di migliorare.
    I costanti progressi li hanno fatti appassionare ancora di più a quello che stavano facendo. Così si è creato un circolo virtuoso.
    I miglioramenti richiedono che competenze e passioni siano allineate con gli obiettivi personali e protette dalle circostanze esterne, ricompense o punizioni.
    La strada da seguire si trova in quella zona colorata in cui passioni, competenze e mercato si intrecciano.
    Questa è una possibilità, personalmente però ho percorso un altra strada:
    quella del coltivare le tue passioni mentre fai altro.
    Trattarle come side project.
    Per gestire un progetto personale ci vuole innanzitutto disciplina. Devi crearti delle abitudini partendo da cose piccole.
    Per esempio, la mia passione per lo yoga e la mindfullness mi ha portato, da oltre 20 anni, a dare più spazio a questa attività, mentre la principale attivita’ della mia giornata era tutt’altro.
    Ho iniziato ad identificare un momento della giornata, a colazione o prima di andare a letto, in cui praticare almeno 5 minuti yoga e/o meditazione.
    Radicata questa abitudine, ho intensificato la pratica aumentando asana (posizioni) e tempo, almeno 10 minuti. E così via. Senza dimenticarmi di registrare e celebrare i miei progressi, perché questo mi ha aiutata a creare il mio momento, a rendere costante quello stato di flow che “ti trascina sulla cresta dell’onda e ti aiuta a cavalcarla”.
    La cosa più importante per coltivare davvero le proprie passioni è fare un passo avanti ogni giorno. Anche piccolo.
    L’importante è muoversi in avanti. Anche sbagliando. Perché c’è un modo corretto anche di sbagliare. Non esistono fallimenti, ma solo correzioni. Entrare in questa comprensione è stato per me folgorante. Ho iniziato ad “osare” molto di più sentendomi più libera di sperimentare.
    Ora ti suggerisco un semplice esercizio:
    Prendi carta e penna e scrivi tre passioni che hai. Tre cose che ti diverte da matti fare al punto da non accorgerti del tempo che passa. Togline una. Una che, pur soffrendo, potresti mettere da parte. Quella che, quando non hai tempo, sacrifichi. Togline un’altra. Quella che, dovendo scegliere, coltiveresti per seconda.
    Ti resta una passione. Scrivi dieci idee su come coltivarla.
    Per ogni idea butta giù il maggior numero di azioni possibili per realizzarla.
    Comincia con la più difficile. Fai un piccolo passo avanti. Ogni giorno. Per realizzarla.
    Tieni un diario. Fissa un appuntamento con te stesso. Ogni giorno scrivi quello che hai fatto per andare avanti. Ogni giorno.
    Vivi da appassionato competente!

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