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    Lavorare al “giusto”ritmo nella complessità

    Vi ricordate la bella intervista a Daniel Barenboim a Che Tempo che fa del 2010?
    Daniel Barenboim è uno dei più famosi pianisti e direttori d’Orchestra del mondo. Fabio Fazio lo intervistò in merito alla Walkiria di Wagner e il Maestro, per far conoscere appieno l’opera del compositore tedesco, portò
    l’attenzione proprio sulla differenza tra complesso e complicato.

    Secondo Barenboim, riferendosi all’opera musicale:
    Complesso è un miscuglio, un insieme di cose che possono essere anche molto semplici, ma che insieme generano qualcosa di nuovo e completamente diverso, da cui a volte non sai cosa aspettarti. Complicato è qualcosa di macchinoso e che non possiede nessuna logica interna.”

    Complessità deriva dal verbo latino plectere, che vuol dire intrecciare, unito alla preposizione cum.
    Potremmo dunque dire che complesso è qualcosa di intrecciato più volte, che può creare disordine e incertezza. Complessità evoca una pluralità di componenti, ma anche un’idea di unità: è quasi un ossimoro.
    Una delle caratteristiche da sottolineare dei sistemi complessi è che puoi descrivere lo stesso sistema a livelli diversi. In una situazione complessa è difficile individuare e gestire tutte le variabili, così come è sostanzialmente impossibile prevederne gli sviluppi. Un problema che definiamo complesso non presenta un’unica soluzione, ma necessita di essere considerato globalmente, analizzando tutti gli elementi che lo compongono e le loro interazioni. Utilizzando le parole del designer Donald A. Norman, complessità è uno stato del mondo, complicato uno stato mentale. Nella complessità, è possibile scorgere una struttura sottostante di ordine.

    Complicato deriva dal latino complicare, e sta a indicare qualcosa di piegato, avvolto su se stesso. Un problema è complicato quando si presenta come il risultato di un insieme di parti difficili da codificare. Sciogliere la complicazione può essere faticoso, ma esiste comunque una soluzione. Ciò che è complicato può essere ridotto a qualcosa di più semplice. Se la complessità è una sfida quotidiana per gli individui e le organizzazioni, complicato rappresenta molto spesso la risposta sbagliata a una richiesta di semplicità. Complicare ciò che è semplice è un atteggiamento tipico di contesti dominati dalla burocrazia. Complicato è tutto ciò che richiede uno sforzo inutile, laddove percepiamo la necessità di uno spreco di tempo ed energie per gestire ciò che potrebbe essere ridotto a qualcosa di ben più semplice. La gran parte della tecnologia che accompagna la nostra vita, nella semplicità con cui si offre al nostro utilizzo, sottende un significativo livello di complessità.

    Se la complicazione è una caratteristica tipica di un’azienda burocratica, la complessità rappresenta l’humus di un’impresa innovativa.

    Per sua natura, l’innovazione ha un rapporto molto stretto con il cambiamento. Lo sviluppo dell’innovazione non sempre è lineare e il risultato non è certo e prevedibile.
    Un’azienda che fa dell’innovazione la propria ragion d’essere sfida la complessità con la semplificazione, sforzandosi di eliminare le complicazioni superflue con poche norme e procedure, non cristallizzate ma sempre rivedibili e modificabili, a seconda dei cambiamenti che l’ambiente esterno stimola e suggerisce.
    La complessità è parte del mondo e delle nostre vite, ma non deve necessariamente assumere i caratteri di una confusione complicata. Per quanto possa provocare incertezze, dubbi e perplessità, la complessità va accolta (che è diverso da accettata. Accettare ha un’accezione più passiva, di rassegnazione, mentre l’accoglienza implica essere un’azione) e gestita. Come sostiene Donald A. Norman, “un certo grado di complessità è desiderabile. Quando le cose sono troppo semplici, le consideriamo anche
    noiose e prive di interesse. Gli psicologi hanno dimostrato che le persone preferiscono un livello medio di complessità: troppo semplice e siamo annoiati, troppo complesso e siamo confusi”.


    D’altro canto, l’essere umano è un meraviglioso esempio di complessità. E, come sempre sentiamo/sappiamo che il vero valore dell’azienda si fonda sulle persone, la complessità non è un argomento, è uno stato di flusso. Nell’essere umano lo possiamo descrivere a livello di singoli atomi e di
    singoli elettroni, ma lì non c’è molto di interessante. Oppure possiamo descriverlo a livello di ciò che fanno le singole proteine e il DNA, poi a livello dei comportamenti delle singole cellule, delle informazioni che le
    cellule si scambiano tra loro, prima quelle più vicine e poi quelle più lontane, per arrivare a ciò che quest’uomo sta pensando, se è sveglio o dorme, se è allegro o triste e così via.
    Ci sono tutti questi livelli di descrizione che si intrecciano tra di loro. In teoria è possibile capire il comportamento delle proteine a partire da quello dei singoli atomi, quello delle cellule a partire da quello delle proteine e così via. È possibile, non è detto che sia fattibile.
    Ma quando passi al livello successivo di spiegazione devi introdurre nuovi concetti, nuove parole, e quindi i vari livelli di descrizione si intrecciano e si influenzano. Non è più sufficiente solo il linguaggio cognitivo della
    mente, abbiamo la necessità di accedere alla nostra mente immaginale, alle nostre intuizioni, alla nostra creatività. Complesso è per esempio l’amore, le relazioni interpersonali, ecc.
    La salute è complessa perché è un processo dinamico e in continuo divenire. Il benessere fisico, psichico, l’alimentazione, gli stili di vita, il lavoro e la vita sociale… sono un insieme di aspetti che non si possono
    considerare singolarmente, che si influiscono a vicenda e che determinano i nostri risultati di successo.


    Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci chiede di partecipare attivamente in prima persona
    per prenderci cura di noi, partendo dalla prevenzione. Mentre la salute è complessa, la prevenzione è complicata, cioè può diventare un insieme di tante piccole, semplici e buone abitudini per raggiungere quella complessità che è il nostro benessere in tutte le sue forme. La sfida per
    manager, imprenditori e innovatori, è duplice: da un lato esplorare l’essenza della complessità, cogliendone la profondità, gestendola in maniera tale da farne emergere l’aspetto più semplice; dall’altro lato combattere ogni inutile, superflua e fastidiosa complicazione.

    Credo che l’attenzione nel 2023 al wellbeing dei collaboratori in azienda abbia questa matrice fondamentale di interconnessione di complessità tra l’uomo e il sistema (natura, azienda ecc.) dove l’uno non è separato dall’altro. Ecco perché l’importanza di far dialogare diversi saperi.

    Il linguaggio teatrale, in particolare il Mito, la Mindfulness, il Coaching, sono strumenti eccellenti di facilitazione per comprendere e sciogliere la complessità, imparando a fluire nell’incertezza.


    Se sei interessato ad approfondire questi temi, ci vediamo il 27 gennaio.

    Info e iscrizioni all’evento da QUI.

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