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comunicazione non violenta

  • Il metodo

    Non violenza e benessere aziendale

    La comunicazione non violenta in azienda.

    Oggi parliamo di non violenza, il terzo degli otto principi vitali dell’azienda e di come incide sul benessere personale e aziendale.

    Alla base di ogni relazione c’è la comunicazione. 

    Il tono, i vocaboli, il tempo e il ritmo che scegliamo per scambiare opinioni, pareri, idee con gli altri, ne determina lo stile.

    Il significato di “comunicare” è proprio “mettere in comune“, ossia condividere pensieri, opinioni, esperienze, sensazioni e sentimenti riguardo ad un argomento.

    Il primo canale di comunicazione è il linguaggio che può essere verbale, paraverbale, cinestesico, ecc. 

    ll linguaggio e’ sempre uno strumento potente, che agisce sia dentro che fuori di noi.

    E’ composto da vibrazioni che vengono emesse in un  “campo” ed ha un potere reale in grado di influenzare  la realtà.

    I nostri pensieri creano la realtà in cui viviamo e si manifestano anche con la parola.

    Il nostro mondo interiore crea il nostro benessere personale e aziendale 

    Il nostro mondo interiore crea la realtà esteriore, per cui le esperienze che viviamo quotidianamente, le persone che attiriamo nella nostra vita, quelli che noi definiamo impropriamente “successi e fallimenti” derivano dalla mente inconscia. Il 95% delle nostre azioni sono dettate e guidate dal nostro inconscio.

    Hai presente un diapason? È un piccolo strumento costituito da un’asticella e da due rebbi. Viene usato nella pratica musicale per produrre la nota “La” e accordare gli strumenti. 

    Se viene percosso e viene posto accanto ad un altro diapason, trasmette ad esso il proprio moto oscillatorio ponendolo in vibrazione senza che quest’ultimo sia stato sfiorato. Questo fenomeno prende il nome di oscillazione simpatica o risonanza acustica e si verifica perché frequenze simili si attraggono.

    Qualcosa di simile avviene nella nostra realtà, i pensieri sono vibrazioni di una determinata frequenza e attirano eventi, episodi della stessa frequenza.

    Ecco quindi svelata la responsabilità che abbiamo dei nostri pensieri e delle nostre parole.

    La nostra comunicazione può essere efficace,ispirante,volgare, aggressiva, violenta.

    La CNV (comunicazione non verbale) è un modo di stabilire un collegamento empatico con se stessi e con gli altri.

    Quando la comunicazione e’ violenta, lo e’ prima di tutto con se stessi.

    Attenzione, non si tratta solo di una violenza urlata e/o esplicitata.

    Fatichiamo ad ammettere di essere persone violente, perché ciò si scontra con i nostri condizionamenti culturali e religiosi.

    Ma la prima grande consapevolezza e’ che spesso mettiamo in campo comportamenti e messaggi violenti nei confronti di noi stessi, quando non ci rispettiamo, quando non ascoltiamo il nostro corpo, quando mangiamo esageratamente, dormiamo poco, lavoriamo come stakanovisti senza riposo, quando non accogliamo le nostre fragilità, non diamo spazio alle nostre emozioni reagendo istintivamente, non ci riconosciamo nella nostra forza ed unicità: anche questa e’ una comunicazione violenta, sicuramente più “silente”, ma spesso molto radicata.

    Quante volte sei violento con te stesso nella tua quotidianità?

    Nella tradizione yogica si parla di AIMSHA = non violenza, come uno dei principi fondamentali. Il termine è una parola sanscrita che afferma il principio di non violenza in senso universale.

    Evitare di far del male ad ogni creatura è la vera sapienza, tutto il resto è ignoranza.

    BhagavadGita

    Ahimsa non è semplicemente non fare del male agli altri, a noi stessi e all’ambiente, NON è un principio passivo, ma è sviluppare un’ATTENZIONE AMOREVOLE verso ogni essere vivente. E’ essere attenti che le proprie azioni siano utili non solo a noi stessi, ma al resto del mondo.

    La violenza è una catena di azioni e reazioni che non hanno fine. 

    La non violenza è spezzare questa catena.

    Quindi più che uno strumento di comunicazione, la comunicazione non violenta diventa un’arte di vivere.

    Si mette al servizio di ciò che è vitalità  in ognuno di noi, mettendoci in contatto con un dinamismo naturale quotidiano, focalizzando l’attenzione sulle azioni che arricchiscono la nostra vita insieme a quella degli altri.

    La comunicazione non violenta incide sul benessere aziendale

    Esiste una relazione stretta tra pensiero, parola e azione.

    La parola è un suono generativo.

    Le religioni e le tradizioni riconoscono il suo potere creativo.

    Nella tradizione indiana è nota la potenza della frequenza vibratoria di ogni parola: i mantra sono strumenti “ energetici” per liberare la mente e potenziare consapevolezza e concentrazione assumendo un valore materializzante e di attrazione.

    Il mantra per eccellenza è il verbo OM, il capostipite di tutte le vibrazioni sonore che tutti noi conosciamo e da cui, come spiega Yogananda, deriva l’infinita potenzialità del suono. 

    Nel Vangelo di Giovanni (Giovanni 1:1) la parola è il primo atto della Creazione “ In principio era il Verbo…”

    Anche nelle favole le parole generano manifestazioni straordinarie: “Abracadabra” o “Apriti sesamo” hanno un valore riconosciuto dalla gran parte della popolazione mondiale.

    Le parole sono  vibrazioni di energia e creano malessere o benessere personale e aziendale: indifferentemente.

    Nel momento in cui parliamo, portiamo i nostri pensieri direttamente sul piano fisico, sotto forma di onde sonore, caricate dal nostro intento, che sta dietro ogni parola pronunciata. 

    Le onde sono frequenze che si connettono a quelle del mondo che ci circonda e plasmano anche chi le pronuncia.

    Scegliere le giuste parole affinché quanto comunicato, dalla voce e dal corpo, moduli l’ambiente e la relazione con l’altro è principio alla base della comunicazione non violenta.

    Allo stesso modo l’offesa o la reazione aggressiva che rivolgiamo all’altro diventa in realtà parte della nostra vibrazione e ci proietta in uno stato distonico.

    Esempio:quando qualcuno ti taglia la strada mentre stai guidando, la tua comunicazione verbale di rabbia esce dalla tua bocca, ma vibra anche all’interno della tua cassa toracica, nella tua bocca dello stomaco, nella tensione delle tue spalle.

    Allenarsi alla comunicazione non violenta genera benessere aziendale 

    È necessario abituarsi a prestare attenzione alla qualità dei suoni che pronunciamo e ai movimenti del nostro corpo, affinché si manifesti l’equilibrio tra pensiero, suono e intento creando l’energia positiva che rende generative le nostre parole.

    Occorre anche avere chiaro il proprio obiettivo, agire per ottenerlo nel rispetto degli altri, senza sensi di colpa o manifestazioni di sfiducia personale in caso in cui ci sia difficile o impossibile raggiungere ciò che si desidera.

    Come definiresti la tua comunicazione?

    Generalmente si identificano 3 stili di comunicazione: passivo, aggressivo e assertivo.

    Comunicazione passiva : la caratteristica principale di questa modalità è la difficoltà ad esprimere le proprie opinioni,o i propri sentimenti, ritenendo gli altri migliori di sé, e temendo il loro giudizio. 

    Comunicazione aggressiva : il comportamento aggressivo è invece tipico di quando si tenta di soddisfare unicamente i propri bisogni prevaricando gli altri. Chi ha uno stile aggressivo ritiene di essere sempre nel giusto.

    Comunicazione assertiva: chi utilizza questo tipo di comunicazione si esprime attraverso la capacità di utilizzare lo stile relazionale e la modalità di comunicazione più adeguati in base al contesto relazionale e all’obiettivo che si vuole raggiungere.

    All’interno della comunicazione assertiva, possiamo inserire la Comunicazione Non Violenta.

    Utilizzando uno stile di comunicazione assertivo non solo si aumenta l’efficacia delle proprie opinioni e azioni ma si diventa anche più indipendenti nel pensiero, nelle emozioni e nelle relazioni con l’altro.

    I passaggi interessanti sono :

    • imparare uno stile di linguaggio aperto e costruttivo: essere attori positivi e non solo reagenti nel contesto aziendale
    • assumere un atteggiamento empatico rispetto al mondo emotivo dell’altro ricordando che tutto è energia, e che noi vibriamo con l’ambiente che ci circonda, e l’ambiente fa lo stesso con noi.
    • rafforzare la fiducia in sé e nelle proprie idee per poterle comunicare apertamente, accogliendo quelle dell’altro senza scartarle a priori
    • farsi UNO armonizzando, grazie alla consapevolezza, la forma verbale (parola) e la forma non verbale (corpo)
    • affrontare le critiche e i conflitti in modo efficiente
    • avere chiaro il proprio intento e non permettere che flussi emotivi personali, toni aggressivi o intimidatori dell’altro, contesti sfavorevoli possano distoglierci dall’impegno nel raggiungerlo.

    La CNV inoltre ci invita a porre attenzione a 4 passaggi fondamentali per rendere la nostra comunicazione costruttiva e generativa di benessere aziendale.

    1. Osservazione:

    Descrivere in modo oggettivo, senza valutazioni, i fatti a cui ci riferiamo o a cui stiamo reagendo.

    1. Sentimenti:

    Riconoscere i nostri sentimenti, ciò che proviamo nel nostro corpo e nel nostro cuore in riferimento a quanto osservato.

    1. Bisogni:

    Esprimere i bisogni soddisfatti o insoddisfatti che hanno causato i nostri sentimenti.

    1. Richiesta:

    formulare una richiesta concreta, positiva, nel presente, che descriva le azioni che in quel momento scegliamo di intraprendere per soddisfare i bisogni umani presenti in noi in quel momento, in quel contesto, con quella persona, ecc…

    ESEMPIO

    Esprimi le tue osservazioni senza giudizi:

    QUANDO OSSERVO (VEDO, INTENDO)… che la tua scrivania e’ sempre piena di fogli, cartelle, penne.

    Esprimi come ti senti:

    IO MI SENTO (IO MI SONO SENTITO)… stanca e avvilita

    Esprimi i bisogni che hanno causato i tuoi sentimenti:

    PERCHÉ’ HO BISOGNO… di correttezza e di collaborazione per il mio tempo e le mie energie.

    Esprimi le tua richiesta concreta, positiva, nel presente:

    MI PIACEREBBE CHE/SARESTI D’ACCORDO… di raccogliere i tuoi fogli e di metterli al loro posto?

    La comunicazione NON verbale implica il potere del Sé

    Dobbiamo allenarci. Noi siamo abituati a reagire ed impegnarci a piegare l’altro, piuttosto che valorizzare e rinforzare le nostre idee.

    Siamo continuamente nello sforzo per raggiungere l’obiettivo velocemente e a tutti i costi senza mollare la presa.

    Produciamo pensieri che possono volgere a nostro favore il momento, dimenticandoci che facciamo parte di un organismo “vivente” più grande che ha regole fondate sul fluire armonico del TUTTO, nel lungo periodo. Non siamo abituati ad accettare il dissenso. Per lo più avanziamo, attingendo anche a comportamenti e manifestazioni violente, pur di difenderci.

    Dovremo ricordarci invece che il pensiero offensivo, espresso in parola o gesto, che rivolgiamo all’altro vibra anche in noi. 

    Perchè se TUTTO è UNO , l’altro sono io.

    E’ necessario quindi acquisire, o solo riappropriarsi di nuovi/ diversi poteri, che si discostano da quanto applicato quotidianamente nella maggioranza dei sistemi relazionali: 

    • Il potere di lasciare andare, abbandonare lo sforzo e fluire con il sistema, del quale facciamo parte.
    • Il potere di accogliere le opinioni positive e le critiche dell’altro
    • Il potere di non reagire dando valore alla questione in modo oggettivo, e non personale.
    • Il potere di esprimersi e muoversi nello spazio generando energie positive per il contesto, e non solo per se stessi.
    • Il potere di riconoscere la validità dell’idea dell’altro mantenendo fisso il focus sulla propria.

    Si tratta sempre di potere, ma e’ un potere vibrante, inclusivo e generativo di benessere personale e aziendale

    Nelle dinamiche sociali e d’azienda le somiglianze, e le differenze legittime, interagiscono per costruire un equilibrio etico per la società e per supportare uno sviluppo differenziato dei legami sociali: il nostro stile di relazione e comunicazione nutre questo equilibrio.

    Partiamo da noi stessi, nutriamoci di coraggio, fiducia e rispetto per noi e per gli altri.

    Assumiamoci la responsabilità di chi siamo.

    Riscopriamo il nostro valore, in modo semplice ed onesto senza sovrastrutture determinate da aspettative o ricatti imposti e condividiamolo per il benessere aziendale e del nostro pianeta.

    Facciamoci portatori di questo nutrimento, così che le nostre parole e azioni si amplificano nell’ambiente!

    ESERCIZIO 1:

    Elenca 5 forme di violenza che manifesti nei confronti di te stesso.

    A fianco a tale elenco scrivi 5 azioni all’opposto che puoi mettere in campo per iniziare a praticare la non violenza nei confronti di te stesso.

    Esempio:

     Non sono mai contento dei miei risultati. 

    Riconosci un tuo risultato raggiunto (valgono anche piccole cose) e scriviti un pensiero di apprezzamento. 

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    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Dormire bene ed eliminare la stanchezza…con la tecnica della ricapitolazione

    Quando la stanchezza allenta la nostra capacità di prendere decisioni lucide e positive è probabile che la nostra energia vitale sia rallentata o bloccata. 

    Tale stato può dipendere dal fatto che, nelle tante esperienze di vita, lo scambio energetico è stato spesso “sfavorevole”. Alcuni condizionamenti, personali e familiari, ci hanno indotto e probabilmente ancora ci inducono, ad agire in maniera poco consona al nostro sentire e alle situazioni, con il risultato di restare, dopo ciascuna esperienza, sempre più disallineati.

    Tutto questo, a livello fisico si traduce in stanchezza o debolezza fisica e mentale.

    Di fatto tutte le esperienze che viviamo nella nostra vita, sia positive che negative, modificano permanentemente le connessioni tra i neuroni, le sinapsi del nostro cervello. E queste alterazioni sono responsabili della nostra memoria. Quando noi viviamo un’esperienza che rimarrà impressa nella nostra memoria e ricordata nel futuro, nel cervello si genera un segnale elettrico che produce delle variazioni chimiche e modifica la struttura di determinati neuroni. E’ estremamente affascinante vedere come la scienza ha iniziato a fare luce sui processi e su come il cervello allevia le paure legate ai traumi lontani e ricordi passati, considerando il nostro cervello simile a quello di un hard disk: vengono riscritti nuovi dati su vecchi ricordi. 

    Ci sono studi estremamente affascinanti che spiegano che gli stessi neuroni coinvolti nel generare un ricordo sono, a loro volta, coinvolti anche nella trascrizione di una nuova memoria su quello stesso ricordo.

    Altrettanto affascinanti sono tutti gli esperimenti fatti sugli effetti post traumatici da immagini di guerra nei militari. Gli scienziati hanno scoperto che facendo rivivere centinaia di volte quelle scene, il cervello riusciva a liberarsi dalla sofferenza legata a quel ricordo. E questo stesso principio, molto affascinante, è presente anche nelle tradizioni sapienziali millenarie presenti nel pianeta tra cui la pratica della ricapitolazione.

    Pensate, se ha tradizioni così antiche e se viene utilizzato anche in psicologia per traumi così importanti, come può davvero esserci utile per alleggerire le nostre pesantezze quotidiane e salutare la stanchezza!

    Sono circa 6 mesi che ho acquisito questa nuova abitudine e, all’inizio non è stato facile, ma ora non riesco a farne a meno.

    E’ un mio piccolo “momento magico” a fine giornata dove, faccio un pò il recap (una volta vi ricordate, a catechismo, lo chiamavano esame di coscienza. Diciamo che il retaggio di quel momento ho dovuto elaborarlo proprio per lasciare andare la connotazione di pesantezza che la sola parola “esame” mi suscitava)   e questa sequenza mi aiuta, non solo a lasciare andare, ma a fare più chiarezza e a rendere la mia mente più lucida e meno affollata di emozioni non ben comprese.

    Il beneficio immediato per me è stata la migliore qualità del sonno e gli effetti benefici del risveglio la mattina.

    Ci vuole allenamento e…un pò di coraggio. Vediamo un pò meglio insieme di cosa si tratta e se mi segui fino in fondo, puoi anche provare a sperimentare una mia interpretazione audio guidata che spero ti possa ispirare.

    Isolare e riconoscere

    La ricapitolazione, intesa come antica tecnica dei veggenti toltechi, riportata in tempi moderni ne “Gli insegnamenti di Don Juan” dello scrittore di origini peruviane Carlos Castaneda, insegna proprio a rimuovere le energie negative che bloccano, spesso a nostra insaputa, l’energia personale e accentuano la stanchezza. La tecnica viene detta “della Ricapitolazione” perché in effetti consiste nel riconoscere ed isolare diversi tipi di comportamenti per poi modificare il modo, spesso coatto, di reagire ad eventi e situazioni.

    La ricapitolazione ti darà un momento di silenzio, questo ti permetterà di buttare via le premesse e di fare spazio per qualcosa d’altro. Verrai fuori dalla ricapitolazione con delle storie senza fine a proposito del Sé, ma non stai più sanguinando” scrive Castaneda

    Una super tecnica

    Quasi mai realizziamo che possiamo tagliare via qualunque cosa dalla nostra vita, in qualunque momento, in un istante” scrive Castaneda. 

    La tecnica della Ricapitolazione insegna proprio a fare questo, liberando l’energia rimasta intrappolata nel nostro vissuto personale e sociale e renderla nuovamente fruibile dal nostro corpo energetico. 

    Durante la tua storia personale hai affrontato infinite esperienze di vita, ciascuna delle quali ti ha coinvolto in uno scambio energetico con quella determinata situazione (relazioni affettive, traumi, avvenimenti, ecc,) e con le persone ad essa collegata.
    Non tutti gli avvenimenti ti hanno coinvolto allo stesso modo, alcuni sono stati più significativi di altri e, di conseguenza, anche l’intensità dello scambio energetico è stata differente.

    I 4 passi fondamentali della ricapitolazione per eliminare la stanchezza

    In quanto tecnica antica estremamente potente, se allenata e mantenuta, ha delle caratteristiche di cui è necessario tenere conto

    1. Scelta del tema (evento o una persona) da ricapitolare. 

    Si sceglie un tema del quale si sente il bisogno di portare alla luce un eventuale modello ripetitivo per poi scioglierlo (esempi: il lavoro, il rapporto col denaro, con il mio capo, con il mio corpo fisico ecc…) oppure un evento significativo (esempi: la perdita del lavoro, la rottura con un socio o collega, un incidente stradale ecc..). Questo lavoro si può fare su un singolo evento, del quale si sente la necessità, oppure facendo un elenco di tutti gli eventi significativi della propria vita, in ordine cronologico dal più vecchio al più recente, e si comincia dal primo della lista fino alla fine. 

    1. Agguato al sé personale. 

    Si può condurre individualmente o con l’aiuto di un coach (è un ruolo attivo ma senza giudizio, invita la persona che ricapitola a ricordare meglio i dettagli dell’evento). Si osserva (non si analizza) in particolare in quell’evento come era il nostro corpo fisico (posizione, tensioni, chiusure o aperture), il nostro respiro (contratto, breve, largo, profondo,..), le nostre emozioni (rabbia, colpa, gioia,..), il nostro dialogo interno (ovvero la frase che ci siamo detti e che ancor oggi ci diciamo rievocando quell’esperienza). Qui si può inserire anche un agguato al nostro “sé famigliare”, il nostro comportamento per caso ricorda il comportamento di nostro padre o nostra madre avvenuto in circostanze simili? Con chi ci siamo identificati sino ad oggi nell’agire o reagire in questo modo quando ci troviamo a vivere quel tipo di situazioni?

    1.  Respiro spazzante. 

    Si tratta di una  particolare respirazione che scioglie e libera le fibre energetiche che ci legano all’evento. Il corpo dirà quando ne ha abbastanza. Il respiro spazzante è una particolare tecnica di respirazione basata su un cambio di direzione eseguita con il capo, che scioglie e libera le energie cristallizzate a quel determinato evento della tua vita. Nel linguaggio tolteca viene riconosciuto a sinistra il passato, a destra il futuro.

    VADO A RACCOGLIERE DALL’ANTICO PER PORTARE ALL’ATTUALIZZAZIONE DI ME STESSO
    “L’elemento chiave della Ricapitolazione è la respirazione. Il respiro… è magico”(Carlos Castaneda).

    1. Cambio di direzione. 

    Il nostro corpo fisico ed energetico sono una struttura di tensegrità in cui tutto è connesso. Se si cambia o si sposta anche un solo elemento che compone il nostro modello di riferimento, un po’ come fosse un castello di carte, il modello crolla in un istante! In questa fase dunque si introduce un cambiamento, può essere un elemento che va a cambiare la direzione di questa energia intrappolata nel corpo fisico o energetico, il cambio della postura del corpo, del respiro, del dialogo interno. 

    Cambiando un elemento che compone il modello, il modello vacilla, può crollare anche all’istante e iniziano ad emergere nuove possibilità, nuove soluzioni prima non visibili e prevedibili.

    E’ importante in questa fase scrivere i nuovi passi che si vogliono realizzare, nuove azioni o comportamenti venuti alla luce dopo la ricapitolazione e usare tutta l’energia e l’intento per prendere nuove decisioni.

    I benefici della ricapitolazione che non ti faranno sentire la stanchezza

    Il respiro spazzante scioglie il legame che ci teneva uniti al vecchio modello costruito sulle vecchie esperienze, il cambiare direzione ci permette di far si che questo modello “crolli” lasciando spazio ad una nuova visione dell’esperienza, un nuovo giudizio (o la sospensione del giudizio) o una differente soluzione alternativa. Lasciare che nel silenzio interno si manifesti il nuovo percorso, la nuova alternativa e portarla a realizzazione nel proprio quotidiano. Quest’ultimo passo è fondamentale, non è un lavoro psicologico fatto solo con la mente, è un lavoro energetico fatto con tutto il corpo fisico ed energetico. Può capitare che si avvertano durante la ricapitolazione una serie di “resistenze” a continuare, resistenze spesso poste dalla mente come ostacoli, mancanza di volontà, perdita di scopo, difficoltà ad affrontare situazioni dolorose o difficoltose della propria vita. E’ la mente razionale che teme di perdere il controllo, avverte che stiamo accedendo ad altre risorse alle quali lei non ha accesso: è il nostro corpo energetico, molto più potente e, per questo, la nostra mente lo teme. 

    La ricapitolazione ha un effetto cumulativo, più andate avanti più gli effetti si manifestano velocemente ed efficacemente e la mente dopo un pò molla la presa.

    A breve o medio termine potrete avvertire o assistere a questi benefici (ne ho elencati alcuni anche se gli effetti sono ovviamente soggettivi, dipendono dal lavoro che si è fatto, dagli eventi soggetti a ricapitolazione e a noi stessi).

    • Rottura degli schemi ripetitivi: si ha accesso a nuove opportunità
    • Maggiore fluidità percettiva
    • Accadono sempre dei cambiamenti nelle relazioni con le persone che avete ricapitolato 
    • Senso di completezza, integrità
    • La nostra attenzione si sposta dal passato al presente (come disse Castaneda, ci si sposta dall’ultima carrozza del treno osservando i binari della propria vita che scorrono all’indietro alla prima, quella del conducente, dove si coglie l’attimo che arriva, in ogni istante)
    • Aumenta il silenzio interno (assenza di giudizio)
    • Aumento dell’energia a disposizione
    • Aumento del sognare e dei sogni consapevoli
    • Maggiore rilassatezza e distacco emozionale dagli eventi
    • Apertura verso nuove prospettive;

    Tecnica di Ricapitolazione guidata

    La tecnica della ricapitolazione ha assunto, nel corso del tempo, diverse forme operative. La versione che ti propongo lavora su un passato recente (la tua giornata) al fine di ripulire il tuo sistema (corpo energetico) e creare più facilmente le condizioni per un buon riposo e per il personale benessere.

    Ti consiglio di farla principalmente la sera proprio poco prima di coricarti, ma una volta acquisita la nuova buona sana abitudine, ti verrà spontaneo ricorrere anche durante alcune giornate dove senti che la stanchezza prende il sopravvento

    Le principali fasi della versione che ti propongo ora sono:

    • Rilassamento iniziale;
    • Ricapitolazione guidata
    • Applicazione del respiro spazzante
    • Fase conclusiva
    Ricapitolazione guidata

    Riporta l’attenzione a ciò che è accaduto prima di esserti preparato per la meditazione:

    al dopo cena, a cosa è accaduto durante la cena, a cosa è successo dopo esser tornato a casa e aver concluso i tuoi impegni lavorativi, di cura o altro. Ora, tra questi ricordi, recupera la memoria dell’elemento negativo, che in qualche modo ti ha segnato, facendoti innervosire, arrabbiare agitare. Ti darò qualche secondo per poter rivivere il più possibile quella sensazione fastidiosa.

    Sempre mantenendo un po’ l’attenzione a quell’evento, a quella sensazione, ruota la testa verso la spalla destra e inspirando ruota la testa verso sinistra e all’espiro butta fuori l’aria riportando la testa in posizione centrale. Questo è il respiro spazzante. Ora rispetta i tuoi ritmi ripetendo per 2 /3 volte. Ti lascio qualche secondo

    Ora proseguiamo il viaggio nella memoria della tua giornata. 

    Ti invito a ricordare cosa è accaduto prima del tuo rientro a casa, mentre stavi ritornando a casa, forse a piedi, in macchina, su un mezzo di trasporto pubblico. Porta l’attenzione a ciò che ti è successo sul posto dove svolgi l’attività lavorativa, sportiva, del tempo libero. 

    E ora torna al momento dopo il pasto.

    Come prima ti chiedo di recuperare l’elemento della giornata che ti ha lasciato emozioni negative, fastidio, rabbia, gelosia, rancore, malinconia e quando l’avrai trovato esegui nuovamente la tecnica del respiro spazzante. Quindi rivivi la situazione, porta la testa verso la spalla destra, inspirando porta con te la memoria dell’evento verso la spalla sx e poi liberati dal fardello emotivo attraverso l’espirazione, riportando la testa verso il centro. Io ti lascio ancora qualche secondo in modo da svolgere l’esercizio secondo i tuoi ritmi e con tutte le ripetizioni che credi necessarie. 

    Ora torniamo con la memoria al momento del pranzo, alle attività che hai svolto durante la mattinata, al lavoro, forse in palestra, forse viaggiando, ricorda la situazione ed anche le persone coinvolte, ritorniamo al momento in cui ti sei preparato al momento prima di uscire da casa, al momento del tuo risveglio, e ancora una volta recupera qualche evento o sensazione emotivamente difficile e quando sentirai il momento esegui il respiro spazzante. Ti lascio qualche secondo. 

    Ora riporta l’attenzione al corpo e al tuo respiro naturale e, in questa piacevole situazione, assapora la calma e la tranquillità. Con i tuoi tempi riapri gli occhi.

    La ricapitolazione è la capacità che noi abbiamo rivivendo il nostro passato di recuperare energia, di allentare così la stanchezza, di recuperare unità di consapevolezza, comprendere il dono di quanto accaduto, essere in grado di maturare delle virtù, delle capacità, ritornare ad uno stato di integrità, proprio a partire da ciò che è accaduto, a crescere, ad evolverci, a metabolizzarlo ed integrarlo e poi a liberarlo dai contenuti che sono relativi spesso alla sofferenza o frustrazione.

    Se sei interessato a questa e ad altre tecniche, da utilizzare per gestire al meglio la tua energia personale e quella dei tuoi collaboratori per non sentirti sopraffatto dagli impegni lavorativi e dallo stress, trasformare le tue risorse in potere personale, affinare l’integrazione tra  i tuoi valori personali e quelli aziendali, potenziare la leadership senza autorità e la comunicazione non violenta, migliorando feedback e feedforward il 22 settembre inizierà l’HR energy Training, il primo percorso di crescita personale e benessere psicofisico dedicato ai responsabili delle risorse umane. 

    Per info e iscrizioni info@myhara.it  

  • Il metodo

    Assenso e consenso aumentano la leadership e amplificano l’unione nel team

    L’assenso e consenso non sono la stessa cosa. Il consenso riguarda un accordo legale e vincolante: es. dò il consenso ai trattamento dei dati, ecc. L’assenso invece è un accordo e, come tale, non è unanimità, bensì una decisione che viene presa quando non ci sono obiezioni, quando non si vedono più motivi per non agire in quel modo. L’assenso è lo spirito che informa il processo, ovvero la volontà di venirsi incontro, più che la forma del processo stesso.

    Ho trovato diverse definizioni di vocabolari, dove spesso le definizioni assenso e consenso sono utilizzate indifferentemente.

    Per il mio argomentare in questa sede, mi affascina restare più significativamente vicina alla definizione etimologica, assensus, da assentire, essere del medesimo avviso. Acquietamento della mente ad una cosa che viene proposta o affermata.

    Che bella cosa! Acquietare la mente, non disperdere più altra energia in inutili commenti, lamenti ecc. e concentrarsi per dare espressione al proprio Sé.

    In quest’ultimo periodo sento il bisogno di ascoltarmi più intensamente, cercando di non disperdere le mie energie, chiedendomi, in particolare, cosa posso fare, cosa devo comprendere, di più e meglio, grazie al lavoro di coach nella relazione di aiuto, per poter essere uno strumento di luce, affinchè tutto ciò che faccio sia allineato al massimo bene e porti i migliori risultati per me e per tutti gli esseri.

    Il tema del lavoro a distanza o del lavoro ibrido, che sta creando un nuovo assestment nelle aziende, e la difficoltà di far sentire i team coesi e compresi tra loro e con gli altri stakeholder, da ormai qualche settimana mi attiva interiormente soprattutto ricollegandomi al tema a me tanto caro del SENSO di quello che faccio e di come lo faccio.

    Definire cosa è bene e cosa è male per un’azienda e per le persone che vi lavorano ha a che fare con i valori e con la volontà del singolo manager di voler scrivere una pagina di storia dell’azienda di cui è entrato a far parte. Il bene di un’azienda spesso viene fatto coincidere con i risultati di lungo periodo. Il “long term” costituisce spesso l’ultima spiaggia nelle discussioni su situazioni di business complesse e controverse. Non sono convinta che questo sia esaustivo. Al mondo d’oggi, come ci insegna la geometria, il lungo periodo non è che una retta composta da un’infinita sequenza di tanti brevi periodi.

    Il bene di un’organizzazione ha piuttosto, secondo me a  che fare con la coerenza e l’alleanza verso l’esecuzione della strategia. Se un team crede nella propria strategia, questa stessa diventa il bene da proteggere.

    La strategia per definizione si propone o di superare una barriera (ammesso che questa sia stata ben identificata) o di cogliere un’opportunità significativa. In ambedue i casi la strategia ha lo scopo di traghettare l’azienda verso la prosperità.

    La prosperità, secondo il vocabolario, è “uno stato di benessere e di sviluppo, uno svilupparsi e svolgersi felicemente e con buoni frutti” 

    La prosperità porta buoni frutti quando il terreno è fertile.

    A tal proposito vorrei citare Igor Sibaldi quando ci parla di successo facendo riferimento alla felicità e ci chiede se il potere è legato al successo. Successo come participio passato di succidere, far succedere, creare, far germogliare…

    Sibaldi continua ponendo l’attenzione sulla differenza degli aggettivi contento (da continere, trattenere, contenere) e felice (da felix nel senso di fertile, che crea le condizioni per far succedere). La persona contenta non può avere successo. Solo la persona felice ha successo.

    Avere un terreno fertile è la prima preoccupazione anche dei permacultori.

    La permacultura è un insieme di pratiche mirate per progettare e gestire paesaggi antropizzati che soddisfino i bisogni della popolazione quali cibo, fibre ed energia e al contempo presentino la resilienza, ricchezza e stabilità di ecosistemi naturali.

    L’azienda è un sistema vivente e l’assenso e consenso sono linfa vitale

    Oggi l’azienda è decisamente un sistema vivente integrato e mai come ora vedo nella  contaminazione con altri sistemi organizzativi spunti di crescita stimolanti.

    Nel mondo no profit, in quello associazionistico, nei nuovi modelli di ecovillaggi e nella permacultura viene spesso applicato il metodo dell’assenso e consenso che ha origini in Olanda negli anni 70, con la sociocrazia.

    Ho fatto la scorsa estate 2021, in Umbria, un ‘esperienza molto interessante, con un facilitatore della sociocrazia nei sistemi no profit che mi ha molto affascinato, perchè esperendola, in prima persona, ho compreso non solo il mio cambiamento di coinvolgimento e partecipazione, ma il mio sentirmi responsabile rispetto all’altro collega, applicando il metodo dell’assenso. Il risultato per me e per il mio gruppo è stato entusiasmo, impegno e condivisione, ma soprattutto sentirci parte importante di un Tutto che senza di noi non avrebbe avuto risoluzione. Alla base di questo senso di appartenenza c’era una condivisione di valori comuni.

    Con l’assenso, la decisione finale, di solito, non coincide con la prima preferenza di ciascun individuo del gruppo, e ci saranno persone a cui il risultato finale non piacerà parzialmente o del tutto, ma sarà una decisione a cui tutti avranno acconsentito e a cui ciascuno sarà disposto, a livelli diversi, a cooperare. 

    ll metodo dell’assenso è una forma per prendere decisioni di modo che esse siano cooperative e non coercitive.

    L’ assenso e consenso è definito come “nessuna obiezione”, le obiezioni sono valutazioni sull’efficacia della linea guida nel realizzare gli scopi dell’organizzazione. I membri che discutono di un’idea, e che si basano sul principio dell’assenso, si chiedono se è “sufficientemente buona per ora, sufficientemente sicura per essere provata”. Se la risposta è negativa, vuol dire che c’è un’obiezione da porre, che inizia la ricerca di un adattamento e una evoluzione della proposta originale per risolvere l’obiezione e trovare l’assenso.

    Questo scenario ci apre a 2 spunti di riflessione:

    1. L’ubuntu. E’ un principio etico africano che ho sempre incontrato durante le mie passate spedizioni africane con le organizzazioni umanitarie. Un valore esistenziale che spinge all’interconnessione, alla convivenza e al rispetto. Tra i nativi dell’Africa meridionale esiste un bellissimo detto popolare che recita “umuntu, ngumuntu, ngabantu” e che può essere tradotto come “una persona è una persona a causa degli altri”.

    2. L’azzeramento del margine d’errore o comunque la sua riduzione ed eventualmente facile gestione. Arrivare alla decisione “sufficientemente buona per ora, sufficientemente sicura per essere provata” comporta consapevolezza che non è perfetta e che può essere ancora modificabile, ma anche sicurezza di avere tutti dalla stessa parte e di essere abbastanza saldi nel poter intraprendere al meglio la decisione presa. Si tratta di far emergere nella fase delle obiezioni tutte le paure che bloccano sia mentalmente che emotivamente le persone ad andare avanti, ed è molto stimolante che il gruppo sostenga e faccia proprie timori e resistenze comuni. In questo modo automaticamente si rafforza e aumenta la capacità di resilienza.

    Come si prendono decisioni con l’assenso e consenso?

    1. Identificare elementi dello scenario che vogliamo prendere in considerazione (Qual è il quadro della situazione?)

    2. Creare una proposta (quale sarà il nostro approccio?) Solitamemte si chiede ad una o più persone di preparare una bozza di proposta e farla circolare perché sia commentata e rivista prima dell’incontro successivo.

    A. Analisi del problema / delle opportunità [Bisogni / Risorse / Limiti]

    B. Dialogo con i portatori di interesse / persone informate

    C. Stesura della proposta con elementi essenziali (5W – What, Who, Where, When, Why )

    D. Feedback con criteri/obiettivo

    1. Assenso alla proposta (qual è la nostra decisione?)

    a. Presentare la proposta

    b. Chiarificazione (giro di) (solo domande di chiarificazione) “La proposta è chiara?”. “Ci sono domande?” “E se…?”

    c. Reazioni rapide (giro di) un feedback veloce sulla proposta, se necessario modificare la proposta in base alle reazioni Vi interessa questo argomento? C’è energia?” (Breve reazione, anche solo una parola, un gesto o una frase breve – focus se l’argomento è di interesse – c’è energia/interesse rispetto al problema/opportunità affrontato)

    a. Assenso (giro di): Se ci sono obiezioni vanno registrate su un foglio /lavagna senza aprire il dibattito, finche il giro non sarà completato. Se necessario modificare la proposta e ripetere il giro dell’assenso (aprire un confronto libero a volte può essere utile per far emergere modifiche in risposta alle obiezioni). “Ci sono obiezioni a questa proposta?” Dopo aver finito il giro si chiedono le motivazioni a chi ha portato un’obiezione

    6 Ragioni per obiettare:

    1. Uno o più aspetti della proposta confliggono con lo scopo del cerchio;

    2. uno o più punti deboli o aspetti non affrontati, prendendo in considerazione lo scopo del cerchio;

    3. non sono espressi criteri o date di valutazione/misura future;

    4. potenziali conseguenze inaspettate se la proposta viene implementata, prendendo in considerazione lo scopo del cerchio;

    5. uno o più aspetti non sono ben pensati o sono espressi in modo confuso;

    6. uno o più aspetti non permettono di portare avanti i tuoi compiti, prendendo in considerazione lo scopo del cerchio.

    6 modi per risolvere le obiezioni

    ·   DURANTE LA RIUNIONE

    ·   A. Aggiungere le preoccupazioni in forma di nuovi criteri di valutazione,

    ·   e/o avvicinare la data della prima valutazione;

    ·   B. il facilitatore modifica la proposta;

    ·   C. chi ha scritto la proposta la modifica;

    ·   D. le persone che hanno obiettato, uno o più, o tutto il cerchio modificano la proposta;

    ·   E. un giro con la domanda: “come lo risolvereste?”;

    ·   F. “fishbowl” con due o tre persone al centro del cerchio.

    Proposta modificata

    Riparto dal punto 4.

    Annunciare la decisione presa e celebrare

    ⇒ SUCCESSIVAMENTE ALLA RIUNIONE

    A. Affidare ad un gruppo di ricerca;

    B. affidare ad un gruppo di risoluzione;

    C. affidare ad un cerchio superiore.

    Nuova proposta

    Riparto dal punto 1.

    Annunciare la decisione presa e celebrare

    Implementazione (Fare)

    Feedback

    Quando si usa l’assenso non è necessario avere “vincitori e vinti” in una discussione: potrà esserci un’idea totalmente nuova che terrà insieme le prospettive ed i desideri di tutti e tutte.

    La sociocrazia dell’assenso e consenso in azienda

    La Sociocrazia è un modello organizzativo molto vicino alla gestione agile caratterizzata da livelli diversi di scopo, responsabilità e competenza: questo modello è fortemente caratterizzato dal principio che ogni persona per competenza e ruolo ha diritto ad essere ascoltata e presa in considerazione nei processi decisionali che la riguardano. Proprio in questo vedo una forte assomiglianza con l’ubuntu africano.

    Il modello si sostanzia in alcuni semplici principi di funzionamento volti a conciliare efficacia, efficienza e qualità dei modelli organizzativi, partendo da un’ idea di leadership diffusa verso tutte le persone che partecipano all’organizzazione; si tratta di un modello che incoraggia la valorizzazione e distribuzione della leadership per aree di competenza, secondo principi dinamici e modalità di decisione in gruppo che fanno leva sul l’ascolto diretto e consapevole e sul coinvolgimento delle persone, nonché sulla condivisione delle informazioni e del potere in modo equilibrato.

    Sociocrazia deriva dal latino socius, che significa compagno, collega o associato, e dal greco kratein che significa potere. Il termine fu coniato nel 1851 dal sociologo Auguste Comte. Comte supponeva che un governo guidato da sociologi avrebbe usato metodi scientifici per soddisfare i bisogni di tutte le persone, non solo quelli della classe dominante 

    Il sociologo americano Lester Frank Ward ampliò successivamente il concetto e riteneva che la democrazia si sarebbe così evoluta in una forma più avanzata di governo, la Sociocrazia.

    Nota anche come Governance Dinamica, è un sistema di gestione che ha lo scopo di arrivare a soluzioni che creino sia un ambiente socialmente armonioso, che organizzazioni ed imprese produttive. Utilizza l’ “assenso” piuttosto che il voto di maggioranza nel momento della presa di decisioni, e per il momento di dibattito che avviene, prima del momento decisionale, tra le persone coinvolte che hanno un rapporto di collaborazione, conoscenza e uno scopo comune.

    Il pacifista olandese, educatore e operatore di pace Kees Boeke e sua moglie, l’attivista pacifista inglese Beatrice Cadbury, aggiornarono e ampliarono le idee di Ward a metà del XX secolo, implementando la prima struttura organizzativa sociocratica in una scuola a Bilthoven, in Olanda. 

    Boeke vide nella Sociocrazia una forma di management che presupponeva l’equivalenza degli individui e si basava sul consenso. Questa equivalenza non è espressa con la legge democratica di “un uomo, un voto” ma piuttosto dal gruppo di individui che, ragionando insieme, arrivano ad una decisione che soddisfi ognuno di loro.

    Boeke definì tre “regole di base”:

    1. Gli interessi di tutti i membri devono essere considerati e l’individuo deve rispettare gli interessi della collettività.

    2. Nessuna azione può essere intrapresa se non c’è una soluzione che tutti possano accettare,

    3. Tutti i membri devono accettare queste decisioni quando prese unanimemente.

    Qualora un gruppo non riuscisse a prendere una decisione, questa è data in carico ad un gruppo di rappresentanti di “livello superiore”, scelti da ciascun gruppo. Le dimensioni di un gruppo decisionale non dovrebbero superare le 40 persone, con commissioni più piccole formate da 5-6 persone che prendano decisioni più di “dettaglio”. Per gruppi più numerosi, viene scelta, dallo stesso gruppo, una struttura di rappresentanti per poter prendere decisioni. Questo modello dà molta importanza al ruolo che gioca la fiducia. Affinché il processo risulti efficace, i membri che formano il gruppo devono fidarsi l’uno dell’altro e, viene affermato, che questa fiducia si costruisce nel tempo, a condizione che si utilizzi questo metodo decisionale. Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, Gerard Endenburg, un ingegnere elettronico ed ex allievo della scuola di Boeke, sviluppò ulteriormente e applicò i principi nell’azienda di ingegneria elettronica/elettrotecnica di proprietà dei suoi genitori, che avrebbe poi ereditato. Endenburg volle replicare in un ambiente di lavoro l’atmosfera di cooperazione e armonia che aveva sperimentato nella scuola di Boeke. Inoltre riconobbe che in un ambiente produttivo di tipo industriale, con una forza lavoro varia e mutevole, non ci si poteva aspettare che i lavoratori si fidassero l’un l’altro prima che potessero prendere decisioni. Per risolvere questo problema, Endenburg lavorò per analogia per integrare la sua comprensione della fisica, della cibernetica e del pensiero sistemico con lo scopo di sviluppare ulteriormente le teorie sociali, politiche ed educative di Comte, Ward e Boeke. Attingendo alla sua competenza nei principi di funzionamento di sistemi meccanici ed elettrici, la applicò ai sistemi umani.

    Endenburg sviluppò un metodo organizzativo formale chiamato Metodo Sociocratico di Organizzazione in Cerchi, basato sul processo di feedback (retroazione circolare), quindi fu chiamato “processo di feedback causale circolare”, ora definito comunemente come processo di feedback loops.

    L’approccio è basato su una gerarchia di cerchi corrispondente a unità o reparti di un’organizzazione, ma è una gerarchia circolare: i collegamenti tra ciascun cerchio si combinano per formare circuiti di feedback che collegano tutta l’organizzazione.

    Il metodo di Endenburg  fu originariamente diffuso sulla base di quattro principi essenziali.

    1 Assenso e consenso consenso governano il processo decisionale sulle linee guida

    Le decisioni vengono prese quando c’è un assenso informato da parte di tutti i partecipanti. Le obiezioni devono essere ragionate, argomentate e basate sulle competenze di chi lavora proficuamente alla realizzazione degli obiettivi dell’organizzazione. Tutte le decisioni sulle policy aziendali sono prese con l’assenso. Tuttavia,le decisioni operative quotidiane vengono normalmente prese nel modo tradizionale.

    2 Organizzazione in cerchi

    L’organizzazione sociocratica è composta da una gerarchia di cerchi semi-autonomi.

    Questa gerarchia, tuttavia, non costituisce una struttura di potere poiché l’area di responsabilità di ogni cerchio è delimitata. Ogni cerchio ha la responsabilità di eseguire, misurare e controllare i propri processi nel raggiungimento dei propri obiettivi. Ha inoltre l’autorità su uno specifico ambito all’interno delle linee guida dell’intera organizzazione. I cerchi sono anche responsabili del loro proprio sviluppo formativo. Il cerchio e i suoi membri sono tenuti a determinare ciò che devono sapere per rimanere competitivi nel loro campo e raggiungere gli obiettivi del loro cerchio.

    3 Doppio collegamento

    Gli individui che agiscono da collegamento sono membri a pieno titolo nei processi decisionali sia del proprio cerchio che del cerchio collegato superiore. Il leader operativo di un cerchio è per definizione un membro del cerchio superiore collegato rappresenta l’organizzazione nel suo insieme nel processo decisionale del cerchio che conduce. Ogni cerchio elegge anche un rappresentante per rappresentare gli interessi del cerchio nel cerchio superiore collegato. Questi collegamenti formano un circuito di feedback tra i cerchi.

    Al livello più alto dell’organizzazione, esiste un “cerchio superiore” (“top circle”), analogo a un consiglio d’ amministrazione tranne per il fatto che funziona seguendo le linee guida dell’organizzazione in cerchi invece che imporsi al di sopra di essi. 

    4 Elezioni per assenso

    Gli individui vengono eletti a ruoli e responsabilità tramite una discussione aperta e trasparente, seguendo gli stessi criteri dell’assenso usati nelle decisioni sulle linee guida. I membri del cerchio possono nominare se stessi o altri membri del cerchio argomentando le ragioni della loro scelta. Dopo questa fase, le persone possono (e spesso lo fanno) cambiare le loro nomine; la persona che facilita la discussione, a questo punto propone la persona per la quale sono state presentate le argomentazioni più rilevanti. I membri del cerchio possono obiettare a questa proposta e può seguire un’ulteriore discussione

    La Sociocrazia fornisce stabilità al processo di autoregolazione: ciò avviene attraverso la doppia rappresentanza per ogni gruppo, un sistema di feedback continuo (riscontri periodici sull’andamento di ogni singolo gruppo e tra gruppi che interagiscono) e le linee guida per due processi fondamentali per ogni organizzazione: quello elettivo e quello decisionale.

    Un’altra caratteristica fondamentale della Sociocrazia è che essa è ispirata e per certi versi simile ai principi della Comunicazione Non Violenta: chi assume il ruolo di facilitatore cura le dinamiche con cui le persone parlano, lasciando a tutti i partecipanti un adeguato tempo per esprimersi ed evitando che nella conversazione entrino dinamiche non pertinenti o in grado di influenzare in modo violento il processo decisionale. 

    Vantaggi e Svantaggi dell’assenso e consenso in azienda

    La Sociocrazia è un processo veramente orientato all’uomo.

    Gli Svantaggi potrebbero essere:

    ·   Richiede uno scrupoloso piano di adozione con un facilitatore esperto

    ·   Necessita di formazione in nuovi concetti

    ·   Può suscitare emozioni interne e diverse durante l’adozione (scetticismo, entusiasmo, ansia ecc)

    ·   Può risultare inizialmente difficile per chi non è abituato a condividere la responsabilità di decisioni difficili

    Ma i benefici sono decisamente maggiori:

    ·   Promuove la creatività e la capacità di risoluzione a tutti i livelli dell’organizzazione

    ·   Supporta gli interessi di investitori, management e personale

    ·   Velocizza l’adattamento al cambiamento

    ·   Coinvolge e utilizza l’energia di ogni membro dell’organizzazione

    ·   Genera prodotti e servizi di alta qualità

    ·   Aumenta l’impegno e il senso di appartenenza dei collaboratori

    ·   Riduce il numero delle riunioni, rendendole anche più piacevoli

    ·   Riduce l’assenza di malattia

    ·   Aumenta la consapevolezza dei costi

    ·   Riduce le probabilità di born out

    ·   Sruttura l’auto disciplina

    ·   Supporta la leadership evoluta tra pari

    Un aspetto decisamente interessante è la circolarità del feedback. Il feedback viene dato da tutti i partecipanti al cerchio, in modalità responsabilizzante e costruttiva, evidenziando cosa poteva essere migliorato, modificato e/ o addirittura variazioni pratiche, Nel feedback agisce fortemente il sostegno dei membri.

    Decisamente è un contributo per lavorare sulla complessità o come qualcuno dice per tagliare a fette l’elefante. Questa volta però come tagliarlo lo si decide insieme ed ognuno taglia!

    La Sociocrazia è un processo, un processo di gruppo. Ogni volta diverso, nonostante struttura definita, perché la mente e i sentimenti delle persone cambiano continuamente.

    Il collante forte che si attiva nella sociocrazia è lo scopo comune condiviso e la fiducia.

    Pratica possibile:

    Riprendendo un po’ da dove sono partita, e cogliendo la difficoltà di creare consolidamento e comprensione lavorando a distanza o con il nuovo modello ibrido si potrebbe pensare ad allargare un poco, soprattutto nei web meeting, lo spazio breve di intro e di chiusura sul proprio stato emotivo:

    ·   1 minuto in apertura per dire agli altri con quale stato d’animo o pensieri si approda in riunione – 1 minuto in chiusura per sapere cosa si portano a casa.

    Buon assenso a tutti!

  • Il metodo

    La nuova Leadership è adattiva e condivisa

    nuova-leadership-myhara

    Come l’intento potenzia la nuova  leadership

    percorso “Energia dei Numeri UNO” #10

    La nuova leadership si fonda sull’adattabilità e sulla condivisione, a prescindere da vincoli gerarchici.

    In un ambiente aziendale in costante evoluzione, dove le attese e le pressioni sono sempre più alte, la nuova leadership adattiva e condivisa necessita di 3 potenti strumenti di valore: l’intento, il NON giudizio e l’umiltà.

    Allinearsi nell’intento

    Abbiamo visto più volte come formulare l’intento: in prima persona, sintetico, chiaro e in positivo.

    Richiede  “spazio” di ascolto personale, focus per allineare chi siamo e cosa facciamo. 

    Richiede osservazione e ascolto.

    Permette a chi esercita la propria leadership di verificare se i propri pensieri, le proprie emozioni e l’espressione della propria  energia vitale siano allineati.

    Il detto popolare  “ il pesce puzza sempre dalla testa “ è il primo alert che dovrebbe ri-portare il leader all’interno di Sé, quando il team non risuona.

    Il primo insuccesso di una mancata leadership e’ proprio questo !

    Il team e’ come un’orchestra e il leader ne è il direttore.

    Osservare e riconoscere nel corpo e nelle emozioni l’armonia con i propri pensieri implica accedere anche alla propria “ parte non visibile”, alla parte più “sottile” di Sè che comunque riguarda anche ciò’ che non possiamo controllare: la parte “irrazionale” di noi. 

    E spesso contattare questa parte, attraverso l’osservazione e l’ascolto,oltre a rivelarci la nostra autenticità e unicità, fa emergere anche la nostra paura e le nostre vulnerabilità.

    Come dice la bellissima poesia di Marianne Williamson

    La nostra paura più profonda

    non è di essere inadeguati.

    La nostra paura più profonda

    è di essere potenti oltre ogni limite.

    È la nostra luce, non la nostra ombra,

    a spaventarci di più.

    Ci domandiamo: chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?

    In realtà chi sei tu per NON esserlo?

    Siamo figli di Dio.

    Il nostro giocare in piccolo

    non serve al mondo.

    Non c’è nulla di illuminato

    nello sminuire se stessi cosicchè gli altri

    non si sentano insicuri intorno a noi.

    Siamo tutti nati per risplendere,

    come fanno i bambini.

    Siamo nati per rendere manifesta

    la gloria di Dio che è dentro di noi.

    Non solo in alcuni di noi:

    in ognuno di noi.

    E quando permettiamo alla nostra luce

    di risplendere, inconsapevolmente diamo

    agli altri la possibilità di fare lo stesso.

    E quando ci liberiamo dalle nostre paure,

    la nostra presenza

    automaticamente libera gli altri.

    La nuova leadership si rafforza nella capacità del non giudizio di sé e degli altri

    Quando il corpo esprime dei disagi o le emozioni sono bloccate inevitabilmente tutto ciò inficia la leadership. Possiamo anche non prendere in considerazione questo aspetto, o pensare di dargli poca importanza, ma in ogni caso, questo e’ garantito,  il risultato sarà direttamente proporzionale al nostro intento iniziale.

    Un elemento che inficia l’intento e’ il pregiudizio.

    Come formulo il mio intento ?

    Quanto sono condizionato dai pregiudizi che ho di me stesso e/o delle persone che collaborano con me, dal contesto sociale, ecc ?

    Si dice che ognuno di noi abbia più’ dI 250 pregiudizi.

    Ne considererei, in termini di nuova leadership, almeno due :

    • la mancanza di umiltà che spesso corrisponde all’’eccesso di confidenza nelle proprie capacità o in quelle del team.
    • le credenze che non ci permettono di utilizzare la visione periferica nei confronti delle cose, ma solo una visione concentrica.

    Esercitare il NON giudizio significa allenarsi ad accogliere lo stato delle cose per quello che sono ed evitare subito di attribuire l’etichetta di “giusto” e/o “sbagliato”.

    Il non giudizio ci avvicina ad una osservazione delle cose e dei fatti, considerandoli a se stanti, più oggettivi e meno soggettivi.

    Occorre prendere distanza per esercitare il non giudizio e imparare a sentire.

    Sentire, non pensare.

    Se osservo e sento, attivo molte piu’ aree cerebrali del semplice pensare. Recenti studi di neuroscienze dicono 14 contro 2. Una bella differenza!

    Anche quando introduciamo il termine VALORE aziendale ci rendiamo conto che non e’ oggettivo, ma lo decidiamo noi.

    Cos’e’ il VALORE ?

    Per alcune aziende il valore può essere il profitto, per altre le vendite, per altre ancora la sostenibilità, ecc.

    Ecco perchè rivedere oggi i presupposti di nuova leadership  trasversale, adattiva e condivisa ha come obiettivo focalizzare tutta l’attenzione e le energie sulla rinascita di un nuovo uomo per una consapevolezza che nulla puo’ crescere e svilupparsi senza la visione dell’UNO nella molteplicità e del TUTTO nell’UNO, dove ognuno e’ DISTINTO  ma NON SEPARATO e tutto concorre.

    Il leader ispiratore.

    La  nuova leadership adattiva e condivisa non presuppone uno scarico di responsabilità né una dispersione di coordinamento: il leader resta il centro.

    A lui spettano sempre l’organizzazione e la responsabilità di visione,

    l’inquadratura dei problemi, la prospettiva, la direzione e l’azione.

    La nuova leadership diventa adattiva e condivisa se, a differenza della tradizionale, punta a sviluppare la creatività del team facendo leva sull’accoglienza e la ricchezza della diversità, permettendo l’errore e la correzione, sostenendo incentivando la passione nell’espressione della propria unicità nel team. Sempre come sostiene la Williamson : “ E quando permettiamo alla nostra luce

    di risplendere, inconsapevolmente diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso.

    E quando ci liberiamo dalle nostre paure,la nostra presenza automaticamente libera gli altri.

    La nuova leadership è un’espressione di gioco multiplo dove il leader e’ sempre il centro, ma è un centro focalizzato all’essere con la “E” maiuscola , al propagare, al nutrire e sostenere.

    La nuova leadership ha a che fare con la verità e non perdona, perchè implica la destrutturazione della persona.

    Persona come “maschera” :  persóna s. f. [lat. persōna, voce di origine prob. etrusca, «maschera teatrale» 

    E tu che tipo di leader sei ?

    Ricorda che tu sei uno strumento a servizio di un bene più grande, che e’ far “risplendere” i tuoi collaboratori.

    Tu sei una vibrazione energetica e la tua frequenza contamina quella dei tuoi collaboratori.

    E’ da te e dalla gestione della tua energia che si sviluppa l’azione e si propaga agli altri, proprio come un sasso che cade nell’acqua.

    L’intento quindi e’ a servizio della nuova leadership come focus della  generatività che sottende l’azione. Ripartiamo da qui per generare un sistema nuovo e adattabile ai cambiamenti e alla molteplicità delle sfide che ci aspettano.

    Ricorda: l’intento genera l’azione e ne mantiene il focus.

    Anche la psicologia ci aiuta con l’Intelligenza emotiva di  Daniel Goleman, che in tanti ormai conosciamo.

    Proviamo ad identificare così le 4 nuove skill di competenza del leader che mira ad un management trasversale e condiviso :

    1 – CONSAPEVOLEZZA

    Significa conoscere la propria forza e i propri limiti, e implica comprensione emotiva verso se stessi e capacità di visione verso l’esterno.

    Lo sviluppo della consapevolezza è sostenibile attraverso la Mindfulness e il  Coaching: queste sono tecniche che possono portare rilassamento e presenza, calma mentale e rigenerazione.

    2 – RESILIENZA

    Consente di rimanere calmi quando si è sotto pressione e garantisce di riuscire a riprendersi velocemente dalle turbolenze. Allenarsi alla resilienza significa saper riorganizzare positivamente la situazione critica e ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive. Porta ad inquadrare i problemi nella giusta prospettiva.

    L’indicatore della “calma” è il nostro respiro. 

    Attraverso tecniche respiratorie che attingono dal Pranayama e dalla Mindfulness si può imparare ad  esplorare il respiro come potente risorsa interiore che migliora l’energia, che calma i “rumors” della mente, che aumenta la concentrazione e permette di accedere velocemente a nuove intuizioni.

    3 – EMPATIA

    E’ l’abilità sociale che rappresenta uno degli strumenti di base di una comunicazione interpersonale efficace. E’ la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui. Porta con sé l’opportunità di traghettare l’azienda, o parte di essa,verso la migliore  direzione.

    Implica fare le giuste domande e non dare risposte corrette.

    Liberare la parte di creatività generativa collettiva attraverso il NON giudizio e l’accogliere la diversità come opportunità e nutrimento

    4 – COMPORTAMENTI ASSERTIVI: saper esprimere se stessi e far valere il proprio punto di vista rispettando le idee ed i diritti degli altri. Agire in modo chiaro ed efficace senza aggressioni verso gli altri trasformando le re-azioni in azioni consapevoli.

    Occorre in questo senso essere consapevoli e fedeli al proprio intento e, da quel centro, da quella forza agire utilizzando i valori della  comunicazione NON violenta.

    Questa competenza si sostiene attraverso un costante allenamento e l’utilizzo di strumenti, che aiutano a cambiare la direzione del pensiero, rendendolo sempre più allineato all’unicità e alla creatività della persona nel rispetto degli altri.

    In breve quindi possiamo definire la nuova leadership come un sistema a rete, che si sostituisce alla piramide delle vecchie gestioni.

    Una rete con al centro il leader che impiega la propria energia per far emergere maieuticamente gli altri e li connette grazie a:

    chiarezza dell’intento, 

    nuovi canali di relazione

    nuovi stimoli per i collaboratori .

    ESERCIZIO

    1. Prenditi un po’ di tempo e carta e penna. Descrivi che tipo di leader sei, cerca di descrivere te stesso nei dettagli. Aspetto fisico, qualità ecc.
    1. Cerca delle immagini, colori, testi che rappresentino la tua idea di leader e se possibile incollali sul foglio dove ti sei descritto.
    1. Chiedi ad una persona a te cara ,e/o che ti ispira , di ascoltarti e raccontagli che tipo di leader sei. E’ interessante questo esercizio perché si attivano diverse aree cerebrali e raccontarsi permette di prendere più’ consapevolezza anche di ciò che magari si pensa o si vorrebbe  essere.

    Come abbiamo detto dall’inizio del nostro percorso l’energia dei numeri UNO è reale, efficace, sempre in movimento e il suo potenziamento è parte del percorso che proponiamo con il metodo Energyogant.

    Viene a scoprire tutti i vantaggi dell’impiego del metodo in azienda partecipando alla prossima edizione dell’ENERGYOGANT WEBDAY.

    Una giornata creata per te, per farti conoscere, in modo pratico ed esperienziale, tutti i pillars del metodo Energyogant e rendere concreta e quotidiana l’ENERGIA dei numeri UNO.

    Riserva il tuo posto qui. Ti aspettiamo!

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Lavoro di squadra: lavorare insieme, in leggerezza

    percorso “Energia dei Numeri UNO” #7

    Dopo aver introdotto la leggerezza nella generatività e nella leadership, vediamo come diviene, conseguenza e supporto per la crescita e la vitalità del team e del lavoro di squadra.

    Quante volte il singolo, all’interno del team, si sente libero di esprimersi?

    E quante volte il team è pronto ad accogliere l’espressione del singolo?

    Non sempre le persone sono disposte a rischiare la manifestazione di se stessi per paura di essere giudicati, non essere abbastanza, non esprimere concetti di valore.

    E spesso il team non è pronto ad assumersi la responsabilità di perseguire idee diverse, magari innovative e geniali, ma non conformi alla standardizzazione dei processi aziendali spessi statici e ripetitivi.

    Il soggetto si ferma. Non si esprime. Non manifesta il supporto che potrebbe dare al gruppo. 

    Nella immobilità del singolo si riflette così l’immobilità del team, e di conseguenza dell’azienda. 

    Come in un ologramma, ciò che vive nel UNO vive nel TUTTO.

    Lavoro di squadra: la paura nei numeri UNO

    Aver paura di esprimersi significa quindi non solo non riconoscere la propria meravigliosa unicità ma sottrarla al TUTTO, al gruppo, al progetto e permettere agli altri di fare lo stesso. Ciò’ che spesso accade nei team e’ che siano sempre gli stessi a “ farsi sentire”, semplicemente per un atto di maggior fiducia in Se’ stessi e/o magari passione e coinvolgimento

    Per sbloccare la nostra paura dobbiamo entrare in contatto con la nostra forza. Spesso non abbiamo fiducia nelle nostre risorse interne. Molto spesso non abbiamo fiducia nel nostro corpo, addirittura nel nostro respiro, rendendolo limitato e solo inconsapevole.

    Entrare in contatto con la nostra forza significa “uscire dai confini” che ci rassicurano perché accettati da noi e dagli altri. Pensarci come persone creative e vitali che devono sbagliare per poter correggere e trasformare.

    Noi siamo molto più dei nostri pensieri e delle nostre emozioni.

    Percepire che i nostri pensieri sono cose e che noi siamo il contenitore dei nostri pensieri, quindi siamo anche i nostri pensieri ma siamo oltre i nostri pensieri, dovrebbe portarci ad un primo passo di consapevolezza nuova.

    La nostra energia e’ ben maggiore di quanto i nostri pensieri ci fanno credere.

    Quanta energia sprecata o mal gestita nello stare ancorati alle nostre idee/ credenze?

    Abbiamo imparato che attraverso la leggerezza che svela, nel senso letterale di “togliere i veli”,  l’osservazione, l’accettazione e il riconoscimento della realtà che abbiamo di fronte (consapevolezza), e il coraggio di agire (fiducia nella propria unicità) possiamo creare progetti, di vita o lavorativi, pienamente allineati a ciò che siamo in modalità soddisfacente e vincente.

    Ma come superare la propria paura, e come essere modello per gli altri, elevare il gruppo e procedere orientati?

    Come rendere “leggero” il processo di teamworking e migliorare il lavoro di squadra

    Dobbiamo ricordarci sempre che i rapporti interpersonali fanno la differenza e che le paure più grandi si relazionano al peso delle conseguenze immaginate.

    Come attivare perciò un buon sistema di relazione e reazione interno, costruttivo piuttosto che distruttivo, leggero piuttosto che greve, a sostegno del singolo nella fase espressiva del Sé e capacità di gestione della reazione del gruppo?

    Uno strumento che si può offrire è l’educazione ad una comunicazione NON violenta e assertiva.

    La CNV sviluppa modalità per cui  ogni persona esprime ciò che per lei è davvero importante, senza ricorrere alla colpa, l’umiliazione, la vergogna, il biasimo, la coercizione o la minaccia. È utile per risolvere i conflitti, trovarsi in sintonia con gli altri e vivere in maniera consapevole, presente e in armonia con le necessità profonde che appartengono a Sé’ e agli altri.

    Spesso, non ne siamo consapevoli, ma e’ anche una questione di TEMPO e RITMO.

    Ognuno di noi e’ direttore d’orchestra del proprio ritmo e tempo. 

    E’ necessario che il proprio tempo e ritmo interno siano all’unisono con quello del team.

    I tempi più’ lenti ci permettono di andare in profondità. Se tempi e ritmi sono sempre veloci all’interno del team, e’ necessario considerare se gli orchestranti sono allineati allo stesso ritmo e tempo del team.

    Ciò contribuisce a  legami solidi e “leggeri” all’interno del TEAM.

    Comunicare in leggerezza: la forza dell’assertività

    L’assertività è una straordinaria dote che consente di esprimere le proprie idee senza contrastare quelle degli altri e fortificare il lavoro di squadra

    La persona assertiva è in grado di esprimere le proprie idee anche quando è in disaccordo con gli altri o restituire il proprio giudizio su l’opinione altrui in modo non giudicante.

    L’assertività mira a far emergere i tratti individuali e le peculiarità di ogni persona rimuovendo la paura e generando la fiducia.

    Il dilemma dell’essere o apparire viene risolto attraverso l’accettazione che, nelle relazioni sociali e lavorative, sono rilevanti entrambe ma che è l’equilibrio di manifestazione delle stesse che le rende complementari.

    Lavorare in team, presuppone un buon team bullding.

    Il team building presuppone la costruzione di una relazione che se ha buone basi più’ facilmente ed efficacemente diventa team working.

    La leggerezza nel team building comporta lo sviluppo della Comunicazione Non Violenta, che parte dal presupposto che non c’è un giusto ed uno sbagliato ma, semplicemente, una serie di correzioni. 

    Ciò che e’ giusto o sbagliato e’ una costruzione della mente, dell’ego, peraltro secondo chi e che cosa?

    Essere nel giusto o nello sbagliato e’ sempre relativo.

    Questo dovrebbe essere il punto di partenza per esercitare la leggerezza nel team.

    Quando si fa qualcosa in team, dev’essere perché il team acconsente, in nome dei bisogni e desideri del team, e non come risultato della colpa o della pressione/paura. 

    A volte potete trovare un intervento che soddisfi i desideri del team, mentre, altre volte, dovete gentilmente riconoscere le differenze, farle emergere e trovare altre strade.

    Il concetto di Comunicazione Non Violenta e assertività è quindi strettamente connesso a quello di leggerezza e quindi portatrice di tutti gli effetti positivi legati alla sua applicazione. ( link articolo precedente)

    L’arte di agire con leggerezza e onore: i samurai e il codice Bushido

    Oltre a comunicare, ciò che ci identifica all’interno del gruppo è.. agire.

    Possiamo farci ispirare dal Bushido, un codice di condotta e uno stile di vita estremamente attuale messo in pratica dagli antichi samurai.

    Il Bushido va considerato come un percorso più che un codice e si fonda su sette concetti fondamentali:

    1.Onestà e Giustizia, che si raggiungono assumendo relazioni oneste con gli altri ed essendo fedele alla parola data

    2.Eroico Coraggio, che rappresenta il superamento della paura di agire. L’eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte. 

    3.Compassione, che si allena ogni volta che si può essere d’aiuto ai propri simili, soprattutto a chi si trova in una posizione debole

    4.Gentile Cortesia, un Samurai è gentile anche con i nemici. Per lui il miglior combattimento è quello eviato

    5.Completa Sincerità, per un samurai parlare e agire sono la medesima cosa. La responsabilità della parola equivale al compimento dell’azione

    6.Onore, massima espressione del codice, che ci ricorda che ognuno risponde, per le proprie azioni, principalmente a se stesso.

    7.Dovere e Lealtà, che si concretizza nell’assunzione di responsabilità delle azioni e anche delle relative conseguenze.

    Nell’agire del singolo c’è risonanza nel team: onore, rispetto e compassione dovrebbero sempre guidare sia l’espressione del sé sia la propria reazione all’espressione dell’altro.

    UNO per TUTTI, TUTTI per UNO

    Il raggiungimento di un sistema armonico all’interno del team si dovrebbe propagare a tutti i livelli d’azienda, arrivando auspicabilmente ai vertici, con un flusso dinamico e di continuo scambio. Il lavoro di squadra andrebbe inteso come massima espansione di collaborazione aziendale

    Non ci dobbiamo dimenticare che la paura dell’espressione di se stessi non è solo caratteristica del singolo all’interno del team.  

    La pesantezza dell’essere colpisce anche il Leader.

    Come dice Linda H. Hill, professore ordinario di Harvard, nel suo saggio Collective Genius, la leadership del team è la prima leva dell’innovazione, ed una dei primi presupposti per il funzionamento di un team orchestrato da un leader è lo spazio per il contributo individuale che deve sentire la libertà reale e necessaria per esprimere le proprie idee senza paura. Peccato che il comportamento del management nel rapporto con i vertici aziendali sia fortemente condizionato proprio dalla paura. La paura di sbagliare, di mostrare contrapposizione / negatività ma anche debolezza o superficialità. La paura di perdere il posto di lavoro. La paura di non essere all’altezza.

    Nel lavoro e nella vita quotidiana, le zavorre emotive ci vincolano, come zaini troppo pesanti, rallentando il cammino verso la vetta.

    Rassicuranti alla partenza,ci rallentano e scoraggiano nel naturale percorso che la natura ha previsto per noi, confondono i sensi, facendoci presumere che i pesi che ci siamo caricati siano quelli a noi destinati. Non è così.

    Marianne Williamson, La nostra paura più grande, tratto da “Return to Love”.

    La nostra più grande paura non è quella di essere inadeguati.

    La nostra più grande paura è quella di essere potenti al di là di ogni misura.

    È la nostra luce, non la nostra oscurità che più ci spaventa.

    Agire da piccolo uomo non aiuta il mondo, non c’è nulla di illuminante nel rinchiudersi in sé stessi così che le persone intorno a noi si sentiranno insicure.

    Noi siamo nati per rendere manifesta la gloria che c’è dentro di noi, non è solo in alcuni di noi, è in tutti noi.

    Se noi lasciamo la nostra luce splendere, inconsciamente diamo alle altre persone il permesso di fare lo stesso.

    Appena ci liberiamo dalla nostra paura, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.

    ESERCIZIO N. 1 – Dal Tu all’Io…

    Esercizio in apparenza molto semplice: 

    prima di criticare, fare un’osservazione all’altro, fermati a formulare il pensiero che vorresti esprimere spostando l’attenzione su di te e su cosa hai provato o cosa stai provando nei suoi confronti.

    Prova a pensare di sostituire il pronome personale “Tu” con “Io”.

    Ti consiglio di iniziare la frase con “ la mia esperienza di te e’…”

    ESERCIZIO N. 2

    Visto che probabilmente ancora per molto tempo i team lavoreranno in remote working, oltre alle riunioni abituali, prova a proporre una riunione “alternativa”.

    Suddividi i tuoi web team in piccoli web gruppi ( 4-5 persone non di più ) e proponi loro alcune immagini scaricate da internet che hai scelto semplicemente perché ti piacevano.

    Dai loro un tema da sviluppare che esuli da argomenti lavorativi, es: la leggerezza in azienda.

    Chiedi loro di costruire una storia insieme considerando tutte le immagini scelte.

    Da’ loro un’unica regola: tutti devono partecipare e devono coinvolgere nella storia tutte le immagini.

    Alla fine possono condividere la ppt che hanno creato con tutto il team oppure inviare il file.

    Tutto ciò aiuta le persone a parlare di sé’ senza utilizzare troppo la parte razionale cognitiva che immediatamente tende a frapporsi.

    Quando il “cervello sta fuori, emerge il cuore e l’emozione” e si rivela la parte più’ intuitiva e spontanea di noi.

    Ci rivediamo a settembre, per continuare il nostro percorso con il terzo strumento a supporto di GENERATIVITÀ’, LEADERSHIP e TEAMWORKING : L’INTENTO.

    Vi  aspettiamo alla VI edizione dell’ENERGYOGANT WEBDAY che si terrà il 30 Settembre. Potremmo confrontarci e  approfondire in modo pratico ed esperienziale tutti i pillars del metodo Energyogant per rendere concreta e quotidiana l’ENERGIA dei numeri UNO.

    Le iscrizioni sono già aperte e puoi richiedere informazioni o riservare già il tuo posto qui.

    Ti aspettiamo!

  • Il metodo

    TRASFORM-AZIONE VERA: Il DIRE e il rispettare le regole in azienda e nella vita

    TRASFORM-AZIONE VERA: Dire, Fare, Abbracciare. Un percorso di allenamento al benessere, concreto, facile e di sicuro successo.

    Terzo appuntamento con il DIRE.

    La parola di oggi è: OBBLIGO

    La differenza tra obbligo e rispettare le regole 

    Obbligo dal latino obligare, formato da ob= verso, dinnanzi + ligare = legare, vincolare. Pertanto, l’obbligo non è altro che un vincolo, un dovere di tipo giuridico, etico o morale nei confronti di qualcuno o di qualcosa.

    Regola dal latino regula, lista di legno, regolo, derivazione di regere dirigere, guidare diritto.

    Le 2 parole hanno una “vibrazione, una frequenza” (abbiamo detto che le parole sono energia) decisamente diversa: la regola ha a che fare con l’indicazione, il guidare e può essere interna e/o esterna. La regola spesso è elargita anche attraverso il canale dell’affetto e della cura. 

    Non entro nel merito ora delle conseguenze negative e/o positive dell’affetto e della cura perchè andrei fuori tema.

    L’obbligo ci stringe, ci costringe, sembra più qualcosa che non sappia nulla di noi e che sussista e persista anche dopo di noi. L’obbligo è impersonale.

    L’obbligo si prende la nostra vita, mentre noi vorremmo essere padroni della nostra vita.

    Ogni bambino viene al mondo con una potenzialità di libertà infinita, ma per integrarsi con gli altri e con l’ambiente, viene convenzionalmente istruito a rispettare le regole. Le regole inizialmente sono elargite con amore dai genitori e dal contesto familiare.

    Man mano che si cresce, le regole aumentano e si trasformano in punti di o in punti di conflitto verso la parte più autentica di noi stessi.

    In ognuno di noi esistono  2 parti:

    una nota ed una meno nota, perché non codificata e inascoltata da troppo tempo.

    La parte nota, man mano che intraprende il cammino di vita, si adatta facilmente alle regole ed è rassicurante, perché ci fa sentire appartenenti e accettati dal sistema.

    La parte non nota, spesso non solo non viene investigata e ascoltata, ma spesso neanche presa in considerazione.

    Peccato che è proprio lì che possiamo scoprire la nostra opportunità di trasformazione! 

    E’ nel non-noto di noi stessi che giace il nostro potenziale inespresso carico di manifestazione, vitalità e creatività.

    Un potenziale assopito e raramente attinto.

    Rispettare le regole dall’esterno diventa così “naturale” per noi, da non essere coscienti del confine tra quanto scelto per noi e quanto da noi.

    Rispettare o Trasgredire le regole: quali benefici

    Noi diventiamo veri quando disobbediamo alle regole: non le infrangiamo, ma le trasgrediamo.

    Trasgredire: dal latino  transgrĕdi ‘andare oltre’, der. di gradi ‘andare, camminare’.

    Noi scopriamo di essere noi stessi più facilmente quando riusciamo a trasgredire le regole, perché in quello “spazio di trasgressione” entriamo in contatto con forze nuove di noi.

    Quando nella nostra vita abbiamo a che fare con troppi obblighi e troppe regole da rispettare stiamo negando una parte profonda di noi. 

    Stiamo negando quella “forza o luce interna” che permette di esprimersi creativamente. Più alimentiamo la parte nota a discapito dell’altra, più perdiamo

    creatività e vitalità.

    Quale emozione domina il passaggio dalla parte nota a quella non-nota? La paura. 

    Non la paura di fallire, ma la paura di vincere.

    La paura di diventare consapevoli della potenzialità che c’è in noi, e doversene assumere la responsabilità ogni volta che siamo chiamati ad una scelta.

    Esiste una famosa poesia di Marianne Williamson che recita:

    La nostra paura più profonda

    non è di essere inadeguati.

    La nostra paura più profonda

    è di essere potenti oltre ogni limite.

    Oggi le circostanze ci chiamano ancora di più a rafforzare la parte nota di noi, la parte consolidata.

    Attivare la propria anima “selvaggia” è una sfida, ma può essere anche un problema per gli altri, perché è meno confortevole avere a che fare con persone fuori dagli schemi.

    Avere delle regole ci semplifica la vita e, per esempio, permette alla nostra mente selettiva di dedicarsi ad attività più importanti e/o strategiche, ma quanto le regole spegnino, soffochino la creatività individuale resta parte oggettiva della situazione.

    Rispettare o Trasgredire le regole: quanto e quando

    Esercizio:

    Prendi carta e penna e fai un elenco di quelli che ritieni essere i tuoi obblighi nella vita.

    Quando hai terminato l’elenco, rileggilo.

    Prova a farlo con atteggiamento esplorativo per indagare se sono veramente obblighi che ti permettono di stare bene, vibrare e riconoscerti o sono obblighi che hai reso tuoi per condizionamento culturale e sociale, per comodità e abitudine, perchè tutti fanno così, per quieto vivere.

    Ora cerchia i 3 obblighi o le 3 regole che senti tue perchè allineate ai tuoi valori di oggi e sottolinea 3 regole che oggi vivi come “ imposte” dall’esterno e che creano conflitto dentro di te.

    Cosa succede se abbraccio e consolido quelle in cui mi sento allineato, e abbandono le altre?

    Se vado controcorrente, se deciso di dire e di credere in qualcosa che va all’opposto di quello che gli altri si aspettano da me, quanto divento scomodo per me stesso e per gli altri?

    Abbandonare la regola che mi “costringe” significa fare una scelta. La scelta è il risultato di un movimento interno, che ha a che fare con la coerenza.

    La coerenza con il proprio sentire è un importante indicatore per il nostro benessere e la nostra energia.

    Rispettare le regole vivendo in un gioco di specchi 

    Il mondo che vediamo non è reale, è solo uno specchio del nostro passato, mentre la nostra “psicologia” attuale è reale e rappresenta il nostro futuro.

    Gli amici, il partner, il lavoro, la quantità di denaro che abbiamo adesso rappresentano il nostro passato perché sono la conseguenza della nostra “psicologia” trascorsa. 

    Per cui è impossibile cambiare qualcosa agendo direttamente su questi fenomeni esterni, in quanto sono proiezioni,qualcuno le definisce illusioni.. 

    Sarebbe come cercare di agire sulle immagini di un film: ormai è troppo tardi per cambiare le scene, bisognava agire prima, quando il film è stato girato. 

    Quella che vediamo intorno a noi è la proiezione finale d’un film che è già stato girato. Non è più modificabile.

    Dentro la nostra attuale psiche invece si nasconde il nostro futuro. 

    È lì che dobbiamo intervenire per modificare la proiezione che deve ancora manifestarsi.

    Per vivere la trasform-azione vera  è sufficiente che tu te ne vada in giro con questa nuova consapevolezza, 24 ore su 24. 

    La consapevolezza di essere dentro una matrix, una “psicoprigione”. Però devi ricordartene (ricordarti di te), e questa è la parte difficile.

    Non è semplice, ma se iniziamo a camminare per strada e agire sul lavoro ricordandoci  sempre che le persone e gli eventi che abbiamo di fronte in realtà scaturiscono dal nostro inconscio, le cose cambieranno da sole (devono cambiare), prima dentro e poi fuori.

    E questa è una magia.

    Non è necessario che da oggi analizziamo il significato psicologico di tutto ciò che ci accade. Si tratta solo di acquisire questa nuova consapevolezza e mantenerla come un “centro di gravità permanente”, mentre ce ne andiamo in giro dentro la proiezione tridimensionale del nostro passato.

    Ecco allora, di nuovo, che avere obblighi e rispettare regole è qualcosa di cui abbiamo bisogno, ma anche qualcosa che ci limita.

    Non esiste una risposta univoca. Esiste la nostra proiezione rispetto a regole e obblighi.

    Le regole sono più sociali e strutturali. 

    Gli obblighi spesso sono anche prigioni mentali che ci imponiamo. 

    Riesci a distinguere?

    In verità questo pianeta di per sé non è una prigione, bensì una vera e propria scuola dove le anime s’incarnano all’interno di apparati psicofisici – delle macchine biologiche – che vengono cambiate vita dopo vita, con lo scopo di apprendere ed evolvere. 

    Il punto è che le macchine biologiche che ci costruiamo al momento della nascita e che ci ospitano per tutta la vita, sono soggette a dei meccanismi automatici di sopravvivenza che sfuggono al nostro controllo cosciente. Questo fa sì che quando ci incarniamo ne diventiamo automaticamente schiavi.

    Ognuno di noi, quindi, viene in esistenza in un mondo che – pur essendo il percorso scolastico più valido presente in questo momento nell’Universo – possiede tutte le caratteristiche di uno psico-penitenziario, ossia un “carcere per la mente”. 

    Esattamente come in una qualsiasi altra scuola, se acquisiamo  l’atteggiamento giusto abbiamo la possibilità di imparare molte cose, ma se abbiamo l’atteggiamento sbagliato ogni lezione diventa una tortura inflitta senza ragione e i professori diventano degli aguzzini. Dobbiamo scegliere noi se vivere in una prigione o vivere in una scuola.

    Nel momento in cui si iscrive a scuola, l’anima s’incarna in un apparato psicofisico e si identifica totalmente con questo mezzo biologico, e in modo particolare con la sua mente. 

    Da quel momento l’anima crede di essere la macchina e nulla più. 

    Il problema è che l’apparato psicofisico è soggetto a una totale meccanicità, ossia non prende mai iniziative – anche se a un occhio poco attento potrebbe sembrare il contrario – ma si limita a rispondere meccanicamente agli stimoli che provengono dall’esterno oppure dall’interno della macchina stessa. Non agisce, bensì re-agisce. 

    Per questo motivo non è mai davvero libero. 

    L’illusione che siamo noi ad agire – e non gli istinti, i bisogni e le paure della macchina – fa sì che quasi nessuno vada in cerca di un’uscita da questa situazione.

    Rompere le abitudini meccaniche è la chiave d’accesso alla nostra creatività

    Odiamo meccanicamente e amiamo meccanicamente. Fumiamo meccanicamente e non fumiamo meccanicamente. Ci iscriviamo all’università meccanicamente e ci sposiamo meccanicamente. Possiamo ottenere un cambiamento dentro di noi in direzione d’un risveglio, solo se ci sforziamo di amare qualcosa o qualcuno che prima odiavamo (da qui il lavoro proposto da Gesù: ama i tuoi nemici e prega per i tuoi persecutori) oppure se fumiamo e ci sforziamo di smettere, se parliamo tanto e ci sforziamo di parlare poco. 

    Rompere le abitudini meccaniche è il modo più rapido per uscire dalla meccanicità della psico-prigione. O almeno questo è il lavoro iniziale, dopodiché dovrà cominciare ad attivare il Cuore.

    La situazione è resa ancora più complessa dal fatto che le nostre reazioni meccaniche traggono origine dalla genetica e dai condizionamenti ricevuti durante i nove mesi di gestazione trascorsi nella pancia della mamma e i primissimi anni di vita. Ricordate che dicevamo che le prime regole ci vengono trasmesse nel rapporto con la madre?

    Qui si creano il nostro carattere, le nostre paure, le nostre preferenze, ecc. Tutto ciò che poi troveremo così difficile andare a modificare, poiché nascosto in profondità nell’inconscio.

    Esercizio

    Provate a rompere la meccanicità. Se private forzosamente la macchina d’una sua abitudine reagirà in maniera aggressiva: si va dal rinunciare al caffè la mattina, non prendere più l’ascensore, cambiare di posto tutta la biancheria che avete nei cassetti e gli accessori che si trovano in bagno, mangiare con la mano sinistra anziché con la destra (e viceversa), sforzarsi di bere almeno due litri di acqua al giorno, modificare la vostra postura quando siete seduti, modificare la vostra solita andatura quando camminate. 

    Fino a giungere a cose più radicali: cambiare alimentazione, trovare il tempo per camminare mezz’ora ogni giorno, smettere di bere alcolici, smettere di fumare, iscriversi in palestra, andare a convivere con il partner, oppure non giocare più d’azzardo online, non leggere più articoli di gossip e inutili curiosità di cui è affollata la rete, ma costringersi a utilizzarla solo per precise necessità stabilite a priori.

    Mettere in atto anche solo uno di questi cambiamenti, causa di norma una reazione violenta da parte dell’apparato psicofisico (di norma nervosismo e irritabilità, ma si può giungere anche a somatizzazioni come sfoghi sulla pelle, febbre, influenza).

    Stiamo così saggiando la resistenza delle “sbarre della psico-prigione”.

    Ma poi si attiva il circolo virtuoso!

    Ed ecco che da un momento all’altro, dopo piccoli cambiamenti, diventeremo consapevoli che “ vivere obblighi e rispettare le regole “ può essere un’opportunità di conoscenza.

    Che la nostra paura si supera con l’accettazione della responsabilità e che la libertà  ha senso quando ci permette di essere noi stessi nel senso più profondo e utile alla comunità.

    Ti invito ad ascoltare “Il Pronto Soccorso del tuo Potere”, che può esserti d’aiuto in ogni momento della tua vita, per aiutarti a connetterti velocemente alla tua forza interiore.

    E se ti sei perso quello della settimana scorsa ti lascio il link 

    Ti invito ad attivare da subito questo approccio con te stesso, con i tuoi colleghi e in generale nella tua quotidianità, e poi, se ti fa piacere, fammi sapere com’è andata.

    Se volete un supporto, potete contattarci e saremo felici di potervi accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in  azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile

    Simona Santiani 3387438166 – info@myhara.it