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  • Il metodo

    La forza della gentilezza espande benessere e crescita in azienda

    Molti di noi, soprattutto in questo periodo, pensano che  il mondo sia un posto poco accogliente, talvolta anche crudele.

    Siamo stati abituati a credere che si salverà  il più aggressivo, il più competitivo, il migliore. Chi sopravviverà?

    Più raro è trovare chi si affida alla forza della gentilezza.

    Eppure la scienza ne ha più volte confermato l’importanza, soprattutto nei momenti critici.

    L’antropologo evoluzionista Brian Hare, della Duke University (USA), autore del libro “Survival of the Friendliest” spiega che la sopravvivenza dipende da strategie che non significano sempre competizione, ma soprattutto collaborazione.

    La gentilezza e la cooperazione lavorano per molte specie, dai batteri ai fiori, ai primati. Più grande è la tua rete, più successo avrai.

    Le nostre menti non sono però automaticamente programmate per essere gentili. 

    La gentilezza va scelta, allenata e messa in pratica.

    Le persone infatti possono liberamente essere scortesi, se vogliono.

    Il modello del più forte

    Già nei banchi di scuola ci hanno insegnato ad essere competitivi.

    Sul lungo periodo la competitività nutre l’ansia e provoca stress.

    Quando i livelli di stress sono elevati improvvisamente si diventa aggressivi, negativi e scortesi. Questo vale per qualsiasi tipo di reazione che provoca tensioni e attriti sul medio / lungo periodo.

    Viviamo così immersi in un ciclo senza fine di negatività, in cui prevale la violenza verbale ed anche fisica e la usiamo, come reazione istintiva, rispetto ad una situazione che ci imbarazza, ci impaurisce o rischia di screditarci.

    A subirne i danni maggiori sono le relazioni interpersonali: è difficile instaurare un rapporto equilibrato e costruttivo se alla base manca la gentilezza, il desiderio di ascolto e di prendersi cura dell’altro.

    Un buon rapporto tra colleghi, la capacità di condividere informazioni, pareri, idee e suggerimenti e la consapevolezza di far parte di una realtà coesa, creano sinergie produttive e propositive che sostengono il singolo, e l’azienda, in ogni momento della vita.

    La forza della gentilezza e il senso di appartenenza

    L’idea di “appartenenza” indica il sentirsi accettati in un gruppo, in assenza di giudizio e in riconoscimento di ruolo.

    E’ fondata sul riconoscimento di un insieme di valori che creano legame di unione tra i vari individui, che sono soggetti al bisogno di riconoscersi all’interno di una rete di relazioni che li supportano e li fanno sentire riconosciuti..

    La comunità, che attrae l’individuo, sarà quindi quella in cui egli avrà la possibilità di fare sentire la sua voce, perché per approccio si avvale del contributo dei suoi membri per crescere e migliorare.

    In quest’ottica, riconnettendo alle nuove dinamiche di relazione e di comunità all’interno dell’ambiente lavorativo, la forza della gentilezza può fare la differenza diventando un modo per affrontare la vita e le sfide attraverso la capacità di connettersi con gli altri e di partecipare al benessere della comunità in atteggiamento propositivo.

    Essere gentili non significa solo essere educati.

    La gentilezza è una forma pensiero che si manifesta con azioni creative e costruttive a discapito della “distruzione” dei pensieri e delle azioni.

    Sottende alla capacità di accettazione dell’altro, all’accoglienza e alla continua ricerca dell’insegnamento racchiuso in ogni momento della nostra vita e delle nostre sfide lavorative.

    Il corpo, e le parole, sono gli strumenti attraverso i quali poter esprimere noi stessi e raggiungere gli altri con fare gentile.

    Ma come possiamo esprimere la gentilezza sul posto di lavoro?

    Secondo la psicologa Nicoletta Cinotti la gentilezza in sé non richiede tempo, bensì

    –   comprensione della diversità (ognuno di noi è diverso e non bisogna mai dare nulla per scontato)

    –   richiede attenzione per le piccole cose

    –   mantenere gli impegni presi

    –   chiarire le aspettative

    –   essere coerenti

    –   capacità di chiedere scusa, perché a ciascuno può capitare di sbagliare

    Chi accetta, e di contro chi si sente accettato si predispone alle situazioni in modo positivo, favorevole, migliorativo. Non solo nel momento.

    La propensione all’apertura fa si che non si perdano, nel futuro, opinioni, idee e spunti preziosi da ognuno dei collaboratori: se tutti si sentono liberi genereranno con maggiore libertà, e quindi con più probabilità oseranno idee nuove per creare processi favorevoli alla risoluzione della situazione.

    Come utilizzare concretamente la forza della gentilezza?

    Essere gentili con gli altri significa prima di tutto non essere ostili con se stessi. 

    Riprendiamo qui alcune considerazioni approfondite in questo articolo

    La prima grande consapevolezza deve arrivare dal fatto che spesso mettiamo in campo comportamenti e messaggi violenti nei confronti di noi stessi, quando non ci rispettiamo, quando non ascoltiamo il nostro corpo, quando mangiamo esageratamente, dormiamo poco, lavoriamo come stakanovisti senza riposo, quando non accogliamo le nostre fragilità, non diamo spazio alle nostre emozioni reagendo istintivamente, non ci riconosciamo nella nostra forza ed unicità.

    Una ricerca di Warren, Smeets e Neff (2016) ha esplorato quali ruoli assumono l’autocritica e la self-compassion ( trattare se stessi con gentilezza) nei disturbi psicologici. Gli autori hanno scoperto che mentre l’autocritica che le persone hanno verso se stesse è fortemente legata allo sviluppo di stati di ansia, depressione e disturbi alimentari, la self-compassion promuove, invece, fiducia in se stessi e la capacità di affrontare i cambiamenti in modo efficace.

    Ti stai trattando bene? Chiedilo al tuo corpo.

    I tuoi pensieri fluiscono o sono bloccati in una continua emicrania?

    La tua schiena sopporta pesi, o stai accettando la responsabilità del momento traghettando la situazione fino al prossimo stadio?

    Il corpo ci parla di noi: ci dice se lo stiamo trattando con gentilezza.

    Allo stesso modo il corpo parla di noi.

    La nostra andatura, il modo in cui ci muoviamo, gesticoliamo, raccontano della nostra persona e dei nostri pensieri.

    Una posizione gentile è una posizione leggera. Le persone la riconosceranno.

    Riconosceranno la luce del volto o la nube del momento.

    Per esempio: cosa succede nel tuo corpo quando entri in relazione con un punto di vista diverso dal tuo? o quando entri in una riunione dove le proposte che emergono vanno in una direzione diversa da quella che vorresti?

    Essere consapevoli dei nostri atteggiamenti ci rende più forti perché ci rende consapevoli delle nostre reazioni e dell’interazione del nostro corpo nello spazio.

    Ma da cosa dipendono le nostre reazioni: dalle nostre emozioni.

    Ogni emozione genera un impulso che va al cervello che agisce sul corpo e sull’ambiente .

    E che cosa scatena le nostre emozioni? In ambito lavorativo, la parola sia essa scritta o parlata, ha questo potere.

    La forza della gentilezza in relazione con pensiero, parola e azione

    Le parole sono un suono generativo: sono vibrazioni di energia e creano malessere o benessere personale, e aziendale, a seconda delle frequenze con le quali sono connesse.

    Nel momento in cui parliamo, portiamo i nostri pensieri direttamente sul piano fisico, sotto forma di onde sonore, caricate dal nostro intento, che sta dietro ogni parola pronunciata. 

    Hai delle espressioni ricorrenti? 

    Prova a far caso quali sono gli aggettivi che usi più frequentemente per definire quel collega o quella situazione. 

    Ricorda che ogni manifestazione crea energia e che ogni concetto ha possibilità di essere espresso in forma attiva o passiva.

    “hai sbagliato” – “non mi piace” creano energie, e sinergie, differenti da “avevo inteso diversamente” “ credo ci sia da lavorare ancora per raggiungere il risultato desiderato”.

    Ogni parola crea e attrae esperienze nella realtà di ognuno: nella tua e quella delle persone che ci circondano.

    La stessa considerazione va fatta per le parole e i pensieri che rivolgiamo verso noi stessi: è utile modificare il linguaggio interno che viene utilizzato per descrivere l’emozione che stiamo vivendo.

    Quando mente, emozione e corpo si trovano in equilibrio, mostrarsi gentili con gli altri è un fatto naturale.

    Essere gentili con se stessi significa fidarsi di Se’. Conoscere i nostri punti di forza e le nostre zone d’ombra. Accogliere entrambe e riconoscerle. Prenderci cura delle nostre zone d’ombra significa porre attenzione ai dettagli, a cosa non stiamo comunicando, a cosa si nasconde dietro al nostro comportamento, implica chiederci “ perchè’ faccio quello che faccio ?”

    Cosa fai quando ti trovi a disagio?

    Che sensazione senti dentro di te?

    Che emozioni stai provando? ansia? preoccupazione? 

    Per poterci dare agli altri,prima dobbiamo preoccuparci di avere qualcosa da dare.

    Il raggiungimento di questo punto di equilibrio è sempre in movimento. 

    Noi cambiamo, la società cambia, le esigenze si modificano ma se siamo consapevoli del fatto che quello che pensiamo, quello che esprimiamo e il comportamento che assumiamo hanno una forza intrinseca nel generare atti gentili, e quindi rivolti alla creazione di relazioni buone e proficue con gli altri potremo riscoprire il valore del gruppo, la forza della collaborazione e la leggerezza, anche in momenti burrascosi, del senso di appartenenza.

    Vi lasciamo con questa breve lettura, che ci spiega, gentilmente l’importanza dell’essere consapevole di chi siamo, e di come reagire alle situazioni, qualunque siano.

    “Un giorno Buddha era intento ad insegnare ad un gruppo di discepoli, quando un uomo gli si avvicinò e lo insultò, con l’intenzione di aggredirlo. 

    Di fronte a tutti, Buddha reagì con assoluta tranquillità, rimanendo fermo ed in silenzio. 

    Quando l’uomo se ne andò, uno dei discepoli, indignato da questo comportamento, chiese a Buddha perché avesse permesso a quello straniero di maltrattarlo in quel modo.

    A quella domanda Buddha rispose: “Se io ti dono in regalo un cavallo e tu non lo accetti, di chi è il cavallo?” 

    Il discepolo si fermò alcuni minuti a riflettere e rispose: 

    “Maestro, nel caso io non accettassi il cavallo in regalo, esso rimarrebbe a Voi, continuerebbe ad essere vostro”.

    Il Maestro fece un cenno di assenso quindi spiegò al giovane: 

    “Bene, come vedi se lo prendi lo accetti e lo fai tuo. Al contrario colui che insulta rimane con l’insulto tra le mani”. 

    E continuò : “Vedi, noi non possiamo dare la colpa a chi ci rivolge insulti o atteggiamenti aggressivi, perché è nostra la decisione di accettare le sue parole invece di lasciarle sulle stesse labbra da cui sono uscite”.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

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