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  • Il metodo

    JOMO in azienda: la gioia di perdersi qualcosa per ottenere il meglio

    Quando la paura di perdersi qualcosa, si sostituisce con la gioia di perdersi (JOMO) per ritrovarsi?

    Ultimamente mi capita spesso di oscillare tra questi due stati emotivi. 

    Sono curiosa e appassionata per natura, da ragazza raccoglievo qualsiasi volantino trovavo per strada o in cassetta postale, accumulandosi sulla scrivania, convinta ci fosse sempre qualcosa di interessante da scoprire o qualche opportunità da cogliere.

    Magari velocemente, ma riuscivo sempre a leggerli tutti ed inevitabilmente tre quarti venivano cestinati.

    Sono cresciuta con l’amore per lo studio e la convinzione di essere sempre allieva di qualcuno.

    Ho sempre vissuto con questo afflato, considerandolo anche una mia qualità.

    Ma oggi come un boomerang, se non sono centrata e attenta, tutto ciò scatena in me un senso di bulimia, a volte quasi compulsiva.

    Non avrei mai pensato che questo oggi potesse anche trasformarsi nel male di vivere.

    L’iperstimolazione schizofrenica in termini di contenuti webinar, e-book da scaricare, informazioni gratuite ecc., a cui siamo soggetti, mette a dura prova la nostra capacità attentiva, la nostra concentrazione, ma anche il senso del valore e del rispetto, in altre parole il nostro benessere psico-fisico-emotivo.

    La paura di non essere abbastanza o la paura di perdersi sempre qualcosa (definita più semplicemente FOMO (fear of missing out) oggi in particolare, sia in azienda, che nella vita privata, ha assunto proporzioni disumane, sia in termini di diffusione endemica, sia in termini di disagio personale. 

    Tanto da essere diventata uno dei più reali nuclei di sofferenza.

    Se sostituissimo alla FOMO un nuovo atteggiamento?

    Nell’era degli acronimi si parla di  J.O.M.O. (Joy of missing out) che è la gioia di perdersi qualcosa ed accettare la realtà. 

    Nelle tradizioni orientali millenarie si è sempre parlato di accogliere ciò che è, di vivere nella presenza per imparare a sentire non solo ciò che siamo, ma essere focalizzati sul senso e sulla direzione del nostro essere qui su questa terra, senza farci distrarre dalle sirene incantatrici. 

    In fondo nulla è cambiato nell’essere umano. Che risponde allo stesso modo alle aspettative esterne, provando a conformarsi per essere accettato.

    Laddove però gli standard sono eccessivi, per non dire impossibili, nonché trasformati da una logica “perversa” di un mercato impazzito, il senso di inadeguatezza raggiunge livelli di insostenibilità. 

    A tal punto da portare allo sviluppo di  un modus vivendi generalizzato caratterizzato da alti livelli di ansia da prestazione.

    Si tratta in questo caso di cose immateriali come contenuti, notizie, aggiornamenti, che abbiamo paura di perdere!

    Il timore principale è quello di rimanere tagliati fuori, di restare indietro.

    Ogni volta che perdiamo qualcosa siamo pervasi da emozioni negative come la sconfitta, la frustrazione, l’amarezza. 

    In cosa consiste la F.O.M.O. e come trasformarla in JOMO?

    E’ una forma di dipendenza ed indica una confusione psicologica dovuta ad una scarsa capacità di concentrazione e di insicurezza personale. 

    Una condizione psicologica creata, per lo più, da una bassa autostima  e da “un’eccessiva paura di essere tagliati fuori”. Lo smart working ha accentuato questa sindrome, proprio perché siamo sommersi da proposte on line, che ci arrivano costantemente, a cui dedichiamo pochissima attenzione, perché stiamo facendo altro. 

    Ma inevitabilmente siamo avviluppati in un vortice che, se non governiamo, ci assorbe e ci prosciuga.

    Oggi puoi imparare tutto, ovunque e in poco tempo.

    A quanti webinar / corsi ti sei iscritto nell’ultimo mese?

    E a quanti hai partecipato?

    Cosa si nasconde dietro questo comportamento? 

    Viviamo come consumatori seriali di contenuti digitali, ci iscriviamo a moltissime iniziative, spinti dalla voglia istintiva di conoscere, bramosi di non perderci nulla, ma di fatto poi non siamo in grado di partecipare, scarichiamo gratuitamente moltissimi e-book e non riusciamo mai a leggerli.

    Facciamo come i pesci rossi: ci voltiamo alla presenza di qualcosa che appare interessante, ma poi cambiamo subito direzione perché distratti da altro, senza portare a termine quanto intrapreso.

    Di fatto oggi i contenuti online soffrono un altissimo tasso di abbandono.

    Il tempo di permanenza delle persone su di essi è uno dei valori che contribuisce a determinare l’engagement ma, secondo un’indagine di Beckon solo il 5% dei messaggi riesce ad avere un tasso di coinvolgimento del 90%. 

    Nell’era della distrazione, la concentrazione delle persone è talmente fragile che abbandonare è diventata un’abitudine.

    Quali paure si nascondono dietro questi comportamenti che ci allontanano dallo stato JOMO?

    Personalmente credo ci siano 3 paure principali:

    • Paura di non essere importanti, di non essere visti: spesso queste paure hanno a che fare con la nostra vita infantile, quando da bambini facevamo di tutto per attirare l’attenzione e l’amore dei nostri genitori.
    • Paura di essere incompetenti, di non essere mai abbastanza: quando ricerchiamo questa sensazione di competenza e ne valutiamo il livello personale, mettiamo automaticamente in dubbio le nostre capacità.
    • Paura di non essere amabili, degni di amore: sorge dalla necessità di sentirsi apprezzati e ben voluti perché si è soliti affidare all’esterno il senso del proprio valore. Se gli altri non mi apprezzano, non valgo.

    Per chiunque è difficile vivere con sentimenti di insicurezza, e la nostra psiche è abilissima nel creare meccanismi di difesa, il cui scopo principale è la protezione e la sopravvivenza.

    Se ci impegniamo a modificare le nostre abitudini in vista degli obiettivi che vogliamo raggiungere, possiamo riuscire a organizzare meglio le nostre attività, a essere più produttivi e a godere di quel senso di soddisfazione che ci fa sentire appagati a fine giornata. 

    Gestire il proprio tempo significa gestire la propria vita.

    La voglia di conoscere deve essere supportata dalla volontà di concentrarsi.

    Nell’ultimo articolo abbiamo sottolineato come imparare sia un bisogno primario a sostegno dello sviluppo umano.

    “E’ l’unica cosa che la mente non riesca mai ad esaurire, mai ad alienare, mai a esserne torturata, mai a temere o a diffidare, mai a sognarsi di essersene pentita.”

    Avere una forte motivazione personale che ci spinge ad un miglioramento di noi stessi è una buona cosa.

    Una persona interessata alla vita, alle proprie passioni, al proprio benessere, è una persona che favorisce la crescita di chi le sta intorno, anche in ambito lavorativo.

    Nell’articolo abbiamo parlato di motivazione e disciplina. 

    La disciplina è la differenza tra tu che vivi una vita che non ti piace, e tu che vivi i tuoi sogni. 

    E’ la differenza tra chi sei e chi sarai. 

    La disciplina è l’alleata necessaria alla motivazione e all’azione.

    Armonizzare questi tre aspetti di ognuno di noi ci aiuta a stare bene, ad essere vitali e presenti.

    La motivazione ci spinge, l’azione ci muove e la disciplina ci dà lo strumento  spazio – tempo per crescere in quell’azione.

    Ognuno di noi suppone di avere chiara la visione di sé. Ma forse non è sempre così.

    La consapevolezza di chi siamo e di dove vogliamo andare ci permette di navigare nel mare magnum della Rete, verso contenuti che hanno valore per noi.

    La tendenza alla velocità, a voler fare tutto per sentirci completi, equilibrati e in pace con noi stessi ci sta portando nella direzione opposta, cioè a non fare nulla, impedendoci di definire delle priorità. 

    Di fronte a stimoli apparentemente uguali (il bisogno di fare una passeggiata, di tenerci informati, di coltivare le relazioni interpersonali) non riusciamo più a scegliere e finiamo esattamente così, come l’asino di Buridano:

    «Un asino affamato e assetato è accovacciato esattamente tra due mucchi di fieno con, vicino a ognuno, un secchio d’acqua, ma non c’è niente che lo determini ad andare da una parte piuttosto che dall’altra. Perciò, resta fermo e muore.»

    Pur di non scegliere, l’asino di Buridano è morto sia di fame che di sete.

    Lo stai facendo anche tu?

    Riprenderci il nostro tempo vuol dire agire con lentezza, fare meno cose, più lentamente, concentrandosi davvero solo su quello che stiamo facendo qui e ora senza il solito timore di perdere qualcos’altro. 

    E, allo stesso modo in cui ricaviamo spazi sufficienti a incastrare mille impegni in un solo giorno, dovremmo trovare anche il tempo per non fare nulla

    Senza aver paura di perdere.

    Perché per vincere il tempo, forse bisogna perderne un po’.

    Come coltivare la JOMO in azienda e nella vita privata per migliorare il nostro benessere

    1 – Accettare la realtà per quello che è. La prima cosa da fare per gioire del perdersi le sterminate opportunità è comprendere che non si può essere in due posti nello stesso tempo. La verità è che esistono troppi posti da vedere, cibi da assaporare, attività da fare.

    Se tentassimo di fare tutto, otterremo solo la frustrazione di non riuscirci.

    Accettare la realtà per ciò che è non ha nulla a che fare con essere passivi, ma tutt’altro significa stare nel flusso delle cose e fare del nostro meglio, senza giudizio e conflitto ma con flessibilità e accoglienza.

    2- Scoprire cosa è davvero importante per noi.

    Dopo aver capito che non si può provare tutto, il passo successivo è quello di decidere cosa si vuole provare davvero. Può essere utile creare una lista di priorità.

    Quali sono le esperienze più importanti per noi?  Se doveste eliminare qualche abitudine a quale rinuncereste per prima? Non importa ciò che pensano o vogliono gli altri. 

    E’ un atto di onestà con se stessi.

    3- Imparare a dire di no, quando non si vuole o non si può accettare un impegno. Per paura di ciò che gli altri pensano, per imbarazzo o scarsa autostima, ci ritroviamo in situazioni che spesso non ci piacciono. Imparare a dare valore alle nostre scelte, ci permette più facilmente di dire di “no” a tutto il resto.

    4- Sviluppare la contemplazione. Implica attenzione. Si raggiunge con un abbandono, che scatta dopo l’osservazione ( esempio davanti ad un’alba o un tramonto); provoca stupore, sorpresa, che genera gusto per la vita.  Ci possiamo stupire e meravigliare anche di piccoli altri dettagli della nostra quotidianità, se solo ci accorgiamo.

    5- Mindfulness. E’ una pratica che prevede un alto livello di concentrazione della mente e che può generare un benessere psicofisico della persona, perché ci allena a portare l’attenzione da fuori a dentro semplicemente.

    Nello stato di JOMO la solitudine diventa piacere, la capacità di gradire il tempo passato da soli, isolandosi volontariamente da tutto, soprattutto dallo smartphone e dal computer, per coltivare una dimensione più intima con se stessi, rigenerarsi e tornare nutriti, intuitivi e grati.

    Sapere cosa ci disturba è il migliore indicatore verso ciò che ci completa.

    Allora l’azione non sarà paura di “non sapere” di “rimanere indietro” di non colmare il vuoto con tutto quello che ci offrono, ma diventerà ricerca consapevole di approfondimento di ciò che è giusto per noi, per la nostra crescita personale, per il nostro miglioramento lavorativo.

    La paura di non essere, diventerà il piacere di riconoscersi in ciò che siamo, nelle cose che ci assomigliano, che ci sfidano, che ci illuminano.

    Quale è, a livello aziendale ,la strada per sostenere questa ricerca?

    I 4 indicatori del BSU (Benessere e Sviluppo Umano) in azienda è uno strumento immediato che ti mettiamo gratuitamente a disposizione per orientarti meglio, o semplicemente per avere più consapevolezza sullo stato di benessere attuale della tua azienda.  

    Se vuoi trasformare il benessere organizzativo e lo sviluppo umano delle tue persone nella risorsa più importante per il successo del tuo business è possibile attivare un confronto condiviso: questo è il primo passo che possiamo fare insieme, a costo zero.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

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