Siamo al secondo appuntamento con Alchimia del Talento!
In realtà vorremmo utilizzare la parola “talento” come un significante che racchiude tutte le attività orientate a scoprire talenti in azienda e sostenerli per far emergere l’unicità del collaboratore in azienda.
Si tratta di osservare, chiedere e riconoscere qual è il talento nostro e dei collaboratori e finalizzare il lavoro affinchè, una volta scoperti talenti, vengano concretamente messi a servizio.
Attrarre e scoprire talenti è un pò come nella vendita, quando si dice che conquistarsi un nuovo cliente non sia facile, ma mantenerlo a lungo è ancor più impegnativo.
Cosa ne pensi?
Alla domanda, posta la scorsa settimana sia nella Newsletter che su Linkedin, se il talento fosse un dono o un seme che appartiene a tutti, la maggior parte delle risposte raccolte dal breve sondaggio propendono per la seconda.
Ma siamo proprio sicuri?
Ho lavorato recentemente per 4 intensi mesi con un gruppo di giovani talenti in una complessa realtà aziendale, il cui timore iniziale, da parte di chi ci ha affidato l’incarico,
era da una parte, la difficoltà di scoprire talenti su una popolazione lavorativa così vasta, dall’altro il loro adattamento al mood aziendale, piuttosto che la loro propulsività verso l’innovazione.
Se il talento è come un seme, il seme, a seconda del terreno, più o meno fertile e della cura, può germogliare o inaridire.
Solo pochissimi semi, nonostante l’aridità del terreno e la mancanza di cura, crepano la superficie e sbocciano comunque. Quelli li chiamiamo geni.
Ma a noi interessa ora focalizzarci su quel seme che appartiene a tutti.
Il talento è l’immagine unica che ci definisce e con la quale siamo venuti al mondo: è la nostra carta d’identità esistenziale, la nostra tendenza naturale, il perno invisibile attorno al quale tutti noi ruotiamo e sul quale si fondano la nostra realizzazione e la nostra felicità.
Il talento non si trova sforzandosi di cercarlo, ma solo lasciando che la vita accada nella sua naturalezza, senza che ci si ostini a incanalarla in direzioni prefissate, “logiche” o socialmente legittimate.
Come ti occupi dei tuoi semi in azienda?
I semi hanno bisogno costante di acqua, di terra adatta, di oligoelementi, di aria, sole, ecc.
Nell’esperienza lavorativa di cui sopra, alcuni giovani e manager talentuosi erano collocati in terreni non adatti alla loro crescita e si erano adeguati rinunciando ad esprimere la propria unicità, adeguandosi ad un pensiero del tipo “tutto sommato non va male, ho un posto di lavoro, sono anche riconosciuto, ho dei validi colleghi e posso imparare anche qui”.
Altri scalpitavano nel terreno dov’erano, ma prevaleva la convinzione che era inevitabile aderire ai processi burocratici e funzionali.
Quanto costa all’azienda avere semi talentuosi in terreni sbagliati?
Non si tratta di scardinare i processi, ma di mettersi a braccetto con gli stessi.
I processi sono come i paletti, i filari, che in un terreno fertile, permettono al seme di germogliare, nel rispetto degli altri semi, senza essere sopraffatti dalle altre fioriture.
Solo in terreni molto maturi e con semi molto consapevoli è possibile osservare ed ammirare la bellezza e l’armonia del campo con tanti fiori diversi l’uno dall’altro.
Nel suo libro “Tecniche di Meditaziona Trascendentale” il maestro indiano Mahesh Maharishi sostiene “sviluppando la diversità, rafforziamo l’unità”.
Lui poi l’ha spiegata in modo delizioso: “Immaginate un campo verde dove tutti i fiori e le erbe sono allo stato di germogli boccioli, adesso immaginiamo di innaffiare il prato cosicchè la linfa di ogni pianta e di ogni fiore venga alimentata e faccia crescere i germogli e sbocciare i fiori. Alla fine quando ogni pianta avrà sviluppato al massimo la propria diversità, i papaveri i loro petali rossi, i fiordalisi i loro petali azzurri, le margherite il bianco e il giallo ecc. avremo un campo non più verde ma fiorito, pieno di colori e ancor più bello rispetto a prima”
Bruce Lipton nel suo libro La Biologia delle Credenze fa un paragone simile, parlando delle cellule del corpo umano e sottolinea come ogni cellula sia un organismo autosufficiente, ma perfettamente integrato con altri 75 trilioni di cellule. Ogni cellula ha la sua specializzazione che determina la sua peculiarità e nello stesso tempo concorre in maniera mirabile alla buona salute e al funzionamento di tutte le altre cellule e dell’intero organismo, un esempio di perfetta integrazione nel rispetto della piena individualità.
L’azienda ideale è quella dove ogni collaboratore ha la possibilità di esprimere al massimo livello la propria diversità nel pieno rispetto della diversità dell’altro. Una tale azienda presuppone la totale predominanza dei lobi frontali della corteccia cerebrale sul cervello rettiliano, il predominio della Consapevolezza sulla Paura.
Cosa predomina nella tua azienda?
Cosa fai per favorire il passaggio dalla Paura alla Consapevolezza?
In azienda una persona di talento, ma priva di determinazione avrà meno chance di una persona coraggiosa e tenace pur senza un geniale talento, così come diceva Seneca:
«La fortuna non esiste. Esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione».
Scoprire talenti significa per lo più avere a che fare con qualcosa che spesso è latente, servono enzimi capaci di farlo emergere. Fra questi c’è l’inclusione, non solo letta attraverso le categorie conosciute (genere, cultura, religione, orientamento affettivo), ma come capacità di accogliere e abbracciare la diversità come risorsa che è fatta anche di competenze laterali e di pensiero critico, di zone d’ombra che ognuno di noi ha e che fanno parte del talento.
Federico Cimaroli, un ricercatore spirituale di nuova generazione, definisce l’ombra come quella parte che custodisce solo ciò che la luce non riesce a vedere, guardare nell’invisibile, ascoltare la profondità del silenzio per cogliere la parte essenziale di ognuno.
Per scoprire e far emergere talenti bisogna imparare ad accogliere sia la parte talentuosa che le zone d’ombra. E’ necessario in una visione a lungo termine e nella consapevolezza che la fragilità e la vulnerabilità diventano una forza a servizio del talento.
Come possiamo integrare talento e zone d’ombra?
Quanto le buone idee possono bastare da sole?
Secondo Scott Barry Kaufman, professore di psicologia alla New York University ed autore del libro Ungifted il talento è indissolubilmente legato alla pratica. Senza un esercizio costante il talento rimane quasi sempre una promessa inespressa.
Mi vien da dire che serve il coraggio di esprimerle. Se non vengono comunicate rischiano di perdersi o diventare sterili.
Cosa penso della forza delle mie idee, delle mie risorse o di quelle dei collaboratori?
Come accennavo la scorsa settimana, scoprire talenti non ha a che fare con il tempo.
Ci vuole allenamento, tanta costanza e caparbietà, e un pizzico di follia.
Ci sono donne e uomini che, nonostante siano ‘verso il crepuscolo’ e il fisico sia più stanco, rimangono lucidi, determinati a volare alto e ad affermare il loro ‘genio’.
Si autoalimentano e cavalcano il tempo con la consapevolezza di chi non ha forse abbastanza tempo e vuole lasciare ancora delle tracce per noi e quelli che vengono dopo di noi ? I misteri della genetica e del talento sempre in progress!
Interessante l’approccio del Prof. Nardone con La teoria delle incapacità che ci guida a scoprire talenti nascosti partendo da ciò che in questo momento ci sta bloccando (le incapacità).
A tal proposito Vi propongo un esercizio della teoria delle incapacità, diviso in 3 fasi.
Esercizio
Fase 1: Soluzione
Prendi carta e penna e scrivi una tua difficoltà che si ripete nel tempo, un qualcosa che in questo momento non ti sta permettendo di esprimere i tuoi talenti al meglio: si tratta di atteggiamenti che non ti stanno consentendo di raggiungere i tuoi obiettivi. Scrivi il comportamento che ti sta limitando sul foglio.
Cosa ti sta bloccando?
- L’incapacità di trovare la soluzione? Non sei in grado di capire cosa devi fare.
- L’incapacità di applicare la soluzione? Sai cosa devi fare, ma non l’hai ancora messo in pratica.
- L’incapacità di mantenere la soluzione? Hai fatto alcuni tentativi per applicare la soluzione, ma non sei stato in grado di essere costante.
- L’incapacità di sostenere gli effetti collaterali della soluzione? Sei riuscito ad essere costante nell’applicare la tua soluzione, ma non sei stato capace di sostenere le conseguenze di tale soluzione.
Ti faccio un esempio di facile comprensione: ipotizziamo che tu sia un collaboratore, appena assunto in azienda e che, al momento, il tuo percorso aziendale sia stato contrassegnato da risultati non particolarmente brillanti. Cos’è che ti sta bloccando?
- Non conosci un le competenze tecniche necessarie (incapacità 1).
- Conosci quali sono le competenze tecniche, ma non le stai applicando (incapacità 2).
- Hai risultati incostanti: alcuni risultati li ottieni con successo, altri molto meno (incapacità 3).
- Temi di essere ritenuto un carrierista work alcholic dai tuoi colleghi (incapacità 4).
Scrivi ora sul tuo foglio qual è l’incapacità che in questo momento non ti sta consentendo di esprimere appieno il tuo talento.
Fase 2: Reazione
Esiste poi una secondo fase, più profonda, ancor più vicino alla radice dei nostri limiti. Questa secondo fase indaga le nostre reazioni di fronte alle difficoltà che riscontriamo.
Qual è la tua reazione di fronte ai blocchi che abbiamo visto al livello 1?
Ti ritrovi ad avere:
- l’incapacità di reagire? Se sei alla continua ricerca della soluzione giusta, se tendi ad iper-razionalizzare tutto, se hai la continua paura di sbagliare, probabilmente, alle prime difficoltà la tua reazione naturale è quella di bloccarti.
- l’incapacità di non reagire? Se di fronte alle difficoltà, la tua reazione naturale è quella di indulgere nel piacere, avere scatti di rabbia o comportamenti ripetitivi, molto probabilmente sei incapace di non reagire.
- l’incapacità di percepire correttamente? Se di fronte ad un problema lo neghi, nascondendo la testa sotto la sabbia, la tua reazione tipica è l’auto-inganno.
Fase 3: Emozioni
Siamo dunque arrivati alla fase n.3 di analisi, il livello più “primitivo”, ovvero ciò che è alla base delle nostre emozioni e dei nostri comportamenti: le emozioni
Esistono 4 emozioni di fondo:
- La paura.
- Il piacere.
- Il dolore.
- La rabbia.
Queste emozioni sono alla radice di tutte le incapacità viste nelle prime due fasi: le condizionano, le acuiscono, le controllano. Tuttavia, nel momento in cui viene individuata l’emozione primordiale che sta bloccando i nostri talenti, è possibile mettere in atto tutta una serie di stratagemmi in grado di liberare il nostro potenziale.
Riporto alcuni esempi del prof. Nardone
- Affrontare la paura. Immagina di conoscere la soluzione al tuo problema, ma non essere in grado di applicarla (livello 1), immagina inoltre che la tua reazione spontanea sia quella di non reagire (livello 2), ovvero di bloccarti, e che alla base di tutto vi sia una fondamentale sensazione di paura (livello 3). In questo caso, uno degli stratagemmi più efficaci è quello della “peggiore fantasia “, ovvero dedicare ogni giorno un tempo prestabilito a fantasticare nei dettagli sulle peggiori cose che potrebbero accadere nel momento in cui dovessi trovarti faccia a faccia con la tua paura.
- Gestire il piacere. Immagina di conoscere ed aver applicato la soluzione, ma non essere riuscito a mantenerla nel tempo (livello 1), immagina inoltre che la causa della tua incostanza sia l’incapacità di non reagire (livello 2): vorresti evitare di fare una cosa, ma ci ricaschi puntualmente. Immagina infine che alla base di tutto vi sia una ricerca spasmodica del piacere (livello 3). In questo caso, una tecnica molto efficace consiste nel concedersi completamente al piacere, ma ad intervalli ben precisi. Se ad esempio sprechi un mare di tempo su social network e siti vari imponiti di navigare tutti i giorni alla stessa ora per 60 minuti di seguito: senza eccezioni.
- Sopportare il dolore. Immagina, ancora una volta, di essere incapace di mantenere la soluzione (livello 1), immagina però di essere questa volta nell’incapacità di reagire (livello 2) e che ciò sia dovuto al fatto di non riuscire a sopportare il dolore (livello 3). In questo caso è necessario lavorare sulla resistenza e sulla resilienza. Lavorare sulla resistenza significa allenarsi gradualmente a sopportare uno sforzo prolungato. Lavorare sulla resilienza significa invece essere in grado di sopportare gli “urti” della vita (contrattempi, imprevisti, drammi).
- Liberarsi della rabbia. In conclusione immagina di non conoscere la soluzione (livello 1) e che questo sia dovuto alla tua incapacità di percepire correttamente la realtà (livello 2). Le sensazioni primordiali alla base di questo atteggiamento potrebbero essere molteplici, ma ipotizziamo che tu non riesca a vedere la soluzione perché “accecato” dalla rabbia (livello 3). E’ possibile applicare uno stratagemma molto divertente. Prendi un foglio di carta, una busta ed una penna. Inizia ora a scrivere una lettera, indirizzandola all’oggetto (o al soggetto) della tua rabbia: scrivi in questa lettera i peggiori insulti, tutto ciò che odi di questa cosa o di questa persona, poi chiudi la lettera e gettala via: NON la spedire
Gli ingredienti indispensabili per scoprire talenti e farli emergere
Riassumo qui tutti gli ingredienti che considero essenziali, sui quali ognuno di noi dovrebbe concentrare le proprie energie per far emergere il proprio speciale talento o quello degli altri.
- LA PASSIONE Il vero presupposto del talento. Senza la passione, ogni tentativo sarà vano. Perché allenare il talento significa anche fare fatica e sacrifici, impegnandosi in azioni via via sempre più complesse. La passione è in grado di giustificare i nostri sforzi e le nostre batoste, e renderli meno amari. Cosa mi appassiona? Quali sono le cose che ricerco maggiormente? Che cosa è in grado accendermi e di regalarmi emozioni? Parti dalle tue passioni e la strada sarà più agevole.
- LE POTENZIALITÀ & LE COMPETENZE. I motori potenti del talento. Scoprire talenti che ci caratterizzano significa individuare la nostra e l’altrui unicità. Quando, ad esempio, siamo in grado di vivere i nostri valori più profondi, tutto ciò che facciamo acquisisce un senso e un significato che sono capaci di entusiasmarci. Ma da sole le potenzialità non bastano: abbiamo bisogno di acquisire le competenze che ci permettano di vivere le nostre potenzialità nel sistema simbolico che abbiamo scelto per sviluppare il nostro talento. Cosa è veramente importante per me? Quali azioni devo mettere in campo per vivere a pieno i miei valori? Quali competenze devo acquisire che mi permetteranno di allenare il mio talento? Scopri le tue potenzialità e decidi quali competenze fare tue.
- L’ALLENAMENTO Il segreto imprescindibile del talento. Dicono che ci vogliano almeno 10.000 ore per allenare un potenziale talento ad essere tale. Ecco perché molte persone che scoprono precocemente il proprio, finiscono per perdersi. Perché? Semplicemente, perché si sentono già brave e mollano, pensando di vivere di rendita. Il talento non tollera scorciatoie. Devi allenare le tue potenzialità fino a farle diventare i tuoi poteri e, allo stesso modo, devi allenare le tue competenze fino a farle diventare le tue capacità.
Quali azioni posso fare tutti i giorni al fine di allenarmi a diventare migliore?
A chi posso affidarmi?
Trova un contesto che ti sfidi e ti alleni ogni giorno a diventare la persona che sei destinata ad essere.
C’è una formula unica e certa per scoprire e far emergere talenti:
“passione + potenzialità + competenze + allenamento”
Ognuno di noi ne può avere almeno uno.
Ciò che conta è rispettare questi passaggi e impegnarsi per trasformare il proprio potenziale in una forza concreta.
Scoprire talenti è un dono non soltanto per noi stessi:
- significa aggiungere valore a questo viaggio chiamato vita
- significa mettere al servizio delle altre persone le nostre doti
- significa fare scoperte che possono migliorare l’esistenza di molti
- significa essere in grado di trasmettere le emozioni positive che proviamo
- significa impegnarsi per rendere questo mondo un posto migliore.
Abbiamo condiviso quindi che il talento non si può imparare, riprodurre o copiare.
Il talento deve però essere coltivato attraverso la cura delicata e continua.
Il talento è un’inclinazione profonda e radicata. Più di una passione.
È una qualità che si fonde con la personalità e, talvolta, con gli stessi tratti cromosomici.
Se coltivato, un talento ne sprigiona altri sopiti o nascosti; libera altre ricchezze da elargire, altre bellezze da contemplare.
Ma se, come nella parabola evangelica (Mt 25,14-30), nascondiamo l’unico talento a nostra disposizione per paura di perderlo – nella migliore delle ipotesi per paura di sprecarlo – allora perdiamo l’opportunità di far esplodere la ricchezza che ci portiamo dentro: ciò che siamo, ciò che proviamo, ciò che possiamo realizzare, ciò che potremmo essere.
Per cui, fai oggi un’action plan e individua concretamente
Che azione farai da oggi concretamente per far emergere i tuoi talenti in azienda?
Se sei interessato ad approfondire il tema del talento e di come attrarre e mantenere talenti in azienda, o sei alla ricerca di un supporto, puoi contattarci e saremo felici di poterti accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile.
Simona Santiani 3387438166 – info@myhara.it
No Comments