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alimentazione

  • Il metodo

    I colori nell’alimentazione e nutrimento per aumentare l’energia

    I colori saziano il cervello e nutrono l’intero psico-soma per  aumentare l’energia, anche nell’ambiente di lavoro.

    Che cos’è il colore?

    Rosso, giallo, blu, verde, viola, bianco: come possiamo accoglierli e usarli rendere il nutrimento e l’alimentazione vitali, al fine di aumentare l’energia personale ?

    Colori primari, secondari, complementari… non ci serve definirli, bensì incontrare il loro linguaggio e la loro forza su piani diversi. 

    Quando guardo o scelgo un rosso, cosa percepisco?

    Se sono in mezzo ad un prato verde quale sensazione assorbo?

    La risposta cambia.

    Il colore infatti può trasferire un’informazione che influenza il nostro sentire, pensare e anche il modo di agire.

    Il colore è il vestito visivo di una specifica frequenza vibrazionale.  

    Essa, attraverso gli occhi, raggiunge il  nostro cervello, e il nostro inconscio,

    con effetti psicologici, fisici ed emotivi rilevanti e spesso immediati.

    Ogni colore, infatti ha qualità specifiche energetiche in grado di influenzare l’intera gamma delle emozioni umane e aumentare l’energia personale.

    Ad esempio il blu è apportatore di pace, il giallo risolleva, il rosso può trasformare l’incapacità in energia positiva…

    Fin dall’antichità il colore è stato usato su abiti, monili, scudi, tatuaggi, pitture corporee per comunicare emozioni, inviare messaggi, generare reazioni

    Gli stessi mondi vegetale e animale se ne servono costantemente per mimetizzarsi, attaccare, riconoscere un cibo favorevole da uno dannoso o altro. 

    Come ci relazioniamo al colore?

    Ogni colore può influenzare il nostro stato d’animo e quindi condizionare le nostre vite e le nostre scelte.

    Questo vale per ogni scelta che facciamo: abiti, ambienti, oggetti, cibo.

    E si estende agli ambienti in cui il linguaggio del colore è, da tempi antichissimi, studiato con cura per gli effetti silenziosi e profondi che attiva sulle persone. 

    • Per gli egizi il colore era metafisico: costruivano templi in cui il colore era usato per curare le persone, che vi si recavano per recuperare vigore ed energia vitale. 
    • Nel Medioevo Paracelso introdusse l’uso dei raggi colorati a scopo terapeutico
    • In molti luoghi orientali nei ristoranti gli arredi sono rossi per stimolare l’appetito
    • Alcune sfumature di giallo danno nausea e sono proibite sugli aerei. 
    • Molte tribù di indiani d’America si cerchiavano gli occhi di giallo intenso, per ipnotizzare il nemico, e indossavano casacche gialle e nere, utilizzando la simbologia del mondo animale (le vespe), per avvertimento. 
    • Kurt Goldstein, ricercatore americano, ha dimostrato inoltre che il colore trasforma le nostre percezioni: gli oggetti sembrano più grandi e pesanti sotto una luce rossa, più piccoli e leggeri con una luce blu.

    Noi siamo un sistema aperto.

    Il nostro corpo è un sistema aperto.

    Il corpo, attraverso i 5 sensi, è in continuo scambio con l’ambiente che lo circonda.

    Se infatti ci fermiamo a pensare che non siamo fatti di materia solida e immutabile, ma di energia che scambiamo con l’ambiente, ci rendiamo conto di come il colore possa condizionarci con un’informazione specifica.

    Certo, la vista ci aiuta nel recepire una prima informazione ma non è l’unico senso di connessione: il tatto, l’olfatto e il gusto la completano.

    Quello che vediamo ci porta a scegliere, e una volta scelto ci relazioniamo con l’oggetto della scelta, e con la sua frequenza che diventa ingerita, assorbita, assimilata, all’interno del nostro organismo in cui genererà effetti a catena.

    I colori che saziano e nutrono l’energia

    Doppiamo alla psicologia e alla psicanalisi le associazioni colore/emozioni delle quali sono rappresentazione o sollecitazione.

    Ogni colore rappresenta una determinata forza emozionale, una determinata espressione emotiva ma contemporaneamente agisce o sollecita quelle stesse forze all’interno di chi è esposto al suo colore.

    ROSSO è il fuoco, la passione, il sangue, la vitalità e quindi l’azione per definizione

    ARANCIO è giocosità, gioia, creatività, socievolezza e quindi positività.

    GIALLO è il colore associato al sole, all’oro, all’allegria, alla felicità, al dinamismo

    VERDE è  il colore della natura, del rasserenare, della libertà, dell’equilibrio

    VIOLA  è il colore della meditazione, della introspezione e quindi della calma

    BIANCO è il colore della spiritualità, dei riti, della purezza

    BLU è il colore dell’acqua, del cielo, dell’immensità nel quale perdersi, dell’apertura di vedute.

    Questi codici fanno parte del nostro codice umano da migliaia di anni.

    Noi abbiamo dimenticato l’importanza del cibo e dei suoi colori per alimentare, sostenere e aumentare  la nostra energia. 

    Abbiamo confuso l’azione di “ingerire” con l’importanza, sacra, del “nutrire”.

    Mangiamo male, senza consapevolezza, in velocità e scomodità, assorbiti da altre informazioni e così facendo alimentiamo lo stress e la perdita di attenzione, la mal digestione e quindi la poca concentrazione e capacità di focus.

    Invece dovremmo fermarci, guardare il nostro cibo, annusarlo e gustarlo con consapevolezza.

    Ogni cibo non solo ci fornisce gli elementi nutritivi, ma attraverso la sua tinta, il suo colore, la sua forma, influenza la percezione del gusto e offre importanti informazioni e risorse al nostro organismo per aumentare l’energia personale.

    Ogni alimento ha una sua specifica valenza cromatica che va direttamente ad agire sui nostri livelli di energia e influisce con la sua vibrazione sul nostro stato psicologico e quindi sulle nostre energie e capacità di agire.

    E’ abbastanza facile renderci consapevoli che quando siamo stanchi cerchiamo cibi di colore arancione o giallo, quando abbiamo bisogno di depurarci o disintossicarci andiamo verso cibi di colore verde e, quando il nostro sistema nervoso e il nostro cervello hanno bisogno di nutrimento, andiamo verso cibi di colore più scuro.

    Questo è un meccanismo innato nel nostro corpo e il colore è per l’appunto un fattore discriminante nella scelta di ciò che è bene in quel momento per noi.

    Ovviamente parliamo di colore naturale e non delle manipolazioni umane che tingono il cibo per rendere maggiormente piacevole ai nostri occhi ed innescare un maggior indice di gradimento, o un maggior livello di attrazione verso un cibo e quindi generarne un acquisto più facile.

    La  frequenza del cibo ci riporta al colore dell’energia

    I codici che abbiamo visto fino ad ora equivalgono anche se rapportati alle frequenze del cibo. 

    Esiste infatti un’analogia non solo simbolica ma proprio una corrispondenza tra le azioni dei fitonutrienti di uno specifico colore e di come essi agiscono nel corpo. 

    Possiamo così portare l’analisi e la consapevolezza su una lettura più analogica e intuitiva . 

    Ecco allora che pomodoro, ciliegia, cocomero, barbabietola, peperone, peperoncino portano forza: i cibi rossi sono stimolanti e  antidepressivi.

    Agrumi, zucca, carota: i colori giallo e arancio sono quelli dell’allegria e della solarità e non a caso sono i più ricchi di vitamina c, che rafforzano le difese del sistema immunitario, che hanno un effetto depurativo e disintossicante che ci dona leggerezza.

    Asparagi, broccoli, basilico, carciofi, prezzemolo : il verde delle verdure ci dona sostanze che favoriscono il buon funzionamento del sistema vascolare e quindi ci aiutano nell’equilibrio metabolico

    Cipolle, cavolfiore, aglio, mela, sedano non solo rinforzano ossa e sistema scheletrico ma rendono più fluido il sangue e contribuiscono ad azioni efficaci come depurativi o purificatori, antiossidanti.

    Il campo è vasto ma quello che vogliamo condividere è che il colore è un linguaggio tra l’ambiente interno ed esterno del nostro corpo e che grazie ad esso aumentiamo o indeboliamo l’energia personale. 

    La frequenza del colore nel cibo e’ energia potenziante e/o depotenziante per il nostro cervello, per il nostro corpo fisico e per le nostre emozioni.

    Come alimentarsi per aumentare l’energia personale

    Scegli il meglio per te e per la tua salute, in quel momento/necessità/stagione e nella scelta riscopri l’azione consapevole e il pensiero creativo.

    Per una salute ottimale, abbiamo bisogno di un arcobaleno di colori e di sostanze nutritive. 

    Mangiare una varietà di cibi colorati può essere un modo semplice per ottenere una gamma completa di vitamine e minerali di cui il corpo ha bisogno per prosperare.

    Come si sceglie? Abbiamo parlato della differenza di scelta e decisione .

    Cosa cerchiamo in un cibo? 

    Che sia nutriente, ovviamente, cioè che abbia un alto contenuto calorico (e anche proteico), ma non solo…

    Nei cibi naturali, non processati, il colore è un buon predittore dell’apporto calorico – spiega Francesco Foroni, ricercatore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste – Più un cibo non processato tende al rosso più è probabile che sia nutriente, mentre quelli verdi tendono a essere poco calorici.

    Ogni colore indica un’abbondanza di nutrienti specifici

    La Natura ci offre, in modo perfetto, in ogni stagione, gli alimenti più adatti per sostenere la nostra salute, la nostra energia in quel determinato periodo o necessità. 

    La Medicina Tradizionale Cinese interpreta i colori del cibo come una finestra di dialogo tra la natura, il nostro organismo e il sistema di cui facciamo tutti parte e allora diventa quasi un obbligo con se stessi di portare un equilibrio di colori nel piatto.

    Ed ecco che la millenaria saggezza degli antichi studi della dietetica in Medicina Tradizionale Cinese già anticipava ciò che la scienza ha ribadito in tempi più recenti, come l’effetto biologico di determinati cibi su specifici organi ed emozioni. Ecco quindi che il verde del sedano ad esempio ha un’azione blandamente rinfrescante e drenante per il fegato, la cistifellea, la vista, gli occhi, i muscoli, le unghie, e quindi dissipa ristagni nell’iniziativa, nello slancio mentale o psichico, mette in moto il pensiero.  Permette di essere creativi e coraggiosi nel prendere iniziative e stimola la flessibilità MA il suo eccesso impoverisce l’energia della milza e può generare crampi muscolari, anemia, gastrite, ansietà, inappetenza, instabilità mentale, irritabilità e malumore.

    Perchè?

    Perchè il colore del cibo nel piatto ci aiuta ad allinearci,  portarci in equilibrio con la frequenza che serve in quella stagione, in quel momento.

    Quindi è importante permetterci di attingere a tutto ciò che può fare la differenza nel nostro piatto, perché ogni forma, come ogni colore che incontriamo, è anche un’informazione potenziale che può fare la differenza nella qualità della nostra giornata, dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, nella capacità di affrontare un problema o attingere alla fonte creativa interna.

    Allora io vi invito a colorare il piatto nel rispetto del sentire innato, e anche dell’ascolto che facciamo del nostro corpo.

    Apriamoci a scoprire, investigare e ascoltare le nostre scelte non come abitudine o tradizione ma come dialogo profondo, vasto,  immenso, perfetto e meraviglioso che può attivarsi quando lasciamo che il colore ci guida nelle scelte.

    Cerchiamo l’armonia anche nel piatto ricordando che un aggiunta di un colore completa l’informazione anche dal punto di vista energetico 

    Quindi anche senza essere esperti nella comprensione e nella conoscenza dei nutrienti e dei valori nutrizionali sarà per noi sufficiente colorare la nostra vita  nel rispetto di noi stessi.

    Fidatevi, lasciatevi guidare dalla predilezione per un colore piuttosto che per l’altro, e riscoprite la libertà di essere e dare energia in consapevolezza, leggerezza e libertà.

    UN PENSIERO PER TE

    “Se vuoi stare bene ed essere felice devi prestare ascolto al tuo ministero degli interni”. 

    Laura Padovese

    ESERCIZIO

    “colora” i tuoi piatti con ……….e annota su un foglio la differenza (con e senza), puoi usare:

    • Prezzemolo fresco tritato a mano
    • Curry
    • Peperoncino
    • Sesamo tostato o non tostato
    • Filetti di pomodoro

    “componi” i tuoi piatti con almeno 4 colori e senti la differenza 

    “mangia” un colore alla volta e senti cosa ti trasmette

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Events

    Lavorare al “giusto”ritmo nella complessità

    Vi ricordate la bella intervista a Daniel Barenboim a Che Tempo che fa del 2010?
    Daniel Barenboim è uno dei più famosi pianisti e direttori d’Orchestra del mondo. Fabio Fazio lo intervistò in merito alla Walkiria di Wagner e il Maestro, per far conoscere appieno l’opera del compositore tedesco, portò
    l’attenzione proprio sulla differenza tra complesso e complicato.

    Secondo Barenboim, riferendosi all’opera musicale:
    Complesso è un miscuglio, un insieme di cose che possono essere anche molto semplici, ma che insieme generano qualcosa di nuovo e completamente diverso, da cui a volte non sai cosa aspettarti. Complicato è qualcosa di macchinoso e che non possiede nessuna logica interna.”

    Complessità deriva dal verbo latino plectere, che vuol dire intrecciare, unito alla preposizione cum.
    Potremmo dunque dire che complesso è qualcosa di intrecciato più volte, che può creare disordine e incertezza. Complessità evoca una pluralità di componenti, ma anche un’idea di unità: è quasi un ossimoro.
    Una delle caratteristiche da sottolineare dei sistemi complessi è che puoi descrivere lo stesso sistema a livelli diversi. In una situazione complessa è difficile individuare e gestire tutte le variabili, così come è sostanzialmente impossibile prevederne gli sviluppi. Un problema che definiamo complesso non presenta un’unica soluzione, ma necessita di essere considerato globalmente, analizzando tutti gli elementi che lo compongono e le loro interazioni. Utilizzando le parole del designer Donald A. Norman, complessità è uno stato del mondo, complicato uno stato mentale. Nella complessità, è possibile scorgere una struttura sottostante di ordine.

    Complicato deriva dal latino complicare, e sta a indicare qualcosa di piegato, avvolto su se stesso. Un problema è complicato quando si presenta come il risultato di un insieme di parti difficili da codificare. Sciogliere la complicazione può essere faticoso, ma esiste comunque una soluzione. Ciò che è complicato può essere ridotto a qualcosa di più semplice. Se la complessità è una sfida quotidiana per gli individui e le organizzazioni, complicato rappresenta molto spesso la risposta sbagliata a una richiesta di semplicità. Complicare ciò che è semplice è un atteggiamento tipico di contesti dominati dalla burocrazia. Complicato è tutto ciò che richiede uno sforzo inutile, laddove percepiamo la necessità di uno spreco di tempo ed energie per gestire ciò che potrebbe essere ridotto a qualcosa di ben più semplice. La gran parte della tecnologia che accompagna la nostra vita, nella semplicità con cui si offre al nostro utilizzo, sottende un significativo livello di complessità.

    Se la complicazione è una caratteristica tipica di un’azienda burocratica, la complessità rappresenta l’humus di un’impresa innovativa.

    Per sua natura, l’innovazione ha un rapporto molto stretto con il cambiamento. Lo sviluppo dell’innovazione non sempre è lineare e il risultato non è certo e prevedibile.
    Un’azienda che fa dell’innovazione la propria ragion d’essere sfida la complessità con la semplificazione, sforzandosi di eliminare le complicazioni superflue con poche norme e procedure, non cristallizzate ma sempre rivedibili e modificabili, a seconda dei cambiamenti che l’ambiente esterno stimola e suggerisce.
    La complessità è parte del mondo e delle nostre vite, ma non deve necessariamente assumere i caratteri di una confusione complicata. Per quanto possa provocare incertezze, dubbi e perplessità, la complessità va accolta (che è diverso da accettata. Accettare ha un’accezione più passiva, di rassegnazione, mentre l’accoglienza implica essere un’azione) e gestita. Come sostiene Donald A. Norman, “un certo grado di complessità è desiderabile. Quando le cose sono troppo semplici, le consideriamo anche
    noiose e prive di interesse. Gli psicologi hanno dimostrato che le persone preferiscono un livello medio di complessità: troppo semplice e siamo annoiati, troppo complesso e siamo confusi”.


    D’altro canto, l’essere umano è un meraviglioso esempio di complessità. E, come sempre sentiamo/sappiamo che il vero valore dell’azienda si fonda sulle persone, la complessità non è un argomento, è uno stato di flusso. Nell’essere umano lo possiamo descrivere a livello di singoli atomi e di
    singoli elettroni, ma lì non c’è molto di interessante. Oppure possiamo descriverlo a livello di ciò che fanno le singole proteine e il DNA, poi a livello dei comportamenti delle singole cellule, delle informazioni che le
    cellule si scambiano tra loro, prima quelle più vicine e poi quelle più lontane, per arrivare a ciò che quest’uomo sta pensando, se è sveglio o dorme, se è allegro o triste e così via.
    Ci sono tutti questi livelli di descrizione che si intrecciano tra di loro. In teoria è possibile capire il comportamento delle proteine a partire da quello dei singoli atomi, quello delle cellule a partire da quello delle proteine e così via. È possibile, non è detto che sia fattibile.
    Ma quando passi al livello successivo di spiegazione devi introdurre nuovi concetti, nuove parole, e quindi i vari livelli di descrizione si intrecciano e si influenzano. Non è più sufficiente solo il linguaggio cognitivo della
    mente, abbiamo la necessità di accedere alla nostra mente immaginale, alle nostre intuizioni, alla nostra creatività. Complesso è per esempio l’amore, le relazioni interpersonali, ecc.
    La salute è complessa perché è un processo dinamico e in continuo divenire. Il benessere fisico, psichico, l’alimentazione, gli stili di vita, il lavoro e la vita sociale… sono un insieme di aspetti che non si possono
    considerare singolarmente, che si influiscono a vicenda e che determinano i nostri risultati di successo.


    Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci chiede di partecipare attivamente in prima persona
    per prenderci cura di noi, partendo dalla prevenzione. Mentre la salute è complessa, la prevenzione è complicata, cioè può diventare un insieme di tante piccole, semplici e buone abitudini per raggiungere quella complessità che è il nostro benessere in tutte le sue forme. La sfida per
    manager, imprenditori e innovatori, è duplice: da un lato esplorare l’essenza della complessità, cogliendone la profondità, gestendola in maniera tale da farne emergere l’aspetto più semplice; dall’altro lato combattere ogni inutile, superflua e fastidiosa complicazione.

    Credo che l’attenzione nel 2023 al wellbeing dei collaboratori in azienda abbia questa matrice fondamentale di interconnessione di complessità tra l’uomo e il sistema (natura, azienda ecc.) dove l’uno non è separato dall’altro. Ecco perché l’importanza di far dialogare diversi saperi.

    Il linguaggio teatrale, in particolare il Mito, la Mindfulness, il Coaching, sono strumenti eccellenti di facilitazione per comprendere e sciogliere la complessità, imparando a fluire nell’incertezza.


    Se sei interessato ad approfondire questi temi, ci vediamo il 27 gennaio.

    Info e iscrizioni all’evento da QUI.

  • Il metodo

    Trasform-azione vera: il Fare e l’intelligenza creativa in azienda

    intelligenza-creativa-myhara

    Come e perché addormentiamo la nostra intelligenza creativa in  azienda?

    L’intelligenza creativa in azienda è sicuramente un aspetto del pensiero, ma non solo.

    Proviamo a pensare al nostro lavoro, alla nostra giornata e normale ruotine quotidiana… sapete che possiamo identificare azioni, gesti, atteggiamenti e forme di pensiero creativo in tutte le nostre mansioni? 

    Quando? 

    Ogni qualvolta quello che agiamo esula dal consueto e dall’ordinario, magari associando elementi prima non connessi tra loro e trovando soluzioni innovative e non ovvie.

    L’intelligenza creativa appartiene a tutti

    Facciamo alcuni esempi: un insegnante quando, per trasmettere in modo efficace i concetti ai propri alunni inventa modalità nuove e originali, mantenendosi allineato al programma ma non alla didattica tradizionale, oppure uno store manager che, per “spingere” un nuovo prodotto, allestisce una vetrina in modo inconsueto ma accattivante, ad un manager che di fronte a una problematica complessa ha un’illuminazione e trova una soluzione alternativa… 

    Guilford (1950) definisce la creatività come “la capacità di produrre elementi ideativi in elevato numero e in modo variato e di carattere inconsueto, di introdurre miglioramenti nella situazione, anche in assenza di un reale problema”.

    La creatività è quindi la capacità di mettere insieme elementi prima separati tra loro, in modo nuovo, originale, uscendo dagli schemi consueti, di creare o migliorare qualcosa in modo innovativo, di vedere la realtà, anche quella quotidiana, ben conosciuta, attraverso diverse modalità. 

    Essa non è intrinseca ed osservabile solo nel risultato, bensì nel processo, che determina la messa in campo di modalità di pensiero e strategie nuove, definite divergenti, basate sulla curiosità e sull’anticonformismo.

    L’etimologia della parola creare è da ricondursi alla radice sanscrita kar- = fare, kar-te è  il creatore cioè “colui che fa dal nulla”. La creatività ha a che fare con la generatività, far emergere, far fiorire.

    Secondo Thomas Edison, che realizzò oltre 50.000 esperimenti per perfezionare la batteria e 9.000 per la lampadina, “la creatività era un lavoro fatto al 99% di sudore e perseveranza e per l’1% di ispirazione!”.

    Walt Disney, una delle menti più brillanti e creative dello scorso secolo, asseriva che la creatività è: “la capacità di prendere qualcosa, che esiste solo nell’immaginazione, e dotarla di un’esistenza fisica che influenzi direttamente l’esperienza degli altri in modo positivo.”

    Non esiste intelligenza creativa senza vulnerabilità

    Una delle ferite emotive principali che coinvolge ognuno di noi, con differenti modalità ed espressioni, è l’“atelofobia”, la paura di non fare abbastanza bene qualcosa o la paura di non essere abbastanza, cioè, in breve è il timore di essere imperfetti.

    La paura di non essere abbastanza”, nasconde un trabocchetto in cui cadiamo spesso, e questo trabocchetto è:

    Ma abbastanza per chi? che cosa vuol dire abbastanza? e come sappiamo quando abbastanza è abbastanza?

    Se ci fermiamo un attimo a pensarci, difficilmente ci arriverà una risposta; certo, magari vorremmo soddisfare le aspettative di qualcun altro, vorremmo essere abbastanza per questo “qualcun altro”, ma non è detto che la loro asticella sia giusta per noi.

    Siamo noi che stabiliamo cos’è il nostro abbastanza, siamo noi che stabiliamo quando il nostro abbastanza è in effetti, abbastanza.

    Le emozioni le possiamo smontare andando a rimappare quelle parti di noi che ci fanno sentire così, e per rimappare queste parti di noi dobbiamo creare le condizioni necessarie affinché questo avvenga, e l’unico modo per farlo è sporcarsi le mani e materialmente creare questi nuovi percorsi, il che sostanzialmente vuol dire “fare”. Vuol dire tirarsi fuori dalla nostra testa e metterci materialmente a fare qualcosa, perché solo facendo riusciamo appunto a tirarci fuori dai nostri pensieri e cambiare le cose.

    Sotto a questo forma-pensiero c’è una vulnerabilità lancinante. Potremmo quasi separare la popolazione umana in 2 macro gruppi: quelli che si sentono abbastanza, con un forte senso di dignità e merito e quelli che soffrono di tutto ciò. La differenza tra queste 2 categorie di persone, sostiene Brené Brown, educatrice e ricercatrice americana, è un forte senso di amore e appartenenza.

    Le persone con un forte spirito di dignità e appartenenza credono di meritarsi amore e appartenenza.

    In genere queste persone sono spinte da coraggio. Hanno il coraggio di essere imperfette. Hanno la compassione di essere gentili con sè stesse prima, e poi con il mondo. Non è possibile essere gentili e compassionevoli con gli altri, se prima non ci trattiamo bene. Si tratta del coraggio di abbandonare il sé ideale per essere sé stessi, autentici. Stiamo parlando di un coraggio che abbraccia le proprie imperfezioni, che accoglie i propri errori, perché la creatività implica l’errore. Se non apriamo lo spazio all’errore il nostro pensiero resta sempre convergente. 

    Ecco perché, al secondo posto dopo il coraggio, c’è la vulnerabilità. Le persone che hanno un senso di dignità e merito credono che la vulnerabilità li renda belle persone. Non considerano la vulnerabilità presente nei momenti di vita confortevole, né nei momenti di vita strazianti. Semplicemente la considerano una necessità.

    La vulnerabilità viene considerata il cuore della paura, della vergogna e della nostra lotta per la dignità, ma è anche la culla della gioia, della creatività, del senso di appartenenza e dell’amore.

    Perché la vulnerabilità ci crea così tanti problemi?

    Noi viviamo in un mondo vulnerabile. 

    Ma uno dei modi con cui l’affrontiamo è rendere la vulnerabilità insensibile. Di fronte alla vulnerabilità, la paura, il disagio, la delusione, ecc. noi non vogliamo provare questi sentimenti. Preferiamo compensare con l’alimentazione, abbiamo problemi di peso, creiamo dipendenze dai farmaci, ecc. Addormentare questi sentimenti negativi significa sopprimere anche la gioia, la gratitudine, essere insensibili alla felicità. E tutto ciò ci porta sempre più lontano da noi stessi. Un altro aspetto per cui la vulnerabilità ci crea problemi è perché trasformiamo tutto ciò che è incerto, in certezza. La certezza ci permette di controllare, mantenere e ci rende più governabili. Quanto più abbiamo paura, quanto più siamo vulnerabili, tanto più siamo spaventati.

    Ma quali potrebbero essere quindi le cause della paura di non essere abbastanza, e quali sono le cose che possiamo FARE per smontare questa paura?

    Il perfezionismo Ci dobbiamo sentire abbastanza bravi belli, preparati, insomma ci dobbiamo sentire all’altezza prima di metterci realmente in gioco. Continuiamo a fare corsi di formazione, controlliamo e ricontrolliamo i nostri progetti prima di consegnarli o rilasciarli al pubblico, vogliamo sempre apparire i migliori in qualunque cosa facciamo e con qualunque persona abbiamo a che fare, e NON vogliamo IN ALCUN MODO sentirci inadeguati alla situazione. Ma siccome diventiamo bravi a fare qualcosa solamente con il tempo, ecco che allora c’è il secondo modo per ovviare un po’ a questa questione di essere sempre perfetti, che è quella di fare pratica. E poi un altro modo per superare questo perfezionismo è quello di avere la forza di dire: “vabbè, oh, sai cosa? Va bene così!”. Questo vuol dire sapersi fermare, vuol dire mettere un punto a quello che stiamo facendo e accettare che il mondo veda quello che abbiamo fatto con tutte le imperfezioni del caso. E, di nuovo, vuol dire accogliere la paura del giudizio di ciò che facciamo e di ciò che siamo (o perlomeno ciò che mostriamo al mondo).

    Sentirsi sotto pressione

    Anche se facciamo un sacco di roba c’è sempre qualcosa che dovremmo o potremmo fare di più e / o di meglio, perché appunto sentiamo questa pressione a fare, fare, fare essere, essere, essere.

    Questa pressione ci può venire da fuori, capo, genitori, partner, amici, oppure ci può venire da dentro, e in questo caso siamo noi che ci spingiamo a fare o essere qualcosa di specifico e di diverso da noi.

    Vi siete fatti mai la domanda: “ma non è che mi sto caricando di questa pressione per niente?”

    “Nella mia vita ho avuto un sacco di casini, molti dei quali non sono mai realmente accaduti.”

    Mark Twain

    Togliendo un po’ di forza alle nostre paure per il futuro, per quello che potrebbe accadere, potremmo toglierci anche un po’ di pressione e allora, potremmo ridurre ancora un po’ la nostra paura di non essere abbastanza.

    Fare paragoni

    Noi misuriamo noi stessi con una piccola parte degli altri, la parte che noi decidiamo di guardare e basta. Ad esempio, facciamo finta che noi non ci riteniamo abbastanza ricchi se ci paragoniamo a qualcun altro, magari il nostro vicino di casa. Noi scegliamo coscientemente di vedere solo la ricchezza, ma chi ci dice che questa ricchezza non venga a scapito di qualche cos’altro? Non ha molto senso paragonarci agli altri perché ognuno ha la sua vita, la sua realtà, i suoi pensieri e non è fattibile paragonare la nostra realtà, la nostra vita, i nostri pensieri a quelli di qualcun altro perché, semplicemente, non possiamo conoscerli tutti.

    Senza apertura e accoglienza alla nostra vulnerabilità non c’è né intelligenza creativa, né libertà. E’ proprio l’altro rovescio della medaglia. Se vuoi alimentare la tua creatività, devi aprirti alla vulnerabilità ed all’autenticità.

    Questo è uno dei motivi per cui è così difficile avere aziende creative e innovative.

    Usare l’intelligenza creativa in azienda significa mettere insieme le informazioni in maniera diversa, generativa di soluzioni nuove, “usare lenti diverse”.

    Per facilitare l’accesso alla creatività di ognuno, può essere utile iniziare a cambiare il processo mentale e/o la classificazione delle informazioni.

    L’intelligenza creativa va allenata, proprio come un muscolo

    Per allenare l’intelligenza creativa dobbiamo conoscere come funziona il nostro pensiero:

    Esiste il pensiero divergente

    Le persone creative sono coraggiose e curiose, aperti di mente e solitamente fanno buon uso della loro capacità immaginale. Questo consente loro di affinare l’osservazione nel mondo e di apprendere da ciò che vedono nella realtà e dalle esperienze che fanno, sono persone cognitivamente flessibili e resilienti, che sanno essere irrazionali, lasciarsi andare e amano correre qualche rischio. Appassionate, motivate e persuasive, sono decisamente propense al cambiamento e all’innovazione. Le persone che posseggono questi tratti e queste caratteristiche sono, generalmente, quelle che facilmente usano un tipo di pensiero divergente, associativo–produttivo che “libera” l’innovazione. 

    Ed esiste il  pensiero convergente 

    A differenza di quello divergente, il pensiero convergente è associato al pensiero logico e razionale che si attiva in modo più o meno meccanico e automatico, utilizzando gli schemi e gli elementi dati dal problema stesso, non aggiungendo nulla di nuovo e muovendosi all’interno di strategie, regole e strumenti ben conosciuti e già utilizzati e testati.

    Diversamente il pensiero divergente agisce andando oltre gli schemi e i confini del problema, aggiunge qualcosa di nuovo e non apparentemente osservabile, unisce gli elementi in modo innovativo, esplorando vie e possibilità nuove e originali. Il pensiero divergente è quindi di natura creativa. 

    Ma quali sono le caratteristiche di un pensiero divergente?

    Rimanendo nella teoria elaborata da Guilford, un pensiero creativo presenta i seguenti aspetti:

    • Fluidità: indica la capacità di produrre una grande quantità di idee o risposte ad un problema, indipendentemente dal fatto che esse siano utili e funzionali. Il valore creativo sta proprio nel generare molte possibilità tra le quali scegliere quella più adeguata. Il flusso e ricchezza di pensiero sono la base di questa caratteristica. È un po’ quello che accade quando si fa un brainstoming…
    • Flessibilità: è l’abilità di passare rapidamente da una categoria di pensiero, di funzione, di oggetti, ecc. all’altra per risolvere la situazione o più situazioni. Ad esempio, è attivata ogni volta che si cerca di attribuire ad un oggetto o strategia diversi utilizzi e scopi, uscendo da quella di appartenenza.
    • Originalità: si riferisce alla generazione di risposte nuove e precedentemente non utilizzate 
    • Elaborazione: consiste nel perseguire in modo coerente, approfondito e arrivando a tutte le conseguenze la strategia e strada di pensiero intrapresa
    • Valutazione: è la scelta dell’idea maggiormente funzionale e utile alla risoluzione del problema tra quelle prodotte.

    Queste caratteristiche sono fondamentali per identificare un pensiero che si discosti da quello razionale e che permetta di osservare le cose da prospettive differenti. Non sempre il pensiero divergente è maggiormente funzionale di quello convergente e logico.  Il vero successo e il raggiungimento di ottimi risultati potrebbe, infatti, essere una via di mezzo.

    I benefici dello sviluppo dell’intelligenza creativa e del pensiero divergente in azienda

    • Garantisce la messa in campo di soluzioni nuove, di migliorare e crescere, di osservare la realtà da prospettive differenti e creare nuove opportunità
    • Migliora le abilità di problem solving
    • Incrementa il successo e la capacità di uscire dall’impasse in strategie complesse e dare risposte innovative
    • Permette di uscire dalla fissità funzionale e generare idee, costrutti, tecniche, strategie e strumenti
    • Incrementa il coinvolgimento al compito, la motivazione, l’autonomia, il senso di autoefficacia e autostima.

    Rispetto a questo ultimo punto, sono molto interessanti le ricerche condotte in ambito lavorativo in cui si è osservato come lasciare maggiore autonomia ai lavoratori nella gestione del proprio lavoro, definendo bene l’obiettivo da raggiungere ma dando pochissime informazioni sul come farlo, porti a maggiori risultati e alla messa in campo di maggiore creatività e inventiva.

    Il pensiero divergente infatti esce dagli schemi fissi e osserva le cose da diversi punti di vista per giungere alla soluzione. Per questo motivo sembra che dare troppe informazioni, riduca la possibilità di esplorare e sperimentare, limiti le potenzialità della creatività, riconducendo il pensiero a logiche fisse e definite.

    Quindi quando siamo alla ricerca di idee nuove dovremmo prima utilizzare il pensiero divergente e solo dopo quello convergente.

    Cosa fare per allenare l’intelligenza creativa e il pensiero divergente?

    Il pensiero convergente è utile e necessario in numerose occasioni. 

    Tuttavia, il vero problema è che ci hanno “addestrati” a pensare in un solo modo, lasciando da parte (e addirittura annullando completamente) la spontaneità, l’ingegno e l’intrigante libertà.

    Facciamo l’esempio della respirazione: dobbiamo prima inspirare e poi espirare, non possiamo fare entrambe le cose insieme. Alcuni musicisti lo fanno, ma per la maggior parte di noi è impensabile.

    Per sviluppare l’intelligenza creativa e il pensiero divergente dobbiamo accedere a 3 fasi:

    1. Spegnere il giudizio: metterlo in pausa, che non vuol dire sospenderlo del tutto, cosa che potrebbe spaventarci un po’, ma si tratta solo di silenziare per qualche minuto quella vocina interiore che giudica.

              Nessun pensiero è migliore di un altro. 

    1. Farsi venire le idee: Darci qualche minuto di tempo, 5-10 minuti, e in questo lasso di tempo generare il più alto numero di idee possibile, ricordandoci sempre di non giudicare quello che ci viene in mente. Quello che arriva va bene così com’e’! Niente giudizi! È importante generare un alto numero di idee, perché dopo un po’ si esce dalle idee più superficiali (che arrivano più velocemente). Anche se dopo un po’ ci arrivano idee completamente fuori di testa, non è detto che proprio queste debbano funzionare così come sono o debbano essere le idee definitive, ma in queste idee completamente folli ci potrebbe essere il seme per qualche altra idea realizzabile, che invece potrebbe anche funzionare se rilavorata.
    1. Riaccendere il giudizio e valutare le idee che ci sono venute. Qui è importante mantenere un atteggiamento costruttivo e non cassare sempre e comunque tutte le idee che ci sono venute.

    La fase 2 può risultare particolarmente difficile perché ci richiede di uscire dalla nostra zona di comfort, dalla normalità e dalle cose che conosciamo.

    Fortunatamente, anche questa è una cosa che si può imparare con la pratica, e con alcune tecniche estremamente interessanti:

    Il brainstorming

    Il primo metodo è il noto “Brainstorming”, messo a punto da Osborne, direttore di una agenzia di pubblicità, negli anni 50’. È una tecnica di gruppo che stimola l’attività intellettuale e permette il contributo creativo. Il brainstorming prevede tre passaggi: generazione, chiarificazione, valutazione. Nel primo si dichiara lo scopo/problema e ogni persona esprime le proprie idee. Il valore principale del brainstorming in questa fase è quella di generare idee out of the box. È interdetto qualsiasi giudizio critico, positivo o negativo, si incoraggiano le libere associazioni, si accettano tutte le idee anche se appaiono “strane”. Nel secondo passaggio, quello della chiarificazione, si ripercorre la lista delle idee per capire che ognuno abbia capito cosa è stato proposto. Anche in questo caso è bandito ogni giudizio. Nell’ultimo passaggio, un gruppo più ristretto è delegato alla valutazione: si eliminano le idee duplicate, si combinano idee molto simili, si procede alla valutazione utilizzando due parametri: fattibilità e impatto sul problema

    Il metodo S.C.A.M.P.E.R. 

    E’ l’acronimo di una sequenza di verbi di azione: Substitute (sostituisci), Combine (combina), Adapt (adatta), Modify (Modifica), Put to another use (proponi un altro utilizzo), Eliminate (elimina), Reverse (rovescia). Una volta identificato il problema, si procede con le domande.

    Facciamo un esempio: desidero guadagnare di più.

    1. Sostituire: posso sostituire la mia attività lavorativa con un’altra?
    2. Combinare: posso combinare il mio attuale lavoro con un altro modo di guadagnare?
    3. Adattare: esiste qualcuno che fa un lavoro simile al mio e che ha introdotto qualcosa di nuovo che io posso adattare alla mia situazione?
    4. Modificare: cosa posso modificare del mio lavoro in modo che mi possa generare più entrate?
    5. Cambiare l’uso: potrei utilizzare il mio lavoro, o magari i locali che uso per il mio lavoro in un contesto diverso rispetto a quello che ho sempre usato?
    6. Eliminare: cosa potrei eliminare del mio lavoro che adesso non mi serve più e non mi fa guadagnare quanto mi serve?
    7. Rovesciare: posso far sì che rovesciando o invertendo i miei servizi e i miei prodotti possa offrire qualcosa di nuovo?

    La scrittura libera

    consiste “semplicemente” nello scrivere in maniera completamente “automatica”, sospendendo anche qui il giudizio e anzi dandosi la maggior libertà possibile di mettere su carta proprio tutto quello che ci viene in mente. Sono le pagine del mattino di cui si parla nel libro “La via dell’artista” 

    Esercizi di sinettica 

    “Sinettica” è un termine coniato dallo psicologo William J.J. Gordon. In pratica significa essere in grado di trovare le connessioni e le relazioni tra concetti, oggetti e idee che apparentemente non hanno nessuna unione. Questo esercizio richiede un’elevata attività mentale, e possiamo eseguirlo ogni giorno scegliendo noi stessi i concetti. Per esempio:

    Cosa posso fare con una graffetta e un cucchiaio?

    Che rapporto potrebbe esistere tra il fiume Limpopo in Africa e il lago Baikal in Siberia?

    “La creatività è l’intelligenza che si diverte”

    “L’immaginazione è il principio della creazione. Immagina quello che vuoi, persegui quello che immagini e, infine, crea quello che hai perseguito”

    George Bernard Shaw

     Se ti sei perso i precedenti articoli ecco i link:

    IL DIRE E LA COMUNICAZIONE EMPATICA E POTENZIANTE

    IL DIRE E L’AVERE SUCCESSO IN AZIENDA E NELLA VITA

    IL DIRE E IL RISPETTARE LE REGOLE IN AZIENDA E NELLA VITA

    IL DIRE IMPLICA IL VERBO SBAGLIARE

    IL FARE E LA ROUTINE DEL MATTINO

    IL FARE E LA MIA ROUTINE QUOTIDIANA

    . Il FARE E IL CIBO CHE DA’ ENERGIA

    Se invece sei alla ricerca di un supporto, puoi contattarci e saremo felici di poterti accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile

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  • Il metodo

    TRASFORM-AZIONE VERA: il FARE e il Cibo che dà energia

    • Come scegliere il giusto cibo che dà energia?
    • Perché ti senti stanco quando mangi certi cibi?
    • Come e quando dobbiamo mangiare?
    • Cosa dobbiamo mangiare per sconfiggere la stanchezza? 

    Queste sono solo alcune delle frequenti domande che emergono durante il percorso Energyogant in azienda.

    A tal proposito, per introdurre l’argomento la storia di Novak Djokovic calza a pennello:

    Prima di modificare l’alimentazione, Djokovic soffriva di cali energetici e non riusciva ad accedere all’élite del tennis che tanto sognava:

    “Avevo le capacità, il talento e la motivazione. Avevo le risorse per sperimentare ogni genere di allenamento fisico e mentale concepito dall’uomo, nonché i medici migliori del pianeta a mia disposizione. Mi allenavo nel modo giusto, giocavo nel modo giusto ma a frenarmi era qualcosa che non avrei mai sospettato: mangiavo nel modo sbagliato”.

    Poi provò la nuova alimentazione e cambiò tutto:

    Ogni mattina al risveglio mi accorgevo di essere diverso da prima, di sentirmi sano e forte come quando ero un bambino. Saltavo giù dal letto pronto ad affrontare la giornata. Da parte mia mi sentivo lucido, vigile e pieno d’energia.”

    La vita di Novak era cambiata semplicemente cambiando le sue abitudini alimentari, trasformandolo in 18 mesi nel migliore tennista nel mondo. 

    Novak Djokovic è un tennista professionista conosciuto come uno dei migliori giocatori della storia.

    Ciò che sicuramente emerge è che se vuoi aumentare le tue energie ed allo stesso sentirti meno stanco, il segreto è cambiare le tue abitudini alimentari.

    Il processo di digestione richiede un dispendio di energia (termogenesi indotta dalla dieta), più o meno elevato a seconda di quali e quanti cibi hai assunto.

    Più tempo il tuo fisico trascorre a processare gli alimenti che hai ingerito, più è elevato il dispendio di energia (e la tua conseguente sensazione di stanchezza).

    Il cibo che non dà energia 

    La cosa fondamentale da ricordarsi è che le abitudini formano il carattere ed influenzano la vita di una persona. La maggior parte delle persone crede che la causa di bassa energia sia dovuta a stress, troppo lavoro o una vita impegnativa. Quando inizi la trasformazione delle tue abitudini, ti sentirai più energetico, più vitale, insomma una persona migliore.

    Se cambi il modo in cui mangi, la tua vita cambia.

    Per es.: Se mangi pane e pasta tutti i giorni, inizierai a sentirti stanco e pesante.

    Se sostituisci pane e pasta con verdure e proteine, ti sentirai più energetico, leggero e forte.

    Se crei cattive abitudini, spesso inconsapevolmente, non solo ti sentirai stanco e senza energie, ma a lungo andare avrai problemi di salute.

    Vediamo insieme alcuni cibi che tolgono energia:

    Zuccheri Raffinati e Dolci

    Negli ultimi 50 anni grazie alla diffusione dei supermercati e all’industrializzazione alimentare, c’è stata una vera e propria esplosione del consumo dei dolci. Il problema è che il corpo umano non è in grado di gestire troppa assunzione di zucchero. Quando si mangiano cibi zuccherati, l’attività dell’oressina (neurotrasmettitore importante nella regolazione del ritmo sonno-veglia e dell’appetito) diminuisce. Questo fa si che l’attività del metabolismo diminuisca provocando stanchezza e sonnolenza.

    Dietro ogni zuccherino si nasconde un ladro di energia.

    Studi fatti sui topi hanno portato alla luce che l’oressina aumenta l’attività del metabolismo, rendendo le persone più attive. Quindi, abbiamo tutto l’interesse di mangiare pochi cibi zuccherati se vogliamo vivere una vita attiva.

    Prodotti Con Glutine solo per le persone intolleranti

    Il glutine si trova in:

    • Frumento; Tutti i prodotti prodotti con farine bianche come pane, pizza, pasta.
    • Orzo; Biscotti, zuppe, pane, pizza, pasta.
    • Segale; Pane, grissini, crackers.
    • Farro; Zuppa.
    • Spelta; Farine per dolci.

    Inoltre, si trovano nella maggior parte dei prodotti processati perché è un fondamentale ingrediente per legare gli impasti. Quando mangi un piatto di pasta o pane, il glutine all’interno lega le particelle alimentari durante la digestione. Il risultato è una digestione lenta che consuma molte energie. In altri termini, il glutine causa stanchezza e sonnolenza, ma solo per chi è davvero intollerante. Altrimenti il glutine è un prezioso apporto proteico nutritivo del cereale. 

    Cibi “Spazzatura”

    In breve, tutto quello che trovi nei Fast Food come il McDonald’s. Dal cibo alle bevande, questo tipo di ristorazione offre cibi con un elevatissimo numero di calorie difficili da digerire. La maggiore parte delle persone è attratta dalla convenienza, ma non c’è nutrimento nel mangiare spazzatura. L’unica cosa che offrono è un elevatissimo numero di calorie difficilmente digeribili, e gli effetti non potranno che metterci al tappeto.

    Fritture

    I cibi fritti sono molto calorici e quindi poco digeribili. Però, una persona in buona salute, può, una volta ogni tanto, consumare alimenti fritti. Uno studio pubblicato sul Journal of Medicinal Food del 2011, dimostra che la cottura in olio riduce il carico glicemico degli alimenti, ovvero diminuisce la capacità di rilasciare zucchero nel sangue, aiutando il girovita. L’importante, come sempre, non esagerare.

    Coca Cola e Caffè 

    Nonostante i benefici del caffè (la Coca Cola non ha benefici), se ti senti stanco, rimuovilo completamente. Il caffè dà una falsa sensazione di energia sotto forma di stimolante grazie alla caffeina. Tuttavia, dopo una breva spinta energetica, la persona si sente stanca o perfino addormentata. Infatti la caffeina genera una sensazione di stanchezza continua. Perché? L’adenosina, il neuro trasmettitore che causa stanchezza, viene bloccato dalla caffeina. Sebbene la caffeina prevenga l’adenosina di raggiungere il cervello — facendoci sentire stanchi — non blocca il corpo dal produrla. Quindi, quando l’effetto della caffeina svanisce, l’eccesso di adenosina ti rende stanco e sonnolente. Questo “ciclo vizioso” è responsabile per la dipendenza da caffeina. Inoltre, tra i suoi effetti negativi riscontriamo una sensazione di disidratazione, nonché fonte di stanchezza. Se non puoi farne a meno, prova a ridurre la quantità di caffè ad una tazzina di espresso la mattina ovviamente senza zucchero. La prima settimana ti sentirai frastornato, e questo è normale mentre il cervello ribilancia i valori chimici scombussolati dalla caffeina. Ma poi, gusterai l’infinita energia vitale del tuo corpo.

    Una nota di avvertimento; l’interruzione di caffeina ha seri effetti:

    • Mal di testa.
    • Sonnolenza.
    • Sentirsi tristi.

    Si consiglia di iniziare “la dieta dal caffè” durante una settimana che non si hanno impegni importanti. I sintomi si fanno sentire generalmente nella prima settimana, dopo di che ti sentirai più energetico e meno sonnolente.

    Una valida alternativa è di sostituire il caffè con il tè. il tè generalmente è basso in caffeina e alto in antiossidanti. La bassa quantità di caffeina aiuta la persona dipendente dal caffè a darci un taglio, mentre gli antiossidanti purificano il corpo.

    Inoltre, bere il tè durante la giornata migliora la vigilanza e le prestazioni senza nessuna controindicazione.

    Farina Bianca, Cereali e Derivati

    Per la  maggior parte degli italiani, i nostri pasti rispecchiano una piramide alimentare non sempre corretta, in cui partendo dal basso troviamo:

    • Pane, cereali, riso e pasta
    • Verdura e frutta
    • Latticini, carne e pesce
    • Grassi, oli e dolci

    Questa alimentazione, per quanto sana possa sembrare, è molto lontana da ciò di cui avremmo bisogno per essere in ottima salute e avere il giusto apporto di energie, non di stanchezza. Una dieta equilibrata prevede il consumo di prodotti da farina integrale invece che di farine bianche. Il motivo è che il glutine, trovato nelle farine bianche, è uno dei nutrienti più infiammatori responsabile per irritazioni all’intestino. Inoltre, il glutine essendo una “proteina appiccicosa”, può anche interferire con la digestione mescolando insieme le particelle alimentari. Questo crea “extra” lavoro per lo stomaco durante la digestione portando via risorse ed energie.

    Tra l’altro è risaputo che i cibi ricchi di glutine, non fanno altro che accrescere insulina e serotonina nel nostro organismo. Cosa accade? Le cellule finiscono per essere sature di grassi, senza mai riuscire a smaltirsi. In altre parole, la persona ingrassa. Questi depositi diventano un abitacolo pericoloso per metalli pesanti e tossine.

    La conseguenza è che nonostante il consumo di cibo non saremo altro che stanchi e deboli.

    Se si sostituiscono i prodotti contenenti farine bianche con frutta, verdura, formaggi, carni o pesci, ti sentirai più energico.

    Il cibo che dà energia

    Aumentare la quantità di verdura e vegetali, privilegiando quelli crudi (come l’insalata) che essendo alimenti “vivi” apportano una quantità elevata di energia e aumentano il benessere psicofisico.

    Ricordati che più la tua digestione avviene in tempo rapido, più permetti al tuo fisico di limitare la durata di una delle attività che richiede il più alto consumo di energia.

    Inoltre, se si fa una leggera attività fisica è meglio consumare più proteine invece di carboidrati.

    Le proteine sono facilmente digeribili e possono svolgere la stessa funzione energetica dei carboidrati.

    Le proteine si trovano in grandi quantità in carne, legumi, latte e derivati, frutta secca, zucca, uova, uova di pesce, pesce.

    Spesso si trascura l’acqua perché dimentichiamo che è l’elemento più prezioso per il corpo umano.

    L’acqua svolge una funzione di pulizia dell’organismo inoltre che idratante.

    Non può esserci energia senza un’idratazione abbondante o con un organismo ostruito da impurità che faticano ad essere eliminate. Il segreto è bere prima di avere sete, tendenzialmente almeno 8 bicchieri al giorno. Se senti lo stimolo della sete, il tuo corpo è già disidratato. Bevi regolarmente durante il giorno, prima ancora di avere sete.

    È consigliato bere un’ora lontano dai pasti perché l’acqua che assumi quando mangi, diluisce i succhi gastrici, interferendo sul processo di digestione

    Queste semplici abitudini permettono di affrontare ogni giorno con grande energiavitalità ed entusiasmo.

    Semi di Chia

    Comunemente conosciuti come i “semi della forza”, usati dai corridori e guerrieri Maya più di 1.000 anni fa, migliorano le prestazioni e la resistenza. Contengono i nutrienti essenziali per sconfiggere la fatica:

    • 20% di proteine.
    • 37% di fibre.
    • 20% in Omega-3.

    Le proteine e le fibre mantengono gli zuccheri nel sangue stabili, e gli omega-3 combattono le infiammazioni dei muscoli. Mantenere lo zucchero stabile nel sangue è importante per assicurare il normale apporto energetico al cervello. Mentre l’azione anti-infiammatoria degli omega-3 è importante per il recupero delle masse muscolari dopo sforzi eccessivi.

    Inoltre, i semi di chia contengono micro-nutrienti essenziali come:

    • Magnesio
    • Potassio
    • Fosforo
    • Calcio
    • Zinco
    • Rame
    • Ferro
    • Quercetina (Aiuta il ricovero della massa muscolare)

    I semi di Chia sono facili da digerire e versatili nel loro uso.

    Consiglio l’ammollo in acqua per farli germogliare, in questo modo rilasciano gli “enzimi inebitori” che proteggono i semi.

    Io li aggiungo alla mia colazione del mattino. Un altro modo è ridurli in gelatina con un minipimer, e poi usarli in varie ricette ad impasto come torte o aggiungerli allo yogurt.

    Anguria

    Il corpo umano è composto dal 60% d’acqua, per questo bisogna berne almeno 2 litri al giorno. Ovvio un po’ per tutti. Meno ovvio è il fatto che bere acqua non è sufficiente per il corpo, ma serve assorbire almeno il 20% di H2O dal cibo.

    L’essere lievemente disidratati, può causare affaticamento e dare giramenti di testa.

    L’anguria è costituita per il 92% d’acqua. Aiuta a prevenire la disidratazione, ha livelli significativi di vitamina A, B6, C ed è una buona fonte di energia. Consigliata ovviamente solo in stagione e guarda caso, è un frutto estivo. 

    Fagioli

    I fagioli hanno un grande valore nutrizionale, sono ampiamente disponibili e vengono in varietà che possono adattarsi al gusto individuale. Aggiungere i fagioli alla dieta è una necessità per combattere la stanchezza. Perché?

    • Hanno pochissimi grassi
    • Contengono molte fibre che stabilizzano lo zucchero nel sangue, il quale previene improvvise cadute di energia
    • Le proteine e i carboidrati sono bilanciati, rilasciando energia al corpo lentamente
    • Contengono magnesio che aiuta la circolazione del sangue
    • Contengono ferro che aiuta la distribuzione uniforme d’energie

    Noci

    Avete mai notato che le noci assomigliano ad un cervello umano? Uno scherzo della natura? O un suggerimento che le noci sono cariche di eccellenti nutrienti per il cervello? A parte la qualità dei nutrienti per il cervello, contengono proteine e carbroidati che forniscono energia stabile al nostro corpo.Il risultato è una mente più attiva e un corpo energetico. 

    Patate Dolci

    Patate dolci (carboidrati complessi) sono una fantastica alternativa a pane, pasta e riso (carboidrati raffinati) come fonte energetica perché rilasciano glucosio nel sangue lentamente offrendo livelli di energia più stabili. Le patate dolci sono tra i migliori carboidrati complessi che si possono mangiare essendo ricche di fibre, vitamina C, magnesio e ferro.

    Inoltre, l’alto valore di potassio aiuta a bilanciare gli elettroliti mentre si fa esercizio, e abbassano la pressione sanguigna. 

    Maca

    Conosciuto come il viagra del Perù, questo “ravanello esotico” a un effetto positivo sull’equilibrio ormonale, sui livelli di energia e la salute. La radice di maca solitamente è venduta in polvere, molto gustosa da aggiungere a frullati. Inoltre, essendo un “adattogeno”, aiuta a combattere lo stress e la depressione.  

    Uova

    Le uova sono una vera e propria “centrale elettrica” di energia grazie all’alto contenuto di proteine. La tiamina nelle uova aiuta a trasformare i carboidrati in energia che il nostro corpo può utilizzare mentre la vitamina B5 ne aiuta l’assorbimento. Inoltre, le uova sono ricche in leucina, un essenziale amminoacido per le funzione del glucosio nei muscoli, importante per atleti che fanno sport di resistenza.

    Bacche di Goji

    Le bacche di goji sono usate in Cina per più di 2.000 anni come medicina tradizionale cinese. Queste bacche rientrano nei super-cibi per le sue potenzialità energetiche 

    Sono ottime contro:

    • Diabete
    • Ipertensione
    • Raffreddore
    • Depressione
    • Colesterolo

    Queste bacche sono piccole ma molto nutrizionali, eccellenti da aggiungere ai frullati oppure per fare una tisana.

    Spirulina

    Un’alga che si trova in fiumi e laghi, assurdamente sana ma spesso trascurata o incompresa. Quando si guarda la composizione chimica della spirulina, non c’è da meravigliarsi che le persone che la consumano regolarmente abbiano un’abbondanza di energia.

    Banana 

    In uno studio fatto dalla US National Institutes of Health su un gruppo di ciclisti, si è scoperto che la banana offre “carburante” quanto una bevanda per sportivi, grazie ai contenuti di potassio, fibre, vitamine e carboidrati.

    Mangiare bene influenza il cibo che dà energia

    E’ sicuramente importante sapere “cosa” mangiare, ma è altrettanto importante conoscere “come” mangiare al fine di sincronizzare la frequenza degli alimenti con quella del nostro corpo.

    Si suggerisce di: mangiare lentamente, con consapevolezza, con un atteggiamento positivo, prestando molta più attenzione alla qualità che alla quantità.

    In passato, le persone si sedevano a tavola con tutta la famiglia prendendosi il tempo di mangiare. Solitamente c’era la donna che garantiva un’alimentazione sana e ricca di nutrienti con prodotti freschi, genuini e amorevolmente preparati. Tipicamente, non c’era molto a tavola ma la qualità era garantita.

    Oggi, la situazione è cambiata di molto. La vita moderna ci vede molto indaffarati. Nemmeno il tempo per pensare a come nutrire il nostro corpo in modo corretto, per mantenerlo sano da un punto di vista psicofisico. Ingoiamo tutto quello che ci propongono, hamburger, surgelati da friggere, merendine ipercaloriche, gelati, superalcolici, caramelle colorate per ogni gusto, perché siamo troppo pigri o annoiati per scegliere un’alimentazione veramente nostra. Mangiamo così molto spesso troppi cibi super calorici. 

    Ti è mai capitato di svegliarti stanco, anche dopo numerose ore di sonno?

    Spesso questo è il risultato di una cena troppo abbondante prima di andare a dormire. Invece di permettere al fisico di riposarsi durante le ore del sonno, viene forzato a “lavorare” (digerire) anche di notte. Un organismo che ha consumato energia tutta la notte non può svegliarsi fresco e riposato per affrontare la giornata con nuove forze. Per permettere al fisico di dare il massimo durante la giornata, dobbiamo rispettare i suoi “turni di lavoro”. È consigliato mangiare almeno due ore prima di andare a dormire. Questo aiuta il corpo a ripulirsi dalle impurità inoltre che ha riposarsi.

    Altro aspetto importante è dedicare tempo preciso al mangiare evitando di inquinare il momento del pasto con altre attività, come guardare la televisione o giocare con lo smartphone.

    Staccarsi da tutti i device e “ semplicemente” mangiare:

    • Dà un senso di tranquillità
    • Crea un rapporto intimo con il cibo il quale aiuta a dimagrire
    • Aiuta il corpo a ripulirsi e riposarsi

    Se non dai il corretto “carburante” al tuo corpo e la tua mente, ovviamente le prestazioni saranno scarse. A differenza della benzina della macchina che resta nel motore, il nostro cibo, la nostra benzina va direttamente in circolo, fino all’estremità della pelle.

    Ciò che mangiamo sono radiazioni: il nostro cibo consiste di quanti di energia”, ha affermato il dottor George W Crile di Cleveland in un congresso medico tenuto a Memphis il 17 maggio 1933
    (tratto da Autobiografia di uno Yogi di Paramahansa Yogananda)

    A Novembre, per esempio, ci addentriamo nell’autunno più colorato e a tratti nostalgico. Frutta e verdura di questa stagione dai colori straordinari amplificano le varietà cromatiche e le proprietà benefiche che aiutano il nostro corpo ad abituarsi gradualmente all’abbassarsi delle temperature. Il verde della verdura è spesso associabile al contenuto di clorofilla utile per regolare pressione sanguigna e colesterolo e sono un’ottima fonte di vitamina C, A e B, ma anche di ferro, acido folico e sali minerali come potassio e magnesio. I frutti arancioni sono solitamente cibi ricchi di carotenoidi pigmenti da cui il nostro organismo riesce a sintetizzare la vitamina A.

    Se ti concentri nel creare abitudini alimentari con cibo che ti dà energia invece che solo piacere o convenienza, ti sentirai energetico e forte tutto il giorno.

    Il corpo umano è una meravigliosa macchina, ma per il suo corretto funzionamento ha bisogno di ottimo carburante sotto forma di cibo. Quando il corpo umano ha tutto quello che gli serve costantemente è in grado di potenziare la vita di una persona. Questa persona non si sentirà mai stanca, neanche dopo lunghe ore di lavoro o momenti di intenso stress. Anzi, il suo corpo reagirà con enorme vigore.

    Quando una persona si sente stanca, generalmente dà colpa allo stress, una vita frenetica o troppo lavoro.

    Raramente si considera la dieta… O meglio i cibi che compongono la dieta. Il cibo è energia, il cibo dà energia e la scelta dei cibi più energetici può migliorare la vitalità di una persona.

    Volersi bene significa alimentarsi con prodotti freschi, biologici, per lo più vegetali e di stagione, praticare uno sport che ci appaghi con regolarità e occuparsi della propria sfera emozionale ogni giorno riscoprendo il contatto e la relazione con la natura che siamo. 

    Se ti sei perso i precedenti articoli ecco i link:

    IL DIRE E LA COMUNICAZIONE EMPATICA E POTENZIANTE

    IL DIRE E L’AVERE SUCCESSO IN AZIENDA E NELLA VITA

    IL DIRE E IL RISPETTARE LE REGOLE IN AZIENDA E NELLA VITA

    IL DIRE IMPLICA IL VERBO SBAGLIARE

    IL FARE E LA ROUTINE DEL MATTINO

    IL FARE E LA MIA ROUTINE QUOTIDIANA

    Se invece sei alla ricerca di un supporto, puoi contattarci e saremo felici di poterti accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in  azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile

    Simona Santiani 3387438166 – info@myhara.it

  • Il metodo

    TRASFORM-AZIONE VERA: Il DIRE e il rispettare le regole in azienda e nella vita

    TRASFORM-AZIONE VERA: Dire, Fare, Abbracciare. Un percorso di allenamento al benessere, concreto, facile e di sicuro successo.

    Terzo appuntamento con il DIRE.

    La parola di oggi è: OBBLIGO

    La differenza tra obbligo e rispettare le regole 

    Obbligo dal latino obligare, formato da ob= verso, dinnanzi + ligare = legare, vincolare. Pertanto, l’obbligo non è altro che un vincolo, un dovere di tipo giuridico, etico o morale nei confronti di qualcuno o di qualcosa.

    Regola dal latino regula, lista di legno, regolo, derivazione di regere dirigere, guidare diritto.

    Le 2 parole hanno una “vibrazione, una frequenza” (abbiamo detto che le parole sono energia) decisamente diversa: la regola ha a che fare con l’indicazione, il guidare e può essere interna e/o esterna. La regola spesso è elargita anche attraverso il canale dell’affetto e della cura. 

    Non entro nel merito ora delle conseguenze negative e/o positive dell’affetto e della cura perchè andrei fuori tema.

    L’obbligo ci stringe, ci costringe, sembra più qualcosa che non sappia nulla di noi e che sussista e persista anche dopo di noi. L’obbligo è impersonale.

    L’obbligo si prende la nostra vita, mentre noi vorremmo essere padroni della nostra vita.

    Ogni bambino viene al mondo con una potenzialità di libertà infinita, ma per integrarsi con gli altri e con l’ambiente, viene convenzionalmente istruito a rispettare le regole. Le regole inizialmente sono elargite con amore dai genitori e dal contesto familiare.

    Man mano che si cresce, le regole aumentano e si trasformano in punti di o in punti di conflitto verso la parte più autentica di noi stessi.

    In ognuno di noi esistono  2 parti:

    una nota ed una meno nota, perché non codificata e inascoltata da troppo tempo.

    La parte nota, man mano che intraprende il cammino di vita, si adatta facilmente alle regole ed è rassicurante, perché ci fa sentire appartenenti e accettati dal sistema.

    La parte non nota, spesso non solo non viene investigata e ascoltata, ma spesso neanche presa in considerazione.

    Peccato che è proprio lì che possiamo scoprire la nostra opportunità di trasformazione! 

    E’ nel non-noto di noi stessi che giace il nostro potenziale inespresso carico di manifestazione, vitalità e creatività.

    Un potenziale assopito e raramente attinto.

    Rispettare le regole dall’esterno diventa così “naturale” per noi, da non essere coscienti del confine tra quanto scelto per noi e quanto da noi.

    Rispettare o Trasgredire le regole: quali benefici

    Noi diventiamo veri quando disobbediamo alle regole: non le infrangiamo, ma le trasgrediamo.

    Trasgredire: dal latino  transgrĕdi ‘andare oltre’, der. di gradi ‘andare, camminare’.

    Noi scopriamo di essere noi stessi più facilmente quando riusciamo a trasgredire le regole, perché in quello “spazio di trasgressione” entriamo in contatto con forze nuove di noi.

    Quando nella nostra vita abbiamo a che fare con troppi obblighi e troppe regole da rispettare stiamo negando una parte profonda di noi. 

    Stiamo negando quella “forza o luce interna” che permette di esprimersi creativamente. Più alimentiamo la parte nota a discapito dell’altra, più perdiamo

    creatività e vitalità.

    Quale emozione domina il passaggio dalla parte nota a quella non-nota? La paura. 

    Non la paura di fallire, ma la paura di vincere.

    La paura di diventare consapevoli della potenzialità che c’è in noi, e doversene assumere la responsabilità ogni volta che siamo chiamati ad una scelta.

    Esiste una famosa poesia di Marianne Williamson che recita:

    La nostra paura più profonda

    non è di essere inadeguati.

    La nostra paura più profonda

    è di essere potenti oltre ogni limite.

    Oggi le circostanze ci chiamano ancora di più a rafforzare la parte nota di noi, la parte consolidata.

    Attivare la propria anima “selvaggia” è una sfida, ma può essere anche un problema per gli altri, perché è meno confortevole avere a che fare con persone fuori dagli schemi.

    Avere delle regole ci semplifica la vita e, per esempio, permette alla nostra mente selettiva di dedicarsi ad attività più importanti e/o strategiche, ma quanto le regole spegnino, soffochino la creatività individuale resta parte oggettiva della situazione.

    Rispettare o Trasgredire le regole: quanto e quando

    Esercizio:

    Prendi carta e penna e fai un elenco di quelli che ritieni essere i tuoi obblighi nella vita.

    Quando hai terminato l’elenco, rileggilo.

    Prova a farlo con atteggiamento esplorativo per indagare se sono veramente obblighi che ti permettono di stare bene, vibrare e riconoscerti o sono obblighi che hai reso tuoi per condizionamento culturale e sociale, per comodità e abitudine, perchè tutti fanno così, per quieto vivere.

    Ora cerchia i 3 obblighi o le 3 regole che senti tue perchè allineate ai tuoi valori di oggi e sottolinea 3 regole che oggi vivi come “ imposte” dall’esterno e che creano conflitto dentro di te.

    Cosa succede se abbraccio e consolido quelle in cui mi sento allineato, e abbandono le altre?

    Se vado controcorrente, se deciso di dire e di credere in qualcosa che va all’opposto di quello che gli altri si aspettano da me, quanto divento scomodo per me stesso e per gli altri?

    Abbandonare la regola che mi “costringe” significa fare una scelta. La scelta è il risultato di un movimento interno, che ha a che fare con la coerenza.

    La coerenza con il proprio sentire è un importante indicatore per il nostro benessere e la nostra energia.

    Rispettare le regole vivendo in un gioco di specchi 

    Il mondo che vediamo non è reale, è solo uno specchio del nostro passato, mentre la nostra “psicologia” attuale è reale e rappresenta il nostro futuro.

    Gli amici, il partner, il lavoro, la quantità di denaro che abbiamo adesso rappresentano il nostro passato perché sono la conseguenza della nostra “psicologia” trascorsa. 

    Per cui è impossibile cambiare qualcosa agendo direttamente su questi fenomeni esterni, in quanto sono proiezioni,qualcuno le definisce illusioni.. 

    Sarebbe come cercare di agire sulle immagini di un film: ormai è troppo tardi per cambiare le scene, bisognava agire prima, quando il film è stato girato. 

    Quella che vediamo intorno a noi è la proiezione finale d’un film che è già stato girato. Non è più modificabile.

    Dentro la nostra attuale psiche invece si nasconde il nostro futuro. 

    È lì che dobbiamo intervenire per modificare la proiezione che deve ancora manifestarsi.

    Per vivere la trasform-azione vera  è sufficiente che tu te ne vada in giro con questa nuova consapevolezza, 24 ore su 24. 

    La consapevolezza di essere dentro una matrix, una “psicoprigione”. Però devi ricordartene (ricordarti di te), e questa è la parte difficile.

    Non è semplice, ma se iniziamo a camminare per strada e agire sul lavoro ricordandoci  sempre che le persone e gli eventi che abbiamo di fronte in realtà scaturiscono dal nostro inconscio, le cose cambieranno da sole (devono cambiare), prima dentro e poi fuori.

    E questa è una magia.

    Non è necessario che da oggi analizziamo il significato psicologico di tutto ciò che ci accade. Si tratta solo di acquisire questa nuova consapevolezza e mantenerla come un “centro di gravità permanente”, mentre ce ne andiamo in giro dentro la proiezione tridimensionale del nostro passato.

    Ecco allora, di nuovo, che avere obblighi e rispettare regole è qualcosa di cui abbiamo bisogno, ma anche qualcosa che ci limita.

    Non esiste una risposta univoca. Esiste la nostra proiezione rispetto a regole e obblighi.

    Le regole sono più sociali e strutturali. 

    Gli obblighi spesso sono anche prigioni mentali che ci imponiamo. 

    Riesci a distinguere?

    In verità questo pianeta di per sé non è una prigione, bensì una vera e propria scuola dove le anime s’incarnano all’interno di apparati psicofisici – delle macchine biologiche – che vengono cambiate vita dopo vita, con lo scopo di apprendere ed evolvere. 

    Il punto è che le macchine biologiche che ci costruiamo al momento della nascita e che ci ospitano per tutta la vita, sono soggette a dei meccanismi automatici di sopravvivenza che sfuggono al nostro controllo cosciente. Questo fa sì che quando ci incarniamo ne diventiamo automaticamente schiavi.

    Ognuno di noi, quindi, viene in esistenza in un mondo che – pur essendo il percorso scolastico più valido presente in questo momento nell’Universo – possiede tutte le caratteristiche di uno psico-penitenziario, ossia un “carcere per la mente”. 

    Esattamente come in una qualsiasi altra scuola, se acquisiamo  l’atteggiamento giusto abbiamo la possibilità di imparare molte cose, ma se abbiamo l’atteggiamento sbagliato ogni lezione diventa una tortura inflitta senza ragione e i professori diventano degli aguzzini. Dobbiamo scegliere noi se vivere in una prigione o vivere in una scuola.

    Nel momento in cui si iscrive a scuola, l’anima s’incarna in un apparato psicofisico e si identifica totalmente con questo mezzo biologico, e in modo particolare con la sua mente. 

    Da quel momento l’anima crede di essere la macchina e nulla più. 

    Il problema è che l’apparato psicofisico è soggetto a una totale meccanicità, ossia non prende mai iniziative – anche se a un occhio poco attento potrebbe sembrare il contrario – ma si limita a rispondere meccanicamente agli stimoli che provengono dall’esterno oppure dall’interno della macchina stessa. Non agisce, bensì re-agisce. 

    Per questo motivo non è mai davvero libero. 

    L’illusione che siamo noi ad agire – e non gli istinti, i bisogni e le paure della macchina – fa sì che quasi nessuno vada in cerca di un’uscita da questa situazione.

    Rompere le abitudini meccaniche è la chiave d’accesso alla nostra creatività

    Odiamo meccanicamente e amiamo meccanicamente. Fumiamo meccanicamente e non fumiamo meccanicamente. Ci iscriviamo all’università meccanicamente e ci sposiamo meccanicamente. Possiamo ottenere un cambiamento dentro di noi in direzione d’un risveglio, solo se ci sforziamo di amare qualcosa o qualcuno che prima odiavamo (da qui il lavoro proposto da Gesù: ama i tuoi nemici e prega per i tuoi persecutori) oppure se fumiamo e ci sforziamo di smettere, se parliamo tanto e ci sforziamo di parlare poco. 

    Rompere le abitudini meccaniche è il modo più rapido per uscire dalla meccanicità della psico-prigione. O almeno questo è il lavoro iniziale, dopodiché dovrà cominciare ad attivare il Cuore.

    La situazione è resa ancora più complessa dal fatto che le nostre reazioni meccaniche traggono origine dalla genetica e dai condizionamenti ricevuti durante i nove mesi di gestazione trascorsi nella pancia della mamma e i primissimi anni di vita. Ricordate che dicevamo che le prime regole ci vengono trasmesse nel rapporto con la madre?

    Qui si creano il nostro carattere, le nostre paure, le nostre preferenze, ecc. Tutto ciò che poi troveremo così difficile andare a modificare, poiché nascosto in profondità nell’inconscio.

    Esercizio

    Provate a rompere la meccanicità. Se private forzosamente la macchina d’una sua abitudine reagirà in maniera aggressiva: si va dal rinunciare al caffè la mattina, non prendere più l’ascensore, cambiare di posto tutta la biancheria che avete nei cassetti e gli accessori che si trovano in bagno, mangiare con la mano sinistra anziché con la destra (e viceversa), sforzarsi di bere almeno due litri di acqua al giorno, modificare la vostra postura quando siete seduti, modificare la vostra solita andatura quando camminate. 

    Fino a giungere a cose più radicali: cambiare alimentazione, trovare il tempo per camminare mezz’ora ogni giorno, smettere di bere alcolici, smettere di fumare, iscriversi in palestra, andare a convivere con il partner, oppure non giocare più d’azzardo online, non leggere più articoli di gossip e inutili curiosità di cui è affollata la rete, ma costringersi a utilizzarla solo per precise necessità stabilite a priori.

    Mettere in atto anche solo uno di questi cambiamenti, causa di norma una reazione violenta da parte dell’apparato psicofisico (di norma nervosismo e irritabilità, ma si può giungere anche a somatizzazioni come sfoghi sulla pelle, febbre, influenza).

    Stiamo così saggiando la resistenza delle “sbarre della psico-prigione”.

    Ma poi si attiva il circolo virtuoso!

    Ed ecco che da un momento all’altro, dopo piccoli cambiamenti, diventeremo consapevoli che “ vivere obblighi e rispettare le regole “ può essere un’opportunità di conoscenza.

    Che la nostra paura si supera con l’accettazione della responsabilità e che la libertà  ha senso quando ci permette di essere noi stessi nel senso più profondo e utile alla comunità.

    Ti invito ad ascoltare “Il Pronto Soccorso del tuo Potere”, che può esserti d’aiuto in ogni momento della tua vita, per aiutarti a connetterti velocemente alla tua forza interiore.

    E se ti sei perso quello della settimana scorsa ti lascio il link 

    Ti invito ad attivare da subito questo approccio con te stesso, con i tuoi colleghi e in generale nella tua quotidianità, e poi, se ti fa piacere, fammi sapere com’è andata.

    Se volete un supporto, potete contattarci e saremo felici di potervi accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in  azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile

    Simona Santiani 3387438166 – info@myhara.it

  • Il metodo

    TRASFORM-AZIONE VERA: il DIRE e la comunicazione empatica e potenziante

    Come stai?

    Sembra essere la più semplice domanda che ci porta direttamente all’interno della “comunicazione empatica” che significa impegnarsi per comprendere in modo profondo il proprio interlocutore, e connettersi a un livello emotivo e intellettuale.

    Il nostro interlocutore a volte sono gli altri, altre siamo noi stessi.

    Spesso però la risposta non è correlata a una reale visione d’insieme, che ci sfugge.

    In oriente e nella cultura Vedanta si usa la parola Namastè (= riconosco la parte divina che c’è in me e che ritrovo in te). E’ un saluto che implica un riconoscimento di qualcosa che non vediamo e che, immediatamente ci porta a porre l’attenzione a qualcosa al di là dell’aspetto estetico e visivo.

    Ci invita a riconoscere

    Non riconosco niente nell’altro, se non lo riconosco in me.

    Il dire qualcosa all’altro, fuori di noi, anche un semplice come stai? implica sempre uno scambio che, anche se apparentemente ci sembra innocuo, crea una frequenza vibratoria sia in chi parla, sia in chi riceve.

    Si ritorna sempre al tema della respons-abilità e della risonanza che avviene, inevitabilmente e sempre, dentro e fuori di me.

    Il semplice chiedere come stai? trasmette moltissime informazioni relative a come ci poniamo, al nostro atteggiamento, alla nostra energia personale. 

    Partendo da questa riflessioni, in un momento che ci sta aprendo a nuove opportunità di stile di vita, di relazioni e di comunicazione, abbiamo pensato di dedicare i prossimi tre mesi ad approfondire 3 azioni concrete che sono un passepartout per il nostro benessere in azienda, a partire dai nostri blocchi energetici, passando dalle nostre abitudini e alle nostre credenze e manifestazioni.

    TRASFORM-AZIONE VERA: dire fare abbracciare è il titolo di questa nuova finestra di dialogo che vuole essere un percorso di allenamento al benessere, concreto, facile e di sicuro successo.

    Nel mese di ottobre, ci occuperemo del DIRE e abbiamo scelto 4 argomenti specifici:

    • COMUNICAZIONE POTENZIANTE ed EMPATICA
    • POTERE/SUCCESSO 
    • OBBLIGO
    • ERRORE

    A novembre ci dedicheremo al FARE parlando di:

    • ROUTINE DEL MATTINO
    • ENERGIA DEL CORPO FISICO
    • ALIMENTAZIONE SOSTENIBILE
    • CREATIVITA’

    Dicembre sarà il mese dell’ABBRACCIARE. Un abbracciare molto esteso, che non si limita al contatto fisico ma che “abbraccia” spazi personali di più ampia indagine:

    In particolare:

    • ACCOGLIENZA ED INCLUSIONE
    • STANCHEZZA E SFORZO
    • GENTILEZZA
    • DONO/PERDONO – SERVIZIO
    • GRATITUDINE

    Non esiste trasformazione negativa o positiva, l’unica cosa di cui siamo certi è la TRASFORM-AZIONE e per renderla VERA, nel senso di concreta e che ci porta a dei risultati, dobbiamo mettere in campo soprattutto 2 forze energetiche:

    la VOLONTA’ personale (devo volerlo. Nessuno può aiutare nessuno, se non c’è in campo un atto di volontà) e la COSTANZA (piccoli gesti quotidiani che, ripetuti nel tempo, diventano azioni che trasformano)

    Dire: il primo passo per la trasform-azione vera

    Le parole hanno una potente energia: il legame pensiero – parola – azione è indissolubile.

    E questo vale sia nella manifestazione verso gli altri, che verso noi stessi.

    Da dove nasce il dialogo con noi stessi?

    In ogni momento della nostra vita dentro di noi avviene un dialogo interiore.

    Dal nostro dialogo interiore dipendono le nostre azioni e i nostri risultati.


    Dobbiamo tenere presente l’importanza del nostro linguaggio, che è lo strumento attraverso il quale diamo forma ai nostri pensieri, che diventano parole e poi azioni.

    Il nostro cervello è un sistema binario perfetto: se alimentato nel modo migliore produrrà prestazioni fantastiche, ed elevate vibrazioni che si ripercuoteranno su ogni aspetto della nostra vita.

    Quindi, le parole che ci ripetiamo influenzano ogni attimo della nostra giornata.

    Il pensiero si fa verbo che alimenta di fatto l’agire: a seconda delle parole che scegliamo per creare un’immagine o una manifestazione possiamo creare, elevare, sentire, ma di fatto anche tutto il contrario.

    Questo in accordo con la dualità che permea il sistema vita: a seconda della scelta che facciamo possiamo volgerci al buio, o alla luce.

    Il dialogo con se stessi non è un monologo, ma più un colloquio.

    Io parlo a me stesso e il mio corpo risponde, e muovendosi nella realtà quotidiana colloquia contemporaneamente con quello che mi circonda.

    E quali sono gli effetti di questo scambio di informazioni?

    Con le parole chiedo, con le parole modifico, amplifico, riduco, annullo, esalto, creo. Alcuni suoni vibrano più in alto, altri più in basso.

    Sono diversi gli esperimenti di acustica legate alle vibrazioni.

    Oltre a quello della coppia di diapason, dove la stimolazione di uno ad una certa frequenza influenza in modo naturale anche la frequenza del secondo, potete per esempio provare a spargere una manciata di sabbia su un piatto metallico, collegato a un altoparlante, accendete la musica “a palla” e stare a guardare: al variare delle frequenze, i granelli prenderanno a spostarsi sulla lastra disegnando disegni inaspettati. A volte armoniosi, a volte meno.

    La  frequenza è importante, crea forme e conseguenze. Per questo è altrettanto importante avere padronanza di linguaggio, nell’utilizzare le parole giuste da poter pronunciare a favore di una situazione.

    Il nostro inconscio, infatti, mette in pratica tutto quello che diciamo e ci diciamo, senza discernere: lui riceve un’informazione (una frequenza appunto) che si trasforma in istruzioni precise.

    Questo processo avviene ogni giorno, e noi il più delle volte non ne siamo consapevoli, quindi è importante programmare consapevolmente il nostro inconscio e attivare la mente razionale affinché l’uso delle parole corrette diventi costantemente positivo e riprogrammabile consapevolmente.

    Le parole potenzianti nella comunicazione empatica

    Prova a chiudere gli occhi e immaginati. 

    Se avessi la possibilità di cambiare la tua emozione del momento, quali parole sceglieresti per farlo?

    In diverse discipline, e in particolare in quelle olistiche, si parla di scelta di parole potenzianti.

    Louise Hay è stata colei la quale ha iniziato a parlare sempre di più di affermazioni positive e potenzianti da usare come attivatori della realtà.

    Lei, in particolare, ha sostenuto l’esercizio di ripetere sempre queste parole, e in particolare di attivare parole potenzianti seguendo alcune indicazioni.

    1. Le parole che si scelgono per potenziare energeticamente una situazione dovrebbero essere sempre brevi, semplici, rivolte al positivo

    Ad esempio: Io sto bene. Io mi merito il meglio. Io ce la faccio. 

    Un altro accorgimento è eliminare dal proprio vocabolario la negazione NON e anche gli avversivi MA e PERÒ’ da sostituire, ad esempio in questo modo:

    Mi sento pronto per il colloquio ma la vedo dura…

    Mi sento pronto per un colloquio e darò il meglio di me.

    1. Le parole, perché siano potenzianti, devono essere elaborate per il bene di chi ci circonda e mai incolpando o manipolando una situazione.

    Anche perché le parole sono significative, sono vibrazioni che suonano all’interno e all’esterno di noi. Sono una cassa di risonanza.

    1. Le frasi devono accompagnarsi ad un reale stato emotivo positivo e alla visualizzazione della situazione che la persona sta immaginando. 

    Le visualizzazioni dettagliate ci permettono di immedesimarci e scendere nei dettagli dei nostri desideri, così ci aiutano, nel momento dell’espressione verbale, a formulare affermazioni positive ma anche specifiche. 

    1. Le frasi potenzianti vanno pensate ed enunciate al tempo presente.

    Es: Invece di “Speriamo di vincere” possiamo dire “Oggi sono in forma e vinco.”

    Questa modalità di parole potenzianti funziona sia con noi stessi che con gli altri.

    Il primo esperimento lo possiamo fare con la nostra quotidianità per poi rivolgerci all’esterno e assorbire via via la realtà che ci circonda creandone “realmente” una nuova.

    Un altro punto a sostegno è l’importanza della ripetizione delle parole potenzianti affinché diventino parte nostre, così che il nostro cervello (sistema binario) le assorba e da lì possano vibrare in ogni nostra cellula.

    Scegliamo insieme le parole per rendere la nostra comunicazione empatica!

    Prova ad elencare le frasi negative comuni che solitamente  utilizzi e a trasformarle in parole con un’energia più alta.

    Noi abbiamo fatto questo elenco. Per calarsi nella quotidianità non è possibile trasformare un down emozionale in un up, immediatamente, ma le parole ci aiutano a traghettarci verso sensazioni ogni giorno migliori, energie più elevate.

    Arrabbiato – deluso

    Depresso – non sono al massimo della mia forma

    Distrutto- devo riposare

    Esausto – da ricaricare

    Spaventato – incuriosito

    Ferito – offeso

    Impaziente – sto pregustando

    Perduto – sono alla ricerca

    Penoso – scomodo

    Stressato – troppo impegnato

    Stupido – poco informato

    Terribile – diverso

    Solo sostituendo l’uso di alcuni termini con altri potenzianti si può accorgersi di come cambia la rappresentazione interna e, di fatto, quella esterna. 

    Le parole potenzianti sono parole che hanno carica, energia e passione e quindi è importante conoscerle ed utilizzarle come semplici strumenti, gratuiti, alla portata di tutti che diventano poi azioni che ci trasformano.

    Come funzionano le parole e i benefici della comunicazione empatica

    Ogni parola che pronunciamo, pensiamo o leggiamo accende una serie di lampadine nel nostro cervello che producono delle reazioni neurofisiologiche (neurotrasmettitori, ormoni…) che producono sostanze che ci sostengono, o meno, nel contesto.

    La parola conta: sono di pochi anni fa gli studi, per lo più americani, in cui si diceva che in una relazione il linguaggio verbale conta il 7%, mentre il paraverbale 38% e il 55% resta al non verbale. Oggi questi studi sembrano essere superati: anche il verbale è evocativo di emozione e ogni livello di linguaggio ha un peso equo e connesso agli altri.

    Paolo Borzacchiello ci aiuta con l’elenco di alcune parole che aiutano questa connessione e come il loro uso, o meno, evochi reazioni inconsce in chi ci ascolta.

    SCUSA

    Scusa se ti disturbo: pone l’accento sul disturbo e rimanda a malessere e allontanamento del sentire dell’altro che potrebbe attivare una reazione inconscia di questo tipo “se pensi di disturbarmi perchè lo fai?

    SI e NO

    Sapete qual’è la parola più eccitante del vocabolario? SI

    Ogni SI provoca in noi la midrasi (dilatazione della pupilla).

    Il SI crea relazione tra le persone, e possiamo usarlo non solo come affermazione ma anche come intercalare. Il SI apre situazioni, di contro il NO le chiude. Blocca qualsiasi tipo di interazione.

    MA, PERÒ, TUTTAVIA

    Ma /però /tuttavia sono avversative. 

    Proviamo a sostituirle con e/ infatti/ c’è da considerare anche che

    POSSO, SE DEVO

    Posso essere sincero, se devo dirti la verità: presuppone mancanza di sincerità che l’interlocutore dà come presupposto di uno scambio se no lo stesso non ha senso di essere.

    Come queste ce ne sono molte altre.

    E’ importante ricordare che in un’ottica di comunicazione empatica, e potenziante, il cervello non ha il senso dell’ironia. Per il cervello le parole sono parole e basta.

    Le parole potenzianti sono lo specchio della nostra anima. 

    Attraverso le nostre parole esprimiamo la nostra energia, il nostro modo di essere.

    Esercizio:

    Prova a creare la tua frase di potere.

    Formulare la propria frase di potere, rende le parole come un faro, un indicazione, un rafforzativo per tenerci aderenti alla nostra mission personale.

    Deve essere al presente, in prima persona, composta da soggetto verbo e un aggettivo qualificativo.

    Es. Io (nome) sono  energico.

    Io (nome) sono entusiasta.

    Io (nome) sono attento, ecc

    Scrivi questa frase sul desktop del tuo computer, sul tuo cellulare, attacca un post-it in ufficio o sullo specchio del bagno al mattino.

    La tua frase di potere deve essere un’informazione diretta e chiara per il tuo inconscio, che di per sé non ama i cambiamenti.

    Ma soprattutto deve essere ripetuta quotidianamente più volte al giorno per portare una TRASFORMAZIONE VERA, dove anche tutto il sistema cellulare riceve una nuova informazione e si riorganizza.

    Ti invito ad attivare da subito questo approccio con te stesso, con i tuoi colleghi e in generale nella tua quotidianità, e poi, se ti fa piacere, fammi sapere com’è andata.

    La comunicazione potenziante è parte del nostro approccio: se volete un supporto, potete contattarci e saremo felici di potervi accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in  azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile

    Simona Santiani 3387438166 – info@myhara.it