Azione e attività: 2 lati della stessa medaglia?
Sesto principio vitale dell’azienda: l’AZIONE.
Difficilmente ci soffermiamo a cogliere la differenza.
Forse la maggior parte di noi usa i due termini l’uno in sostituzione all’altro.
Ma tra attività e azione la differenza è legata al tipo di energia che le caratterizza.
L’azione, etimologicamente, deriva da actum,agere = agire.
L’azione potremmo definirla come manifestazione, espressione subito successiva alla fase di gestazione. Entrare in azione in azienda ha a che fare con la progettazione.
L’azione è un’atto libero, conseguenza della nostra capacità generativa.
E’ l’atto di trasformazione del pensiero, che porta al cambiamento.
Ogni progetto,pensiero,idea, vive una sua ciclicità che implica una fase di gestazione, sviluppo, massima espressione, durata, declino e morte.
Tutti i nostri pensieri, progetti subiscono questi passaggi.
La fase di gestazione appartiene all’energia femminile.
Il femminile che nella sua non forma, nella sua energia lunare di intuizione e riflessione, di accoglimento e cura, crea lo “spazio” affinchè l’idea, il progetto prenda forma.
In questo passaggio, proprio come la natura fa con il seme che viene piantato nella Terra, ci vuole un tempo di gestazione.
La Terra, la Madre, accoglie, protegge nel terreno fertile, affinchè poi il seme possa germogliare.
Entrare in azione corrisponde proprio a questa fase, quando dalla gestazione (energia femminile) l’azione emerge, prende forma nella sua fase iniziale (energia maschile).
L’azione ha a che fare con la novità, l’entusiasmo, la creatività, il coraggio e la forza nel manifestare.
Ognuno di noi ha gli strumenti per farne esperienza.
Cosa ci insegnano le discipline orientali in merito all’AZIONE?
Nelle discipline orientali e, in particolare nello yoga, si parla di Karma yoga o yoga dell’azione.
Karma è il “non fare nel fare”.
Lasciare che fluidamente le realtà abbiano il proprio corso.
Si agisce senza aspettare conseguenze o risultati sul breve o medio periodo.
Alcuni lo definiscono lo yoga dell’azione, come muoversi nel mondo offrendo il risultato delle nostre azioni al Sé, o a Dio, come lo si voglia chiamare.
Cercare di fare quello che dobbiamo fare senza rimanere attaccati alla vittoria o sconfitta, al successo o fallimento.
“Si deve compiere il proprio lavoro e le proprie azioni per dovere, senza attaccamento ai frutti dell’azione, perché agendo senza attaccamento si raggiunge il Supremo.” (Bhagavad Gita, III, 18-19).
Entrare in azione è un modo per utilizzare il potenziale della mente.
Si impara ad accedere a questa forza incredibile e a questa conoscenza.
E’ il metodo per sprigionare un’energia con cui è difficile prendere contatto ed utilizzarla, perché il potenziale è già in noi ed aspetta di essere scoperto ed utilizzato.
Lo yoga dell’azione ci istruisce su come lavorare per il lavoro, non-attaccati, senza preoccuparci di ciò che si compie. Ci insegna a non avere aspettative.
Il termine AZIONE ci riporta alla posizione nel mondo che è quella di un donatore, che non si preoccupa mai di ricevere nulla.
Sa che sta donando, e non chiede nulla in cambio.
Non ha nulla a che vedere con retaggi religiosi, e nemmeno con un atteggiamento passivo. Tutt’altro, l’azione è creativa, propositiva, nutriente e generativa.
Sempre nel III capitolo della Bhagavad Gītā, Arjuna, il celebre principe di uno dei più grandi poemi epici dell’India, il Mahabharata, si interroga: se la conoscenza è superiore all’atto, perché impegnarsi e agire? L’eroe infatti è sul campo di battaglia titubante nell’intraprendere una cruenta lotta; preso dal dubbio si chiede se per la sua realizzazione spirituale non debba abbandonare le armi e astenersi dal combattere. Espone così le sue esitazioni a Krishna (manifestazione – Avatāra – del dio Viṣṇu) in una chiarificazione che non tarda ad arrivare.
La divinità gli spiega infatti che vi sono uomini che cercano la realizzazione del sé attraverso la speculazione filosofica mentre altri attraverso l’azione, ma le due strade non sono incompatibili. Anche perché, inevitabilmente, tutti gli uomini sono portati ad agire e ciò non va represso: “L’azione è migliore dell’inazione”, quel che fa la differenza è compierla secondo i nobili principi del karma yoga.
Come entrare in azione in azienda e nella vita ?
L’azione, per essere pregevole e portare alla liberazione deve essere:
- distaccata e disinteressata: colui che agisce lo fa come adempimento al proprio dovere senza aspettarsi ricompense o elogi. L’azione generatrice è equidistante rispetto a tutti gli esiti possibili derivanti dall’atto, ottenendo così la liberazione dall’alternanza desiderio/avversione che altro non è se non uno specchietto per le allodole, eco di un mondo transitorio e illusorio. L’uomo deve fare quello che gli è prescritto, a seconda del suo stato e in quel momento della sua vita, indipendentemente dal biasimo o dall’approvazione che ne conseguiranno. Anzi, dovrebbe trascendere entrambi per liberarsi dalle catene che questi gli hanno imposto.
- consapevole, divenendo completa meditazione: un’attenzione costante tra osservatore, oggetto dell’osservazione e atto dell’osservare che divengono un tutt’uno.
- accedere ad uno stato di flow nell’entrare in azione: non preoccuparci dei risultati della nostra azione ma essere l’azione stessa.
Senza azione non c’è crescita, tutto rimane potenziale.
Quindi quando è consigliabile entrare in azione?
Quando tutto è servizio.
Mangiare, dormire, respirare, se necessario anche combattere o distruggere.
Quando esiste solo la volontà dell’universo espressa attraverso di noi.
E solo allora c’è la vera felicità, un profondo senso di sollievo e riposo durante l’azione che ci permette di poter lavorare per ore e giorni e anni senza fatica, perché non c’è attrito e frizione tra noi e l’universo.
Non c’è bisogno di puntare a numerose azioni o a grandi impatti sul mondo: quando si raffina il nostro contatto con la volontà dell’universo, allora ogni minima azione, anche raccogliere un post it da terra, modifica tutto per il meglio.
Che atteggiamento assumere per entrare in azione?
Occorre essere consapevoli che non esiste spreco, non esiste errore, non esiste ritardo. Investire la propria anima senza soppesare i vantaggi, senza negoziare. Allora, dando il nostro massimo, che è sempre miserrimo, riceveremo la più grande soddisfazione possibile, aver soddisfatto la divinità nascosta dietro la maschera del cosmo.
La comprensione della differenza tra entrare in azione e essere in attività permette di passare da un eccellente progettazione ad un’ottima pianificazione
L’attività infatti, in senso etimologico, deriva da activitas ed ha a che fare con l’esplicazione delle nostre capacità fisiche, intellettuali e pratiche.
L’attività è operosità, è l’insieme delle nostre abitudini: quelle che ci fanno controllare le mail ogni 30 minuti, o il cellulare ogni dieci minuti.
Abbiamo bisogno delle attività per ragioni economiche, perché ci permettono di innescare il “pilota automatico” e mantenere l’energia concentrata più sul core delle nostre azioni.
Attraverso le attività controlliamo cosa succede, sperando, paradossalmente, che non sia successo nulla ma, nello stesso tempo, che ci sia una novità.
L’attività è strettamente collegata all’energia maschile del fare, del controllare.
L’attività, in azienda, è strettamente correlata alla pianificazione.
L’azione, come l’attività, per essere “buona” e/o efficace, implica l’intento.
L’intento ci da’ direzione e chiarezza: focus.
Abbiamo parlato dell’intento, che guida la nostra espressione, dando potere all’ energia personale e lavorativa quotidiana in questo articolo:
La legge di causa-effetto e le sue conseguenze su azione ed attività
Anche se siamo consapevoli che ad ogni azione, per legge di causa effetto, vi e’ una reazione, provocherei nel dire che nell’azione non c’è reazione, nell’attività sì!
Il nostro mondo emotivo sottende alla nostra capacità di agire (azione) o reagire (attività)
Per paura.
Per difesa.
Per subordinazione agli eventi.
Per meccaniche socio-culturali assorbite nella nostra vita personale e aziendale.
Esiste poi un’altra possibilità vincolata alla paura di esprimersi, tema che abbiamo già trattato qui
Al di là delle cause, solitamente la reazione non è consapevole: è atto di contrasto, istintivo, è sforzo. E’ energia maschile.
In azienda il processo coinvolge più soggetti.
La reazione del leader o del management, rispetto ad un evento, tende a generare confusione, instabilità, blocco da parte dei collaboratori.
La chiave è iniziare ad osservare la quantità ed il peso del numero delle nostre azioni, rispetto alle nostre attività.
Quante e quali azioni svolgi nella tua giornata?
Quante e quali attività svolgi?
Hai mai associato il tuo senso di stanchezza alla mancanza di azioni?
“Non c’è nulla che possa aiutare maggiormente una persona a superare o a sopportare le avversità che la consapevolezza di avere uno scopo nella vita…”
scriveva Victor Frankl neurologo, psichiatra e filosofo austriaco, fra i fondatori dell’analisi esistenziale dell’uomo. Prigioniero dal 1942 al 1945 in quattro campi nazisti tra cui Auschwitz e Dachau.
Intento, azione e attività: 3 ingredienti fondamentali per essere vitali in azienda e nella vita
Il mezzo di passaggio dall’intento all’azione e dal’azione all’attività è la consapevolezza.
Una tecnica molto diffusa per percorrere questa via è la Mindfulness che, attraverso la pratica, aiuta a conoscere i propri pensieri, emozioni, motivazioni e anche il proprio corpo, prestandogli attenzione momento per momento, intenzionalmente e con sospensione del giudizio.
La Mindfulness partecipa quindi alla comprensione della propria forma-pensiero che sostiene ed influenza l’azione e l’attività , l’atteggiamento del manager/ del leader in azienda e dei mezzi che permettono di controllare e direzionare il pensiero rendendolo unico, creativo ed efficace.
Ma il processo è ancora più ampio. Occorre dotarsi di strumenti per il raggiungimento di più benefici:
- Maggiore creatività, entusiasmo e motivazione
- Nuovi schemi mentali
- Ampliamento capacità di osservazione
- Trasformare le re-azioni in azioni consapevoli
- Incremento capacità di lavorare in team
E’ quanto approfondiamo insieme con “Thinking Growth”, uno dei quattro pillars del metodo Energyogant.
ESERCIZIO:
Esercizio del “COSA POSSO FARE?”
Prepara 2 fogli bianchi.
Al centro del primo foglio scrivi “AZIONI” inserendo la parola in un cerchio al centro del foglio.
Al centro del secondo scrivi “ATTIVITÀ“ inserendo la parola in un cerchio al centro del foglio.
Ora,siediti in una posizione comoda, con la schiena dritta e non appoggiata allo schienale, tieni le gambe parallele con i piedi ben piantati a terra.
Chiudi gli occhi e semplicemente fai dei respiri lenti, calmi e profondi.
Ascolta in questo momento come stai e come sta il tuo corpo.
Resta 3 minuti in questo stato di silenzio e ascolto.
A prossimo espiro apri gli occhi.
Inizia dal foglio delle AZIONI e, alla luce di quanto letto nell’articolo, inizia a tirare dei raggi dal centro e alla fine di ogni raggio scrivi una tua azione.
Poi fai lo stesso con il foglio delle ATTIVITÀ
Osserva i 2 fogli e nota quante sono le azioni e quante sono le attività.
Chiudi di nuovo gli occhi per qualche istante e ascolta cosa arriva.
Emozioni, stati fisici, respirazione.
Non c’è un giusto ed uno sbagliato.
E’ un punto di partenza!
Ti ringrazio per l’attenzione che hai prestato e con la fiducia che ispirano queste parole, continuiamo o iniziamo il nostro lavoro, portando più’ consapevolezza alle nostre azioni.
“Dedicando a Me tutte le tue attività, in piena consapevolezza di Me, libero dal desiderio di profitto, da rivendicazioni di possesso e dall’indolenza, lotta, o Arjuna!
ENERGYOGANT
Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.
E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il benessere organizzativo.
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