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  • Il metodo

    Pensare troppo: la mente come nemico e come alleato

    Pensare troppo, “ruminazione” è il termine corretto, è un’abitudine, o per meglio dire una trappola, che non contribuisce affatto a risolvere i problemi, anzi tiene la mente avviluppata in un circolo vizioso. Con conseguenze deleterie sull’umore, l’energia vitale, i rapporti interpersonali e la salute. 

    L’ho capito troppo tardi, ma come diceva qualcuno, meglio tardi che mai.

    Ti invito a seguire questo testo solo se senti che hai una mente che pensa troppo. 

    Se capita anche a te di avere la mente che inizia ad interrogarsi, a dire “ma che cosa ho fatto veramente? Che cosa ho sbagliato? Che cosa avrei dovuto fare? Che cosa avrei dovuto non fare? Cosa ho detto? Cosa avrei potuto dire? Cosa penseranno gli altri? Se gli altri pensano che avrei potuto dire qualcosa di diverso o fare qualcosa di diverso

    Se hai una mente che spesso cade in overthinking prova a leggere le mie considerazioni.

    Qui vorrei trattare il nostro essere vittime della nostra mente torturatrice, che sta sempre a valutare cosa fare, cosa dovrò fare, cosa ho fatto, cosa avrei dovuto fare, cosa avrebbe dovuto succedere, cosa sarebbe dovuto succedere se avessi fatto… tutta questa vita mentale che poi vita non è, che ci allontana davvero dalla vita reale.

    La ruminazione è parente stretta della preoccupazione. Entrambe sono intensamente concentrate su loro stesse ed entrambe riguardano il tentativo di vivere un momento che non è quello attuale. 

    Mentre la preoccupazione riguarda il futuro, la ruminazione si rivolge al passato: un esercizio ancora più inutile. Il ruminare ci fa perdere la prospettiva e un granello di sabbia diventa una montagna.

    I ruminatori in genere sono mossi dalle migliori intenzioni. 

    Ruminare sulle emozioni disturbanti offre la confortante illusione di compiere uno sforzo di coscienza. 

    Inoltre la ruminazione rende anche più probabile il senso di colpa “Perché reagisco sempre così?”

    Spendiamo ingenti quote di energia mentale. Questo aumenta la nostra inefficacia e ci rende improduttivi. 

    Spesso diventa una co-ruminazione quando ci troviamo a condividere con amici, parenti o colleghi il lamento verso qualcuno o qualcosa. Si potrebbe pensare che queste forme di sfogo ci facciano stare meglio, ma non essendoci progresso, né alcuna risoluzione, il risultato finale spesso è che ci sentiamo ancora più irritati.

    I ruminatori sono soggetti con cui è difficile interagire perché scaricano le loro forti e pesanti emozioni sugli altri. Vogliono parlare, sviscerare la questione con le persone che sentono più vicini. Hanno un bisogno costante di parlare delle loro paure, delle loro preoccupazioni e difficoltà. 

    Susan David nel suo libro “Agilità emotiva” sostiene che i ruminatori focalizzano l’attenzione su di Sé e non lasciano alcuno spazio ai bisogni dell’altro.

    Allora cosa possiamo fare? 

    In realtà noi questi pensieri non li vogliamo, li subiamo.

    Ricordiamoci che la mente è un ottimo servitore, ma un pessimo padrone. 

    Cioè quando noi utilizziamo la mente possiamo davvero fare cose incredibili, è uno strumento meraviglioso, ma quando la mente diventa il nostro padrone, cioè ci impone questi pensieri ossessivi e continui, dobbiamo fare qualcosa.

    Perché la mente fa questo?

    Perché la mente cerca di proteggerci da tutto ciò che è possibile.

    Entra nelle possibilità che il futuro ci riserva e, man mano che ne esplora qualcuna, vede che ce ne sono talmente tante altre, perchè le possibilità sono praticamente infinite, che si perde. 

    E’ come un sistema d’allarme che cerca di prevedere ogni possibile forma di intrusione, però poi alla fine va in loop. 

    La mente non è contro di noi, ma va fermata.

    Rimuginare non rivela i significati più veri e profondi della vita. Non aiuta a fare chiarezza sul passato né a trovare soluzioni ai problemi attuali. Invece, inquina la mente con la negatività al punto che ci si sente sconfitti ancora prima di iniziare; bloccati e demoralizzati, o si sprofonda sempre di più nella depressione”. Al contrario, disinnescare questi perniciosi meccanismi consente di riprendere in mano la propria vita. Le persone che rimuginano hanno la tendenza a guardare il mondo in modo non oggettivo e a lasciarsi manipolare dall’ansia. 

    Questo ha un impatto limitante sulle loro vite: chi rimugina perde il contatto con il qui ed ora, è immobilizzato da ansia e paure, è triste e irritabile e può avere disturbi del sonno e cali di concentrazione.

    Per tanti anni sono stata vittima della ruminazione e non credo oggi di esserne completamente incolume. Ma sicuramente, anche grazie allo yoga e allo studio delle discipline orientali, sono oggi più capace di gestire la mia Radio-Mente sempre accesa.

    Ecco alcuni suggerimenti che ho imparato a praticare e tutt’ora pratico:

    1. Riconoscere i trigger e gli schemi di pensiero. 

    I trigger sono gli stimoli precisi su cui la mente si attiva. Per esempio un trigger può essere situazionale: ogni volta che una persona mi dovrebbe scrivere e non mi scrive, la mente comincia a dire…che sarà successo, forse ho sbagliato io, forse è successo qualcosa a lei, ma forse questa relazione non è importante per me… 

    I trigger possono essere degli ambiti della nostra vita. Mi accorgo che si attivano questi pensieri soprattutto sulla coppia…forse non stiamo bene, lui mi lascerà, lei mi lascerà

    Sono schemi di preoccupazione per il futuro? Sono schemi che vanno a rivisitare ciò che ho fatto per dire che ho sbagliato? E’ un giudizio costante per quello che ho fatto? Sono schemi che mi correggono rispetto al passato che non posso cambiare?

    Il primo suggerimento è scrivere, annotare.

    Dobbiamo iniziare a vedere come si muove la nostra mente, come in una partita a scacchi, per poter fare delle contromosse. Più conosco cosa mi attiva e in che modo si attivano questi schemi e più posso giocare la mia partita con la mente. L’obiettivo non è combattere la mente, ma gestire quello che fa con una contromossa (come negli scacchi appunto) cioè bloccare i tentativi che fa di farmi scacco.

    1. Scrivere il flusso di pensieri. Il flusso dei pensieri è un flusso spesso sconnesso che subiamo e che ci dà un’alternanza incredibile di emozioni perché ad ogni parola, ad ogni frase il corpo segue. 

    Se avessi detto quella cosa…paura 

    Se lui mi lascia…terrore

    Però anche lui ha sbagliato …rabbia

    Quello che voglio sottolineare è che in quel flusso indistinto di emozioni ci perdiamo e anneghiamo. Ci manca l’aria. Perdiamo di lucidità.

    Quando invece scriviamo facciamo un sacco di cose utili:

    • Buttiamo all’esterno i nostri penseri. Non li subiamo e li portiamo dentro perché attivino le nostre emozioni. Scrivendoli, abbassiamo anche il bisogno di sfogarci con qualcuno. Invece di annegare nelle nostre emozioni, facciamo una cosa concreta, scriviamo, che sia su carta o su dispositivo elettronico
    • Scrivendo ci distraiamo. Facendo un’azione concreta non possiamo più mantenere il focus attentivo sui nostri pensieri
    • Diamo un ordine, perché per scrivere dobbiamo stare attenti al flusso di coscienza, alle parole che la nostra mente utilizza. In questo modo non ci sembra più tutto confuso, non ci sentiamo più nel mare in tempesta in cui perderci.
    • Possiamo rileggerli. Quando li rileggiamo possiamo valutarli, cosa che non possiamo fare se stiamo annegando. Quando stiamo annegando non possiamo valutare l’entità della tempesta, da dove arriva il vento, cosa poter fare, cosa non poter fare, quanto durerà. Siamo impegnati a salvarci la vita!

    Oggettivando i pensieri e prendendone le distanze, creiamo un dialogo con la nostra mente

    Cosa significa scrivere tutto il flusso di coscienza?

    Non vuol dire che ci stiamo preoccupando di qualcosa. Se la mente in quel momento dice avrei dovuto dirglielo, potevo dirgli che era bellissimo invece di dirgli che quelle scarpe non mi piacevano, che andava bene la giacca ma la camicia in fondo non mi piaceva, ecco ora non mi guarderà più in faccia…dobbiamo proprio scrivere tutto questo. 

    Senza occuparci della forma, né dell’ortografia. Esattamente quello che la mente dice. 

    3) Trovare pensieri di ancoraggio. L’ancora ci stabilizza, ci mantiene fermi anche nella tempesta. Ci aiuta ad evitare di andare dietro ai nostri pensieri ossessivi. 

    Ognuno può trovare i propri pensieri d’ancoraggio. 

    Personalmente mi aiuta il qui e ora. Invece di essere in balia dei tremila pensieri, perché il mio capo, se mi avesse chiesto, se io gli avessi chiesto, forse avrei potuto dirgli ecc. ora sono qui e sto scrivendo e sto bene. Mi aiuta anche la fisicità, congiungo le mani davanti a me e spingo bene un palmo verso l’altro rafforzando la mia presenza qui ora. Ricordo alla mia mente dove sono, cosa sto facendo. 

    Un altro pensiero d’ancoraggio è ricordarmi cosa sta succedendo e dire alla mia Radio-Mente sempre accesa, che è solo una voce nella testa. La mia Radio-Mente mi sta dicendo un sacco di cose, ma molte non sono vere.

    Infine un altro ancoraggio molto potente è la famosa frase del filosofo Emmanuel Kant 

    non ci sono risposte intelligenti a domande stupide. E se…e se… sono domande stupide a cui è meglio cercare di non rispondere. In questi casi meglio bloccare le risposte.

    In merito all’aiuto dalle discipline orientali, oltre al qui e ora, di cui abbiamo già parlato, la meditazione può venirci in aiuto attraverso esercizi di respirazione consapevole. Per esempio, semplicemente contare i tempi dell’inspiro rispetto a quelli dell’espiro, rendendo l’espirazione il doppio dell’inspirazione. Altro suggerimento, attivare Kumbaka, trattenendo per qualche istante l’inspiro in apnea piena, sentendoci per pochi istanti “sospesi”. Questa è medicina per i nostri pensieri ruminanti!Anche esercizi di Body Scan ci aiutano a spostare l’ansia dei nostri pensieri sul corpo fisico.Fare una scansione del nostro corpo ci costringe a restare nella presenza e a non farci trascinare dal rimuginio dei nostri pensieri.

    Infine condivido questa storiella zen:

    Due monaci Zen, Ekido e Tanzan, erano sulla strada per il monastero. Il giorno prima aveva piovuto e le piste erano fangose. Quando passarono nei pressi di un piccolo villaggio, incontrarono una giovane donna con uno splendido kimono dorato. La giovane cercava di attraversare una pozza d’acqua, ma si era paralizzata, pensando che se bagnava il suo kimono poteva rovinarlo, e la madre l’avrebbe rimproverata duramente. Senza esitare, il giovane Tanzan si avvicinò per aiutarla. La caricò sulla schiena e la portò dall’altra parte dello stagno. In seguito i due monaci continuarono sulla loro strada. Quando raggiunsero il monastero, Ekido, che si era mostrato ansioso per tutta la durata del viaggio, ha duramente criticato il suo compagno: Perché hai caricato quella ragazza sulla schiena? Lo sai bene che i voti che abbiamo preso lo vietano! Tanzan non si mostrò turbato, guardò il suo compagno di viaggio e rispose con un sorriso: Io ho caricato quella ragazza sulla mia schiena solo per pochi minuti alcune ore fa, mentre tu, al contrario, la porti ancora sulla tua schiena.

    Nella vita di tutti i giorni ci comportiamo spesso come Ekido: non agiamo quando è necessario, ma in seguito continuiamo a rimuginare la situazione. Restiamo legati al passato, continuiamo ad alimentare la preoccupazione che ci impedisce di andare avanti.

    La ruminazione non deve definire la nostra vita. Con consapevolezza e pratiche efficaci, possiamo imparare a gestire i nostri pensieri e a vivere più pienamente nel presente.

    Da parte mia posso proporti un webinar gratuito in cui parleremo e lavoreremo in modo pratico proprio su questo tema.

    Il Webinar si intitola “Penso troppo e vivo male: come liberarsi dalla trappola del rimuginio e vivere bene” e si terrà in diretta su Zoom lunedì 10 febbraio alle 17.30.

    Se quello che hai letto in questo articolo ti risuona, prenota il tuo posto per il webinar scrivendo a info@myhara.it

    Ti aspetto.

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