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imparare a fidarsi

  • Il metodo

    La paura di esprimersi si supera con l’ascolto

    L’ascolto è un’arte!

    Ascoltare non è un senso che abbiamo dalla nascita, non ha a che fare con l’istinto.

    Ascoltare non vuol dire solo sentire le parole, vuol dire anche capire ciò che l’altro non dice ma che comunica con tutto il corpo. 

    Ascoltare comporta l’osservare.

    Ascoltare vuol dire fare silenzio dentro di noi, per essere disponibili all’altro.

    Porre attenzione all’altro.

    Nel momento in cui commentiamo, reagiamo, prepariamo la nostra risposta ecc., non ascoltiamo più e amplifichiamo nell’altro la paura di esprimersi.

    Silenzio esteriore e interiore sono altresì importanti. 

    Il silenzio esteriore permette all’altro di parlare, mentre il silenzio interiore consente a chi ascolta di provare sensazioni e accompagnare la persona ascoltata. Sentirla.

    Gli ingredienti dell’ASCOLTO

    L’ ascolto ha a che fare con 2 elementi fondamentali:

    l’ATTENZIONE e il SENTIRE.

    Quando imparo ad ASCOLTARMI con chiarezza, aumenta la fiducia in me stesso, il senso del valore che mi attribuisco e la consapevolezza che nessuno è perfetto e che posso permettermi di sbagliare. 

    Ecco che inizia a sciogliersi un po’ anche la paura di esprimersi.

    Per imparare ad ascoltarmi devo mettere in campo la capacità attentiva.

    Essere attenta/o ai giochi della mia mente, ai sintomi del mio corpo, che spesso hanno messaggi importanti da trasmettere, alle sensazioni che percepisco.

    Per imparare ad ascoltarmi devo imparare a sentirmi. 

    Sentire implica riconoscere le emozioni che provo, individuare come e dove le provo attraverso il corpo, implica creare una relazione con la parte più intima di Sé, con la propria energia femminile, al di là del gender.

    Quando mi ascolto ( pongo attenzione e mi sento) mi rafforzo e mi fido.

    Se l’attenzione e il sentire sono gli elementi fondamentali dell’ascolto, il passo successivo e’ la fiducia.

    Quanto ti fidi di te stesso ? Di ciò che senti e di ciò che pensi ?

    Sembra semplice. Eppure fidarsi del proprio sentire e’ l’ultima cosa che mettiamo in atto. 

    Quante volte capita di sentire, nella primissima impressione, disagio, fastidio, rigidità rispetto ad una persona e/o ad una situazione, un ambiente e di non prendere minimamente in considerazione quelle sensazioni, dando spazio assoluto al nostro pensiero cognitivo, analitico e razionale, salvo poi ricordarci, quando le cose non sono andate come desideravamo che, sin dall’inizio, avevamo percepito che qualcosa non andava ? Capita quasi sempre.

    Tutte le volte che non si e’ stati capaci di ascoltarsi, si è alzato il volume dell’insicurezza e del giudizio nei confronti di noi stessi: aumenta così  la paura di esprimersi.

    Insicurezza e giudizio rispetto a chi e a che cosa ? Rispetto al nostro giudice interiore e alla “persecutoria” idea di perfezione.

    The missing Piece: una favola per adulti

    Harold S. Kushner nel libro “ Nessuno ci chiede di essere perfetti, nemmeno Dio “ racconta una favola The Missing Piece di Shel Silverstein.

    C’era una volta un cerchio a cui mancava un pezzo.

    Gli avevano tagliato via un grande spicchio triangolare.

    Il cerchio voleva essere integro, senza parti mancanti, così cominciò a cercare il pezzo che gli mancava.

    Ma siccome non era completo, riusciva a rotolare  per il mondo solo molto adagio e così ammirava i fiori lungo la via, chiacchierava con le farfalle e si godeva il sole.

    Trovò moltissimi pezzi ma nessuno andava bene. 

    Alcuni erano troppo grossi, altri troppo piccoli. 

    Alcuni troppo quadrati, altri troppo a punta. 

    Perciò li lasciava sul ciglio della strada e riprendeva la ricerca. 

    Un bel giorno ne trovò uno che gli andava a pennello. 

    Come fu felice ! Finalmente sarebbe stato integro, senza parti mancanti. Incorporò il pezzo e cominciò a rotolare. 

    Adesso che era un cerchio perfetto, rotolava velocissimo, troppo per osservare i fiori e parlare con le farfalle.

    Quando si rese conto di come sembrava diverso il mondo, ora che lo percorreva rotolando così veloce, si fermò, lasciò il pezzo mancante sul ciglio della strada e piano piano se ne rotolò via di nuovo, cercando il suo pezzo mancante.

    Morale : siamo più integri quando ci manca qualcosa! 

    Non ci viene chiesto di essere perfetti, ne’ di non commettere errori, ma di essere integri.

    Essere integri significa accogliere tutti i nostri pregi e i nostri difetti e comprendere che siamo perfetti così come siamo. Siamo unici nella nostra imperfezione.

    Essere integri significa superare il bisogno di fingere di essere perfetti e la paura di venire rifiutati perché non lo siamo.

    La paura, cioè, di manifestare noi stessi. 

    E manifestando, scegliere.

    Spesso non sappiamo chi siamo, non abbiamo chiaro cosa vogliamo e ancora meno come esprimerlo.  Ciò che vogliamo ha un significato determinante nella sua ricerca e nella scelta. 

    Il volere non è un obiettivo, un oggetto, un profitto da raggiungere, ma una espressione autentica di noi. 

    Fa ciò che vuoi

    Nel Libro “La storia infinita” romanzo fantastico dello scrittore tedesco Michael Ende, pubblicato nel 1979 viene consegnato al protagonista l’ AURYN, l’amuleto che rappresenta l’Infanta Imperatrice, con l’imperativo “Fa ciò che vuoi” 

    “questo vuol dire che posso fare tutto quello che mi pare?”

    “No, vuol dire che devi fare quel che è la tua vera volontà, e nulla è più difficile.” è la risposta.

    Sant’ Agostino, nel Commento alla Prima Lettera di San Giovanni scrive “Ama, e fa’ ciò che vuoi”. Come a ribadire l’importanza di seguire profondamente l’amore come principio-guida.

    Se non ci siamo ascoltati, se non siamo consci della nostra volontà, e magari ci troviamo in un ambiente incerto, la nostra espressione si fa reazione scomposta e non azione. 

    E’ un pò come quando al ristorante non sappiamo cosa ordinare: se non sai cosa ti piace, sceglierai con probabilità un piatto che poi non ti soddisferà a pieno, o prenderai quello che hanno preso gli altri, o rinuncerai. 

    Certo hai scelto/ agito ma hai anche perso l’occasione di nutrire te stesso con consapevolezza.

    Se conosci chi sei, cosa vuoi, qualunque scelta ti soddisferà perchè non è la scelta in sè che ti nutre ma la consapevolezza e l’emozione nel farla e nel viverla.

    Allenarsi a tutto ciò significa osare, significa accettare di sbagliare, accogliere anche la possibilità che l’altro ci rifiuti e non per questo sminuisca il nostro valore.

    Nella tua realtà aziendale oggi quanto ancora  inficia la paura di esprimersi con la qualità di risultati, la proposta di soluzioni, la tua creatività ?

    Conosci te stesso

    Conoscersi è un viaggio che ci porta all’interno.

    L’ascolto del corpo è il primo passo. 

    La  fiducia nei pensieri, il contatto con le emozioni, la libertà concessa a noi stessi sono i successivi.

    Come liberarsi dalla paura di esprimersi, di esporsi e manifestarsi in sicurezza?

    Ascolta chi sei 

    Nella pratica Yoga ritroviamo il concetto di Svadhyaya: lo studio del Sè

    Svadhyaya è il penultimo Nyama descritto da Patanjali negli Yoga Sutra. 

    E’ un dovere che dobbiamo prendere verso noi stessi per  ricercare la nostra autenticità. 

    Diventando consapevoli di cosa non siamo, possiamo poi progredire nella comprensione di ciò che siamo, di cosa ci piace fare, dei nostri gusti, dei nostri desideri.

    Più ci avviciniamo a noi stessi più avremo chiarezza, ma anche consapevolezza, delle risorse interne che ci sono state naturalmente donate, che ci guidano nelle scelte della nostra vita, nella direzione da prendere, nel rapporto con gli altri.

    Associare un’emozione a un punto fisico ci restituisce una visione chiara di cosa ci sta succedendo: se abbiamo un dolore alle spalle forse ci stiamo caricando di responsabilità che non riteniamo siano di nostra competenza. 

    Se il sonno ci coglie spesso può essere che abbiamo perso di vista il nostro obiettivo perché quando c’è la voglia di raggiungerlo è più forte di qualsiasi distrazione, più gratificante di qualsiasi sosta a riposare.


    Se abbiamo fitte ai reni, forse la paura ha preso il posto dell’energia vitale.

    Abbi fiducia in ciò che pensi

    Spesso capita che in momenti di necessità le intuizioni risolvano la situazione.

    Albert Einstein diceva: “La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un servo fedele. Abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono”

    Avere un’intuizione significa scoprire ciò che era nascosto, qualcosa che non era di per sé evidente, senza l’aiuto del pensiero logico-razionale.

    Quanto ci fidiamo delle nostre intuizioni? Solitamente molto poco.

    A volte perché non abbiamo la giusta predisposizione all’ascolto, altre perché lasciamo vincere la paura di sbagliare.

    Seguire un’intuizione, un pensiero, presuppone una fiducia in Sé radicata.

    Inoltre il possibile sbaglio porta nervosismo, inadeguatezza e infelicità. 

    Quando ci capita, perchè capita a tutti, ci immedesimiamo in queste emozioni, le registriamo, ricordiamo e le evochiamo nel momento della scelta successiva.

    Perchè non facciamo lo stesso con le emozioni associate ai traguardi raggiunti, alle vittorie, ai risultati consolidati? 

    Perché siamo programmati per riconoscere i traumi e minimizzare la potenzialità delle nostre risorse? Quante volte realmente lo sbaglio ha creato conseguenze dannose quanto quelle immaginate?

    Occorre avere fiducia in Sé, e in ciò che facciamo.

    Ognuno di noi ha risorse profonde e qualità che chiedono di nascere e di essere vissute. Accorgersi delle esperienze positive, rafforza la fiducia in noi stessi e riprogramma il circolo mentale legato alla paura dello sbaglio.

    La fiducia oltre ad essere riposta nella nostra mente dobbiamo riporla anche nel corpo: una macchina perfetta che se equilibrata ha soluzioni infinite e sempre evolute per adattarsi e rispondere a qualsiasi tipo di sollecitazione o aggressione. 

    Il nostro corpo e il miglior packaging mai realizzato. Siamo l’espressione massima dell’evoluzione e siamo in continuo divenire. 

    Ricerchiamo quindi con fiducia le risorse interne, e attraverso pratiche e buone abitudini anche il corpo ci sosterrà. Le nostre scelte diventeranno manifestazioni di noi e non solo azioni scomposte nel tempo e nello spazio. La nostra paura di esprimersi si dissolverà lasciando spazio al flusso creativo.

    Mettiti in contatto

    L’ascolto del proprio corpo e delle sue sensazioni ci porta alla necessità di creare connessioni tra l’interno e l’esterno.

    Tra quello che pensiamo, auspichiamo e il nostro modo di esprimerlo.

    In questo modo la nostra espressione sarà libera ed energica.

    Se sono in buona salute, la mente lucida, gli obiettivi chiari e in linea con le mie necessità la parte espressiva si alleggerisce perché sostenuta da forti convinzioni ed elasticità mentale e fisica.

    La manifestazione non diventa urgente, necessaria, rischiosa ma naturale e funzionale al mio ruolo. E più utile per l’azienda.

    Questo non significa che l’altro accoglierà o riconoscerà per buono,costruttivo, geniale il tuo intervento o la tua proposta. Tu lo farai. E così avanzerai con rispetto  per te stesso e immedesimazione nel tuo lavoro connettendo risorse, energie e sentimenti positivi a quello che fai.

    In questo percorso manca un passaggio: concedere a se stessi la libertà.

    Concediti Libertà

    La libertà di cambiare idea.

    La libertà di sbagliare.

    La libertà di avere paura.

    Queste libertà, se vissute in consapevolezza diventano passaggi ad uno stadio di migliore espressione del Sé.

    La consapevolezza che deriva dall’ascolto produce un effetto “brezza” che riconosce ognuna di queste libertà e poi, come nuvole nel cielo, le lascia passare senza che queste diventino muri o ancore per la fondamentale libertà di espressione del Sé che è alla base della nostra esistenza.

    Non limitiamo le nostre potenzialità. Anche la fisica quantistica ci ricorda che siamo immersi in un universo di infinite possibilità dove la coscienza, il Sé , è protagonista e co-creatrice della realtà.

    Esercizio 

    Prova a pensare alla  PEGGIOR  COSA che potrebbe succedere se tu osassi dire ciò che pensi a proposito di… (pensa a qualcosa che vorresti dire in azienda e che continui a sottacere) 

    • Fai l’elenco di almeno 3 delle peggiori conseguenze.
    • Respira, chiudi gli occhi e immagina la scena di ognuna di esse.

               Immaginala come se…esattamente… con tutti i dettagli.

    • Con un bel espiro, apri gli occhi e chiediti come stai ora?
    • Osserva se quello che all’inizio ti sembrava una grossa criticità, ora ha assunto una consistenza più leggera.

    Potresti, superare la paura della minaccia e quella di esprimersi e mettere in campo un’azione in quella direzione ?

    Definisci quale azione metterai in essere. Basta una piccola azione.

    Definisci quando la farai. E’ importante per dare concretezza e forza ai tuoi pensieri e renderli azioni.

    Osserva tutte le emozioni che si muovono dentro di te in ogni fase di questo esercizio. E’ in questa osservazione che si attua la trasformazione.

  • Il metodo

    Non violenza e benessere aziendale

    La comunicazione non violenta in azienda.

    Oggi parliamo di non violenza, il terzo degli otto principi vitali dell’azienda e di come incide sul benessere personale e aziendale.

    Alla base di ogni relazione c’è la comunicazione. 

    Il tono, i vocaboli, il tempo e il ritmo che scegliamo per scambiare opinioni, pareri, idee con gli altri, ne determina lo stile.

    Il significato di “comunicare” è proprio “mettere in comune“, ossia condividere pensieri, opinioni, esperienze, sensazioni e sentimenti riguardo ad un argomento.

    Il primo canale di comunicazione è il linguaggio che può essere verbale, paraverbale, cinestesico, ecc. 

    ll linguaggio e’ sempre uno strumento potente, che agisce sia dentro che fuori di noi.

    E’ composto da vibrazioni che vengono emesse in un  “campo” ed ha un potere reale in grado di influenzare  la realtà.

    I nostri pensieri creano la realtà in cui viviamo e si manifestano anche con la parola.

    Il nostro mondo interiore crea il nostro benessere personale e aziendale 

    Il nostro mondo interiore crea la realtà esteriore, per cui le esperienze che viviamo quotidianamente, le persone che attiriamo nella nostra vita, quelli che noi definiamo impropriamente “successi e fallimenti” derivano dalla mente inconscia. Il 95% delle nostre azioni sono dettate e guidate dal nostro inconscio.

    Hai presente un diapason? È un piccolo strumento costituito da un’asticella e da due rebbi. Viene usato nella pratica musicale per produrre la nota “La” e accordare gli strumenti. 

    Se viene percosso e viene posto accanto ad un altro diapason, trasmette ad esso il proprio moto oscillatorio ponendolo in vibrazione senza che quest’ultimo sia stato sfiorato. Questo fenomeno prende il nome di oscillazione simpatica o risonanza acustica e si verifica perché frequenze simili si attraggono.

    Qualcosa di simile avviene nella nostra realtà, i pensieri sono vibrazioni di una determinata frequenza e attirano eventi, episodi della stessa frequenza.

    Ecco quindi svelata la responsabilità che abbiamo dei nostri pensieri e delle nostre parole.

    La nostra comunicazione può essere efficace,ispirante,volgare, aggressiva, violenta.

    La CNV (comunicazione non verbale) è un modo di stabilire un collegamento empatico con se stessi e con gli altri.

    Quando la comunicazione e’ violenta, lo e’ prima di tutto con se stessi.

    Attenzione, non si tratta solo di una violenza urlata e/o esplicitata.

    Fatichiamo ad ammettere di essere persone violente, perché ciò si scontra con i nostri condizionamenti culturali e religiosi.

    Ma la prima grande consapevolezza e’ che spesso mettiamo in campo comportamenti e messaggi violenti nei confronti di noi stessi, quando non ci rispettiamo, quando non ascoltiamo il nostro corpo, quando mangiamo esageratamente, dormiamo poco, lavoriamo come stakanovisti senza riposo, quando non accogliamo le nostre fragilità, non diamo spazio alle nostre emozioni reagendo istintivamente, non ci riconosciamo nella nostra forza ed unicità: anche questa e’ una comunicazione violenta, sicuramente più “silente”, ma spesso molto radicata.

    Quante volte sei violento con te stesso nella tua quotidianità?

    Nella tradizione yogica si parla di AIMSHA = non violenza, come uno dei principi fondamentali. Il termine è una parola sanscrita che afferma il principio di non violenza in senso universale.

    Evitare di far del male ad ogni creatura è la vera sapienza, tutto il resto è ignoranza.

    BhagavadGita

    Ahimsa non è semplicemente non fare del male agli altri, a noi stessi e all’ambiente, NON è un principio passivo, ma è sviluppare un’ATTENZIONE AMOREVOLE verso ogni essere vivente. E’ essere attenti che le proprie azioni siano utili non solo a noi stessi, ma al resto del mondo.

    La violenza è una catena di azioni e reazioni che non hanno fine. 

    La non violenza è spezzare questa catena.

    Quindi più che uno strumento di comunicazione, la comunicazione non violenta diventa un’arte di vivere.

    Si mette al servizio di ciò che è vitalità  in ognuno di noi, mettendoci in contatto con un dinamismo naturale quotidiano, focalizzando l’attenzione sulle azioni che arricchiscono la nostra vita insieme a quella degli altri.

    La comunicazione non violenta incide sul benessere aziendale

    Esiste una relazione stretta tra pensiero, parola e azione.

    La parola è un suono generativo.

    Le religioni e le tradizioni riconoscono il suo potere creativo.

    Nella tradizione indiana è nota la potenza della frequenza vibratoria di ogni parola: i mantra sono strumenti “ energetici” per liberare la mente e potenziare consapevolezza e concentrazione assumendo un valore materializzante e di attrazione.

    Il mantra per eccellenza è il verbo OM, il capostipite di tutte le vibrazioni sonore che tutti noi conosciamo e da cui, come spiega Yogananda, deriva l’infinita potenzialità del suono. 

    Nel Vangelo di Giovanni (Giovanni 1:1) la parola è il primo atto della Creazione “ In principio era il Verbo…”

    Anche nelle favole le parole generano manifestazioni straordinarie: “Abracadabra” o “Apriti sesamo” hanno un valore riconosciuto dalla gran parte della popolazione mondiale.

    Le parole sono  vibrazioni di energia e creano malessere o benessere personale e aziendale: indifferentemente.

    Nel momento in cui parliamo, portiamo i nostri pensieri direttamente sul piano fisico, sotto forma di onde sonore, caricate dal nostro intento, che sta dietro ogni parola pronunciata. 

    Le onde sono frequenze che si connettono a quelle del mondo che ci circonda e plasmano anche chi le pronuncia.

    Scegliere le giuste parole affinché quanto comunicato, dalla voce e dal corpo, moduli l’ambiente e la relazione con l’altro è principio alla base della comunicazione non violenta.

    Allo stesso modo l’offesa o la reazione aggressiva che rivolgiamo all’altro diventa in realtà parte della nostra vibrazione e ci proietta in uno stato distonico.

    Esempio:quando qualcuno ti taglia la strada mentre stai guidando, la tua comunicazione verbale di rabbia esce dalla tua bocca, ma vibra anche all’interno della tua cassa toracica, nella tua bocca dello stomaco, nella tensione delle tue spalle.

    Allenarsi alla comunicazione non violenta genera benessere aziendale 

    È necessario abituarsi a prestare attenzione alla qualità dei suoni che pronunciamo e ai movimenti del nostro corpo, affinché si manifesti l’equilibrio tra pensiero, suono e intento creando l’energia positiva che rende generative le nostre parole.

    Occorre anche avere chiaro il proprio obiettivo, agire per ottenerlo nel rispetto degli altri, senza sensi di colpa o manifestazioni di sfiducia personale in caso in cui ci sia difficile o impossibile raggiungere ciò che si desidera.

    Come definiresti la tua comunicazione?

    Generalmente si identificano 3 stili di comunicazione: passivo, aggressivo e assertivo.

    Comunicazione passiva : la caratteristica principale di questa modalità è la difficoltà ad esprimere le proprie opinioni,o i propri sentimenti, ritenendo gli altri migliori di sé, e temendo il loro giudizio. 

    Comunicazione aggressiva : il comportamento aggressivo è invece tipico di quando si tenta di soddisfare unicamente i propri bisogni prevaricando gli altri. Chi ha uno stile aggressivo ritiene di essere sempre nel giusto.

    Comunicazione assertiva: chi utilizza questo tipo di comunicazione si esprime attraverso la capacità di utilizzare lo stile relazionale e la modalità di comunicazione più adeguati in base al contesto relazionale e all’obiettivo che si vuole raggiungere.

    All’interno della comunicazione assertiva, possiamo inserire la Comunicazione Non Violenta.

    Utilizzando uno stile di comunicazione assertivo non solo si aumenta l’efficacia delle proprie opinioni e azioni ma si diventa anche più indipendenti nel pensiero, nelle emozioni e nelle relazioni con l’altro.

    I passaggi interessanti sono :

    • imparare uno stile di linguaggio aperto e costruttivo: essere attori positivi e non solo reagenti nel contesto aziendale
    • assumere un atteggiamento empatico rispetto al mondo emotivo dell’altro ricordando che tutto è energia, e che noi vibriamo con l’ambiente che ci circonda, e l’ambiente fa lo stesso con noi.
    • rafforzare la fiducia in sé e nelle proprie idee per poterle comunicare apertamente, accogliendo quelle dell’altro senza scartarle a priori
    • farsi UNO armonizzando, grazie alla consapevolezza, la forma verbale (parola) e la forma non verbale (corpo)
    • affrontare le critiche e i conflitti in modo efficiente
    • avere chiaro il proprio intento e non permettere che flussi emotivi personali, toni aggressivi o intimidatori dell’altro, contesti sfavorevoli possano distoglierci dall’impegno nel raggiungerlo.

    La CNV inoltre ci invita a porre attenzione a 4 passaggi fondamentali per rendere la nostra comunicazione costruttiva e generativa di benessere aziendale.

    1. Osservazione:

    Descrivere in modo oggettivo, senza valutazioni, i fatti a cui ci riferiamo o a cui stiamo reagendo.

    1. Sentimenti:

    Riconoscere i nostri sentimenti, ciò che proviamo nel nostro corpo e nel nostro cuore in riferimento a quanto osservato.

    1. Bisogni:

    Esprimere i bisogni soddisfatti o insoddisfatti che hanno causato i nostri sentimenti.

    1. Richiesta:

    formulare una richiesta concreta, positiva, nel presente, che descriva le azioni che in quel momento scegliamo di intraprendere per soddisfare i bisogni umani presenti in noi in quel momento, in quel contesto, con quella persona, ecc…

    ESEMPIO

    Esprimi le tue osservazioni senza giudizi:

    QUANDO OSSERVO (VEDO, INTENDO)… che la tua scrivania e’ sempre piena di fogli, cartelle, penne.

    Esprimi come ti senti:

    IO MI SENTO (IO MI SONO SENTITO)… stanca e avvilita

    Esprimi i bisogni che hanno causato i tuoi sentimenti:

    PERCHÉ’ HO BISOGNO… di correttezza e di collaborazione per il mio tempo e le mie energie.

    Esprimi le tua richiesta concreta, positiva, nel presente:

    MI PIACEREBBE CHE/SARESTI D’ACCORDO… di raccogliere i tuoi fogli e di metterli al loro posto?

    La comunicazione NON verbale implica il potere del Sé

    Dobbiamo allenarci. Noi siamo abituati a reagire ed impegnarci a piegare l’altro, piuttosto che valorizzare e rinforzare le nostre idee.

    Siamo continuamente nello sforzo per raggiungere l’obiettivo velocemente e a tutti i costi senza mollare la presa.

    Produciamo pensieri che possono volgere a nostro favore il momento, dimenticandoci che facciamo parte di un organismo “vivente” più grande che ha regole fondate sul fluire armonico del TUTTO, nel lungo periodo. Non siamo abituati ad accettare il dissenso. Per lo più avanziamo, attingendo anche a comportamenti e manifestazioni violente, pur di difenderci.

    Dovremo ricordarci invece che il pensiero offensivo, espresso in parola o gesto, che rivolgiamo all’altro vibra anche in noi. 

    Perchè se TUTTO è UNO , l’altro sono io.

    E’ necessario quindi acquisire, o solo riappropriarsi di nuovi/ diversi poteri, che si discostano da quanto applicato quotidianamente nella maggioranza dei sistemi relazionali: 

    • Il potere di lasciare andare, abbandonare lo sforzo e fluire con il sistema, del quale facciamo parte.
    • Il potere di accogliere le opinioni positive e le critiche dell’altro
    • Il potere di non reagire dando valore alla questione in modo oggettivo, e non personale.
    • Il potere di esprimersi e muoversi nello spazio generando energie positive per il contesto, e non solo per se stessi.
    • Il potere di riconoscere la validità dell’idea dell’altro mantenendo fisso il focus sulla propria.

    Si tratta sempre di potere, ma e’ un potere vibrante, inclusivo e generativo di benessere personale e aziendale

    Nelle dinamiche sociali e d’azienda le somiglianze, e le differenze legittime, interagiscono per costruire un equilibrio etico per la società e per supportare uno sviluppo differenziato dei legami sociali: il nostro stile di relazione e comunicazione nutre questo equilibrio.

    Partiamo da noi stessi, nutriamoci di coraggio, fiducia e rispetto per noi e per gli altri.

    Assumiamoci la responsabilità di chi siamo.

    Riscopriamo il nostro valore, in modo semplice ed onesto senza sovrastrutture determinate da aspettative o ricatti imposti e condividiamolo per il benessere aziendale e del nostro pianeta.

    Facciamoci portatori di questo nutrimento, così che le nostre parole e azioni si amplificano nell’ambiente!

    ESERCIZIO 1:

    Elenca 5 forme di violenza che manifesti nei confronti di te stesso.

    A fianco a tale elenco scrivi 5 azioni all’opposto che puoi mettere in campo per iniziare a praticare la non violenza nei confronti di te stesso.

    Esempio:

     Non sono mai contento dei miei risultati. 

    Riconosci un tuo risultato raggiunto (valgono anche piccole cose) e scriviti un pensiero di apprezzamento. 

    —–

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Riconoscere il valore del tempo rende la pazienza strategica e produttiva

    “La pazienza è la forza del debole, l’impazienza la debolezza del forte” Immanuel Kant

    Abbiamo introdotto, la scorsa settimana, gli 8 principi vitali dell’azienda, secondo myHARA, dando in primis risalto alla FIDUCIA

    Se imparo a fidarmi e a dare fiducia inevitabilmente entro in una relazione strategica con il secondo principio: la PAZIENZA.

    La pazienza come capacità di saper aspettare. 

    La pazienza come vitalità e benessere.

    La pazienza è un’energia femminile, di attesa, di ascolto, di osservazione ma anche di non mente. 

    Nella pazienza smetti di pensare, ti fidi e ti affidi.

     La pazienza senza tempo non esiste

    La pazienza è intrinsecamente  collegata al riconoscere il valore del tempo, del non agire come preludio per la migliore azione nel futuro.

    Eppure, solitamente, per vissuti ancestrali, la parola pazienza non ci risulta molto simpatica!

    Ci riporta ad un senso antico di rassegnazione e di conseguenza a non riconoscere il valore del tempo, sorgente di ricchezza e nutrimento.

    Pazienza e tempo sembra non vadano più d’accordo ai nostri tempi!

    Ogni giorno controlliamo costantemente i nostri smartphone per verificare le reazioni alle nostre mail, alle immagini condivise, per i messaggi condivisi per i quali siamo impazienti per le risposte. 

    Abbiamo anche il flag azzurro ai messaggi che contribuisce alla nostra impazienza.

     Vogliamo quel feedback e soprattutto, lo vogliamo subito.

    Una reazione, un riconoscimento, un colpo di adrenalina al nostro sistema.

    Adattandosi a “relazioni tecnologiche” ci siamo riprogrammati a pensare/ sentire come un prodotto tecnologico: a ritmo immediato, frenetico, iperattivo, sterile.

    Comunichiamo a “slot” di tempo. Quarantacinque minuti, mezz’ora, un quarto d’ora.

    Ecco che il nostro riconoscere il valore del tempo svanisce.

    Il tempo non esiste, dice il fisico Carlo Rovelli. 

    Certo lui si rivolgeva agli atomi e alla fisica quantistica ma, letto così, dalla finestra della nostra quotidianità e della nostra vita social/digital, come dargli torto.

    Eppure, sembra molto importante per noi riconoscere il valore del tempo o meglio, la pretesa che gli altri ce lo riconoscano.

    La nostra urgenza di riconoscimento e gratificazione ci porta a trascurare chi siamo, cosa sentiamo e ad essere sempre “esposti” fuori da noi.

    Siamo alla rincorsa di un traguardo che è destinato a non arrivare mai.

    E proprio per questo, sempre in un vortice di frenetica ricerca di un significato e, per necessità di omologazione ad un modello, pretendiamo che gli altri riconoscano lo stesso valore che noi diamo al nostro tempo.

    Tutto ciò ci porta in una dimensione di stress, ansia, errori, pensieri circolari che ci intrappolano e ci consumano.

    Riconoscere il valore del tempo non ha nulla a che fare con una serie di numeri che si susseguono nelle lancette che fanno il giro, negli appuntamenti da schedulare, nelle scadenze come ultimatum.

    La pazienza è il luogo dell’esistere.

    Il tempo è molto di più. E’ il luogo dove noi esistiamo.

    Le nostre emozioni vivono nel tempo e i nostri sogni fluttuano con lui. 

    Il valore del tempo è l’essenza del fluire della vita, il flusso che ci accompagna nella traversata. E’ in questo luogo che emerge la  pazienza come strategica e produttiva.

    Il tempo è lo spazio che la vita ci concede per esprimere noi stessi, nel dare forma alla nostra capacità generativa.

    E’ il luogo dell’atto magico della creazione, come sostiene Alejandro Jodorowsky

    Come riconoscere il valore del tempo e della pazienza e riappropriarsene come risorsa vitale?

    Riappropriarsi del valore del tempo significa riordinare le priorità, per ordinare la nostra quotidianità.

    Una vita ordinata è una vita che ha dei ritmi che risuonano con noi.

    Spesso sono ritmi che ci spingono a sincronizzarci con quelli della Natura.

    Ritrovare il valore della luce e del buio. 

    Dei tempi di lavoro, e di quelli necessari di riposo. 

    Dell’apertura all’esterno e del raccoglimento interno.

    Ritmi che ci riportano ad uno stato di ricerca di benessere generale che è auto-generativo di tempo di valore.

    Questo meccanismo provoca benessere diffuso che crea una sincronizzazione sia nella vita personale che in quella lavorativa.

    La pazienza va riscoperta

    Il cervello è un organo che può processare situazioni complesse: per farlo ha necessità di conoscere e vedere i dettagli della situazione. 

    Più ampia è la visione più elevata la possibilità di trovare una soluzione.

    Steve Jobs nel suo discorso ai neolaureati di Stanford disse: unite i puntini! 

    Occorre avere la capacità di conoscere se stessi, i propri desideri, avere memoria e conoscenza del passato e fede/ desiderio nel futuro per vedere i puntini, ed affidarsi alla propria intuizione, a mente libera e respiro aperto, per unirli.

    Bisogna concedersi il tempo di osservazione, impregnazione,definizione del Sé e consapevolezza del proprio desiderio.

    La pazienza va allenata

    La pazienza è uno stato attivo. 

    E’ il modo corretto per rapportarsi alle azioni degli altri, e alle attese delle conseguenze delle nostre.

    Nella storia, è arte del condottiero, del campione, del saggio.

    Attendere con pazienza equivale a non consumare in fretta l’azione ma costruirla, avere fede in quanto messo in atto e aspettare che la vita restituisca una risposta, positiva o negativa. 

    E così la pazienza presuppone anche l’accoglienza. 

    La certezza che tutto ciò che accade è per il nostro bene.

    La pazienza è una virtù, un Maestro che ci chiama ad un insegnamento necessario per avanzare più forti e flessibili di prima.

    La pazienza allena anche la gratitudine, l’abilità di trovare il buono anche nell’attesa o nel risultato non conforme a quello sperato.

    La pazienza se non c’è si può desiderare

    Nel senso che implica movimento e il presupposto di averla per poterla portare.

    Quindi se non c’è, possiamo iniziare a desiderarla.

    Desiderare di essere “portatori sani di pazienza” significa essere in presenza, essere nel qui ed ora, accettarlo e fluire con esso, senza giudizio e tendenzialmente senza aspettativa.

    Il desiderio è la forza che ci fa avanzare nella vita. 

    L’origine della parola desiderio è una delle più belle e affascinanti che si possa incontrare attraverso lo studio etimologico.

    E’ composto dalla preposizione de- che in latino ha sempre un’accezione negativa e dal termine sidus che significa, letteralmente, stella.

    Desiderare significa, quindi, letteralmente, “mancanza di stelle”: la mancanza che ha come conseguenza l’attivazione di un sentimento di ricerca appassionata.

    Tutto ciò che alimenta il nostro desiderio ci rende svegli e creativi.

    E’ importante separare il desiderio (legato al Sè) dalla brama (legata all’Io).

    Per farlo occorre, di nuovo, dare spazio, ascoltarsi, dare valore al tempo dell’ascolto.

    “Prendersi il tempo per “ non significa “ Perdere il tempo in”

    Come scrive Robert Greene in Mastery:

    “Il più grande ostacolo alla creatività è la tua impazienza, il desiderio quasi inevitabile di affrettare il processo, esprimere qualcosa e fare colpo.”

    Andare più lenti e prestare ascolto a gesti e parole permette di vedere e sentire una grande quantità di cose che in altro modo non potremmo percepire.

    Ci consente di prendere il respiro, entrare in contatto con noi stessi e ragionare a un livello più profondo diventando una persona migliore.

    Dedicare tempo al lavoro significa dare valore a ciò che fai, affinchè il tuo operato ti renda orgoglioso, attivo ed efficace.

    Questo è l’unico modo in cui possiamo fare davvero un ottimo lavoro.

    Quindi riconoscere il valore del tempo e far fiorire la  pazienza come qualità strategica e produttiva, che ci permette di aprire nuovi scenari di azione, significa RALLENTARE. 

    ESERCIZIO n. 1

    Per una giornata intera prova a:

    . fare l’elenco delle cose da fare

    . elimina la maggior parte, mantenendone solo 3

    . oggi dai spazio solo alle 3 che hai selezionato e falle molto più lentamente di come le faresti di solito

    . Annota sensazioni ed emozioni che affiorano, senza giudicarle, semplicemente annota

    Se hai voglia di condividere puoi scrivermi direttamente o qui sul blog o via mail.

    ESERCIZIO n. 2 

    Condividiamo una poesia che speriamo sia per te spunto di riflessione sull’importanza del riconoscere  il valore del tempo.

    Non ti auguro un dono qualsiasi,

    ti auguro soltanto quello che i più non hanno.

    Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;

    se lo impiegherai bene potrai ricavarne qualcosa.

    Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare,

    non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri.

    Ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,

    ma tempo per essere contento.

    Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,

    ti auguro tempo perché te ne resti:

    tempo per stupirti e tempo per fidarti e non soltanto per guardarlo sull’orologio.

    Ti auguro tempo per guardare le stelle

    e tempo per crescere, per maturare.

    Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.

    Non ha più senso rimandare.

    Ti auguro tempo per trovare te stesso,

    per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono.

    Ti auguro tempo anche per perdonare.

    Ti auguro di avere tempo, tempo per la vita.

    Elli Michler

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.